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'Dati sull'immigrazione, serve responsabilità'

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L'intervento di Davide Ferraresi (Possibile), sui dati relativi all'esame delle domande di asilo


'Dati sull'immigrazione, serve responsabilità'
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In merito nostro articolo sui dati del Viminale relativi all'esame delle domande di asilo dal 1° gennaio al 15 giugno 2018 pubblichiamo intergralmente l'intervento di Davide Ferraresi, referente a modenese di Possibile l'associazione fondata da Pippo Civati a seguito dell'uscita dal PD
 
'Per prima cosa, l’articolo lascia intendere che solo il 7% dei richiedenti che hanno ottenuto risposta dalla Commissione territoriale sia “regolare”, contro un “93% di nuovi irregolari”. I dati del Ministero però affermano che, a fronte di 44233 domande il cui esame è stato portato a termine:
 
• il 7% riguarda i richiedenti che hanno ottenuto lo status di rifugiato (definito dalla Convenzione di Ginevra del 1951);
• il 4% dei richiedenti ha ottenuto la protezione sussidiaria (introdotta dalla direttiva 2004/83/CE);
• il 28% dei richiedenti ha ottenuto il permesso di soggiorno per motivi umanitari (introdotto dal decreto legislativo 286/2008);
• il 61% dei richiedenti ha ricevuto un diniego o è risultato irreperibile.

 
Di queste fattispecie, le prime 3 identificano status ai quali corrisponde un permesso di soggiorno, quindi a uno status “regolare” nel nostro Paese. Ragion per cui, se proprio vogliamo esprimerci così, i “nuovi irregolari” sono solo il 61%, contro un 39% di “regolari”.
 
Tuttavia, il richiedente asilo diventa “irregolare” quando non ha più un permesso di soggiorno (o documento equivalente) valido. Quindi identificare questo 61% di dinieghi della domanda di asilo e irreperibilità con “nuovi irregolari” è un fraintendimento: dinieghi e irreperibilità non comportano da sé la perdita del permesso di soggiorno.
 
Infatti, a fronte dei dinieghi, solitamente si procede a un ricorso in primo grado: questa azione consente da sé il rinnovo del permesso di soggiorno (e quindi il mantenimento della “regolarità” della permanenza in Italia); inoltre, altro dato importante, il ricorso ha successo nel 70% dei casi (dati 2016), il che comporta una percentuale effettiva molto superiore (circa del 60%) di richiedenti asilo che terminano il percorso con uno status di protezione internazionale, e che quindi diventano regolarmente soggiornanti in Italia.

 
Fin qui sui dati nazionali. Per quanto riguarda la proiezione sui numeri locali, occorrerebbe maggiore prudenza nell’estrapolare valori da percentuali nazionali, che non tengono conto delle specificità locali.
 
Non mi esprimo sul giudizio implicito che l’autore dell’articolo dà rispetto al permesso di soggiorno per motivi umanitari che, come si diceva, è normato dalla legge italiana. Faccio però notare che affermare che tale strumento giuridico “sulla carta permette di ridurre solo formalmente il numero [di] 'irregolari'” travisa il senso della legge: la protezione umanitaria nasce (evidentemente) proprio per mettere in una condizione di regolarità le persone per le quali ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti a obblighi costituzionali o internazionali dello stato italiano, che rendano inopportuno il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno (si veda l’art. 5, c. 6, del dlgs. 286/2008).
 
La Costituzione italiana, all’articolo 10, afferma infatti che Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge: il permesso di soggiorno per motivi umanitari è pertanto lo strumento che rende applicabile il principio costituzionale del diritto d’asilo per tutti i casi ai quali non sono applicabili la Convenzione di Ginevra (status di rifugiato) e la direttiva 2004/83/CE (protezione sussidiaria).
Infine, nell’articolo si afferma che sia la condizione di “irregolarità” dei richiedenti a obbligarli ad “usufruire ancora della totale assistenza pubblica necessaria per la permanenza sul territorio, dove però a causa della propria condizione di irregolare, non è possibile accedere ad un lavoro né provare a raggiungere per vie legali paesi oltre confine.” Ora, ribadendo che il richiedente asilo, anche ricorrente, è perfettamente “regolare” a norma di legge (e, a riprova di ciò, ha il diritto di possedere un permesso di soggiorno), si tenga presente che:
 
• non è necessariamente vero il ricorrente che debba ricorrere alla “totale assistenza pubblica”: non sono rari i casi di richiedenti asilo usciti dai percorsi di accoglienza senza per questo rinunciare a procedere nel percorso di esame della domanda di asilo e/o di ricorso in caso di diniego;
 
• non è evidentemente la condizione di irregolarità (che non sussiste) a impedire ai richiedenti asilo di accedere a un lavoro: la legge (art.22 del dlgs. 142/2015) afferma infatti che Il permesso di soggiorno per richiesta asilo […] consente di svolgere attività lavorativa, trascorsi sessanta giorni dalla presentazione della domanda, se il procedimento di esame della domanda non è concluso ed il ritardo non può essere attribuito al richiedente, ragion per cui, dopo due mesi di attesa, il richiedente asilo può lavorare; quello che manca, evidentemente, sono gli strumenti linguistici e la possibilità di inserimento efficace nel contesto economico e sociale del territorio, oltre a prospettive certe rispetto all’esito dell’esame della richiesta di asilo;
 
• non è la condizione di irregolarità a impedire ai richiedenti asilo di uscire dai confini italiani, ma proprio l’assenza di vie legali per fare questo! Proprio per questo motivo il Parlamento Europeo ha recentemente approvato la proposta di modifica del regolamento di Dublino, che oggi obbliga i richiedenti asilo a presentare domanda nel Paese di primo accesso all’UE e di soggiornarvi fino al termine dell’esame della domanda: la modifica consentirebbe, fra le altre cose, la possibilità per i migranti di scegliere il Paese in cui presentare domanda d’asilo, nonché procedure accelerate di ricongiungimento familiare e misure di sponsorship per motivi di lavoro, che faciliterebbero proprio il trasferimento verso altri Paesi membri dell’Unione Europea.
 
Concludo con una valutazione personale. Il tema dell’immigrazione è certamente “molto quotato” in queste settimane da tutti i canali d’informazione; purtroppo è anche diventato il terreno di scontro fra due fronti dell’opinione pubblica, uno dei quali sta assumendo progressivamente atteggiamenti lesivi della coesione sociale del nostro Paese e controproducenti, se il nostro obiettivo è quello di favorire il dialogo fra Paesi e popoli con origini, culture, religioni e tradizioni differenti.
Le politiche di pace, interazione e dialogo fra i popoli sono alla base degli sforzi che l’umanità ha compiuto nel secondo Novecento per garantire il benessere di tutti gli esseri umani e del nostro pianeta. Non sempre gli esiti di questi sforzi hanno ottenuto risultati positivi, e oggi osserviamo il rifiorire dell’intolleranza e della chiusura verso chi è diverso da noi.
 
Per questo, su un tema delicato come quello delle migrazioni, dobbiamo per prima cosa impegnarci per fornire informazioni vere, verificate, comprensibili e trasparenti alla cittadinanza e alla politica, per far sì che chi deve decidere lo faccia senza possibilità di sbagliare le proprie valutazioni'
 
Davide Ferraresi

Redazione Pressa
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La Pressa è un quotidiano on-line indipendente fondato da Cinzia Franchini, Gianni Galeotti e Giuseppe Leonelli. Propone approfondimenti, inchieste e commenti sulla situazione politica, ..   Continua >>


 
 
 
 

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