rubricheConsigli di investimento
Puntare a distribuzione moderata tra azioni (60%) e obbligazioni (40%)
La Pressa
Rubrica a cura di Alessandra Dal Borgo - Consultinvest sim

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Rubrica a cura di Alessandra Dal Borgo - Consultinvest sim
Negli ultimi mesi si sono rafforzati i segnali di stabilizzazione e moderazione ciclica già rilevati a fine primavera. La moderazione della domanda è stata favorita sia dalle persistenti difficoltà dell'economia cinese, ormai in deflazione conclamata, sia dalla pressione sui redditi reali, che inizia a pesare sulle famiglie, riducendo i consumi esuberanti del periodo post-pandemico. A questo si aggiunge la fine dell'eccesso di produzione e delle scorte accumulate strategicamente dopo la difficile esperienza del Covid.
Tuttavia, questa moderazione si è accompagnata a un lento calo dei tassi di inflazione, creando i presupposti per un'estensione o un inizio della fase di allentamento della politica monetaria, che già a settembre ha visto anche gli Stati Uniti avviare in modo significativo una nuova fase di politiche monetarie espansive o meno restrittive. Politiche meno restrittive che stanno coinvolgendo anche la Cina, dove la crisi economica viene contrastata con misure monetarie volte a rivitalizzare il mercato azionario, stimolare i consumi e stabilizzare il mercato immobiliare.
Negli Stati Uniti, alcuni analisti temono che la FED sia in ritardo e che, anziché guidare l'economia verso un 'atterraggio morbido' (soft landing), la prolungata restrizione possa spingere l'economia verso una recessione, con particolare difficoltà nel settore manifatturiero, soprattutto quello automobilistico, che sta affrontando sfide cicliche importanti.Il nostro scenario non prevede l'arrivo di una recessione, almeno non negli Stati Uniti. Sebbene sia vero che, prima o poi, una recessione si verifica (negli ultimi 34 anni gli USA ne hanno avute quattro), non vediamo al momento ragioni per considerare il suo arrivo inevitabile. Piuttosto, il nostro scenario attuale prevede un rallentamento economico ciclico, come avviene normalmente, verso livelli di espansione moderati. Questo rallentamento è causato da frizioni e ostacoli all'espansione globale, prevalentemente di natura politica o geopolitica, come dimostrato dalla crisi cinese e dalla persistente debolezza economica europea legata all'export. Nonostante queste difficoltà, rileviamo anche una certa resistenza al ritorno della deflazione. La nostra convinzione si rafforza grazie agli sforzi della Cina per rilanciare la propria crescita economica, che, pur non fungendo da motore aggiuntivo per la crescita globale a causa delle frizioni geopolitiche, potrebbe almeno evitare di esportare deflazione a livello mondiale.
Questi fattori, che potrebbero scongiurare una recessione, implicano che le politiche monetarie non avranno necessariamente l’urgenza di ridurre i tassi d'interesse ai livelli pre-Covid, dovendo affrontare tassi di inflazione compresi tra il 2% e il 3%. Tuttavia, settembre ha segnato l'inizio di una fase importante in cui le principali banche centrali, a partire dalla FED e dalla BCE (con l'eccezione della BoJ, che ha avviato un lento processo di normalizzazione), hanno iniziato un percorso di allentamento monetario o riduzione dei tassi di policy, il cui esito finale rimane incerto.
Infine, le elezioni negli Stati Uniti e la situazione in Medio Oriente potrebbero influire sensibilmente sul nostro scenario, soprattutto se l'esito elettorale negli USA dovesse portare l'amministrazione a introdurre nuovi dazi e a un allentamento fiscale, in linea con l'agenda di Trump.
Mercati Finanziari
In questo contesto, la nostra allocazione di portafoglio raccomandata resta bilanciata, con una distribuzione moderata tra azioni (60%) e obbligazioni (40%). Ci aspettiamo che i mercati seguano un andamento laterale o leggermente positivo, con possibili episodi di volatilità, a causa dell'incertezza sulle prossime mosse delle banche centrali, che non hanno ancora fornito indicazioni chiare sui margini di allentamento monetario, e in vista delle elezioni USA.
Per quanto riguarda il mercato obbligazionario, non prevedendo una recessione imminente, non vediamo la necessità di aumentare significativamente la durata dei titoli (la durata massima consigliata è di 4,5 anni), preferendo invece sfruttare la combinazione tra carry trade e bassa volatilità. Infatti, gli attuali livelli delle curve governative di euro e dollaro incorporano una dimensione di allentamento monetario nei prossimi 12 mesi, che potrebbe non materializzarsi in assenza di recessione.
Nel mercato azionario, ci aspettiamo nelle prossime settimane una fase di consolidamento, con movimenti laterali all'interno degli intervalli osservati negli ultimi mesi (S&P 500: 5100 ÷ 5700), influenzati dall'attesa delle elezioni, dalle prospettive di ulteriori tagli dei tassi, da valutazioni USA non ancora particolarmente attraenti e da una domanda in fase di consolidamento. Tuttavia, l'assenza di un rischio recessivo ci suggerisce di rimanere costruttivi e investiti nell'azionario, sfruttando eventuali episodi di volatilità come opportunità per aumentare l'allocazione azionaria. In termini geografici, continuiamo a preferire le large cap statunitensi, con scommesse satellite su Giappone e Regno Unito.
Pechino ci ripensa e torna all’attacco
Dopo mesi di misure adottate in modo relativamente sparso e timido, Pechino, di fronte alla possibilità che: i) la crescita del PIL cinese non raggiunga l'obiettivo governativo del +5% per il 2024; ii) la crisi immobiliare si trasformi in una crisi economica più profonda (la domanda interna non è ripartita e la fiducia delle famiglie è ai minimi storici); iii) le tensioni geopolitiche limitino il ricorso all'export per rilanciare la produzione interna;
ha deciso di agire con maggiore forza e convinzione sul fronte della politica economica. Finora, i provvedimenti di rilancio sono apparsi poco incisivi – anche a causa della scarsa enfasi con cui sono stati presentati dalle stesse autorità politiche – ma adesso Pechino sembra pronta a muoversi in modo più deciso e massiccio. Le nuove misure ricordano vagamente la portata di certe iniziative adottate con il Quantitative Easing (QE) dai Paesi occidentali, sebbene non si tratti di un 'bazooka' paragonabile a quello visto nel 2008.
Le misure di politica monetaria espansiva possono essere riassunte come segue: a) Ribasso del coefficiente di riserva obbligatoria di 50 punti base, portandolo al 4,5%. b) Riduzione dei tassi di policy a breve termine di 20 punti base (al 1,5%) e di 35 punti base per quelli a cinque anni (al 3,85%). c) Ribasso dei tassi sui mutui ipotecari di 50 punti base, che si sommano ai 70 punti base già ridotti negli ultimi 12 mesi. d) Riduzione della quota di anticipo sui mutui ipotecari, dal 25% al 15%, retroattiva anche per le seconde case. e) Creazione di un fondo di stabilità da 500 miliardi di yuan (71 miliardi di dollari) messo a disposizione dalla Banca Centrale per rifinanziare l'acquisto di azioni da parte di fondi, assicurazioni e broker. f) Creazione di una linea di credito da 300 miliardi di yuan (43 miliardi di dollari) destinata a finanziare l'acquisto di azioni proprie da parte di aziende statali, private e a proprietà mista.
A queste misure si aggiungono dichiarazioni secondo cui sarebbero allo studio interventi di natura fiscale per rilanciare la domanda delle famiglie (non però per gli investimenti infrastrutturali, considerati ormai eccessivi). Si parla anche di misure volte a ritirare dal mercato le case invendute.
Degna di nota è la simultaneità del taglio della riserva obbligatoria bancaria e dei tassi di policy – con indicazioni che potrebbero seguirne altri – una novità assoluta. È inoltre interessante osservare come le autorità locali siano state incoraggiate da Pechino a intervenire con maggiore determinazione, eliminando il timore di essere penalizzate dalla burocrazia centrale in caso di insuccesso. Importante anche l'abbandono dello slogan politico voluto dal Presidente Xi, secondo cui 'la casa è fatta per abitare, non per speculare'.
L'impatto di queste misure ha già cominciato a farsi sentire: i prezzi delle azioni cinesi sono aumentati di oltre il 27% in poche sedute, tornando ai livelli di agosto 2023. Questo recupero arriva dopo che, dal picco di febbraio 2021 (quando sembrava certa la ripresa post-Covid dell'economia cinese) al 24 settembre scorso (data dell'annuncio delle nuove misure), il mercato aveva perso il 36,7%.
Il rialzo dei mercati è basato sull'aspettativa che la Banca Centrale sosterrà a lungo i corsi azionari con acquisti indiretti, portando il mercato a un trend positivo. Tuttavia, affinché il recupero sia sostenibile, è indispensabile che a queste misure seguano – e quasi certamente lo vedremo – interventi fiscali per aumentare il potere d'acquisto delle famiglie e migliorarne le aspettative, dopo mesi di delusioni finanziarie e crescenti preoccupazioni sulla disoccupazione.
È infatti discutibile se queste misure, da sole, possano generare maggiore fiducia nelle famiglie e stimolare una ripresa della spesa, in grado di compensare la minore produzione industriale destinata all'export e il calo del settore immobiliare e delle infrastrutture.
Probabilmente assisteremo a un periodo in cui il bear market degli ultimi mesi si trasformerà in un bull market, sostenuto dalle autorità dopo vari tentativi falliti. Tuttavia, questo non significa che i fondamentali dell’economia cinese siano pronti a migliorare, almeno finché non vedremo quali misure fiscali verranno effettivamente adottate.
La nostra visione negativa di lungo periodo sulla Cina rimane invariata. Questo pessimismo si basa principalmente sull'assenza di democrazia e sull'eccessivo dirigismo, che ostacolano la transizione da un'economia agricola arretrata a una sviluppata e conforme ai principi del capitalismo. A questo si aggiunge la forte contrapposizione geopolitica con gli Stati Uniti.
Nel lungo termine, riteniamo che anche eventuali misure fiscali volte a rafforzare il potere d'acquisto delle famiglie possano rivelarsi inefficaci senza un vero cambiamento politico e sociale, e senza un contributo significativo in termini di apertura internazionale (investimenti diretti e commercio), che sarà impedita dalle tensioni geopolitiche.
Inoltre, il recente giro di vite del Presidente Xi contro coloro che hanno fatto fortuna nel settore finanziario – dopo aver già colpito gli innovatori nel mondo della tecnologia – nel quadro del suo piano politico di riequilibrio sociale e crescita sostenibile, non contribuisce certo a rivitalizzare i cosiddetti 'animal spirits' della società cinese. Questo è particolarmente rilevante in un momento in cui la Cina sta affrontando una preoccupante disoccupazione giovanile e un rapido invecchiamento della popolazione, fattori che continuano a pesare sul morale e sulla fiducia delle famiglie.
Paolo Longeri - capo gestore Consultinvest Asset Management spa Milano
Alessandra Dal-Borgo
Consulente finanziario Consultinvest..
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