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'Una carenza d'organico di circa il 37%, una percentuale di stranieri detenuti intorno al 63% e, per il personale che vi opera, il timore costante di finire sotto inchiesta anche per attività legate al proprio lavoro dove, lo ricordiamo, è contemplato l'uso della forza, pur regolamentato dalla legge. E questo pesa tanto più sugli agenti già indagati nell'ambito dell'inchiesta sulla rivolta del 2020, e che continuano a lavorare. L'ultima aggressione da parte di un detenuto di origine tunisina nei confronti di due agenti, è solo l'ultima conferma delle difficoltà e dei rischi che il personale vive nello svolgimento del proprio lavoro'. Incontriamo Aldo Di Giacomo, Segretario Generale SPP (Sinacato di Polizia Penitenziaria) al termine dell'incontro avuto con il personale del carcere di Modena, dopo la violenta aggressione subita ieri, e avuto per portare la solidarietà a tutti gli agenti indagati nell'inchiesta.
Nove quelli che si sono aggiunti negli ultimi giorni nell'ambito dell'inchiesta in corso.
'La sensazione diffusa e che maggiormente ho percepito tra gi agenti, è quella di sentirsi abbandonati dallo Stato. Consideriamo che uno dei due agenti aggrediti dal detenuto in area di sicurezza speciale per la sua pericolosità, stava per essere strangolato, ed è stato salvato grazie all'intervento di altri detenuti. Di fronte ai nove nuovi indagati credo che anche l'amministrazione penitenziaria debba aprire una riflessione sulle responsabilità a più alti livelli e non lasciare che la responsabilità degli episodi ricadano sempre sugli agenti e sul personale, che spesso è anche quello di livello inferire. Ho portato questi temi la scorsa settimana sul tavolo del ministro. Dovrebbero arrivare una decina di agenti per rafforzare l'organico ma la situazione, per le condizioni in cui si inserisce, rimane difficile.
Ora, a ciò, si aggiunge la probabilità che gli agenti debbano rinunciare alle classiche due settimane di ferie estive'.
La stragrande presenza di detenuti stranieri, con percentuali che a Modena continuano da decenni ad essere le più alte d'Italia, complica ulteriormente il lavoro all'interno del carcere. 'Basta pensare che solo tra i nigeriani ci sono 7 etnie che non si capiscno e non comunicano tra di loro. Pensiamo alla difficoltà che può avere il personale e su questo fronte c'è una forte carenza di mediatori culturali'. Chiaramente l'appello è al governo, perché metta mano in modo strutturale a queste problematiche, strettamente legate tra di loro. Quando meno per superare quel senso di abbandono da parte delle istituzioni dello Stato in cui tutte le problematiche specifiche si inquadrano'.
'La grave situazione carceraria - chiude Di Giacomo - necessita di ottenere una risposta alle aspettative che codesto Governo aveva ingenerato attraverso le idee manifestate in campagna elettorale. Come sindacato siamo impegnati proprio in questi giorni in un tour degli istituti penitenziari del nord intento a sensibilizzare il mondo della politica che conta, ricordando che la campagna elettorale è finita ed è ora dei fatti. Occorrono
urgenti e seri provvedimenti atti a mettere in sicurezza le carceri e la Polizia Penitenziaria'.
Gianni Galeotti
Redazione Pressa
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