A prima vista può sembrare un'esagerazione. Ma chi ha vissuto riunioni senza fine, mail notturne, ansia da obiettivi e leadership fredde come vetro sa che non lo è. De Carli ha osservato queste dinamiche da vicino, affiancando imprenditori, CEO, manager in crisi sistemiche silenziose. Il problema non è la strategia. È la struttura emotiva.
“Abbiamo costruito intere organizzazioni su un modello performativo che ignora la psiche, la sensibilità, la tensione umana. Ora ne stiamo pagando il prezzo: disconnessione, demotivazione, cinismo. Ma si può cambiare. Serve un nuovo codice. Una nuova grammatica dell'essere.'
Questa nuova grammatica ha un nome: metattitudini. Non sono soft skill. Non sono valori. Sono precondizioni. Come un sistema operativo silenzioso che regola ogni altra competenza. Senza di loro, il resto è instabile, reattivo, frammentato.
Le sei metattitudini individuate da De Carli sono: integrità, energia, autocontrollo, presenza, intelligenza realizzativa ed evoluzione. Ognuna di esse funziona come un driver invisibile, un muscolo interiore che permette al leader di non perdersi nella pressione, nella reattività o nella finzione del ruolo.
“Un leader che non ha integrità è prevedibile. Uno che non ha energia, è inquinante. Uno che non ha autocontrollo, è pericoloso.”
Il concetto è radicale: la leadership non si insegna, si coltiva. Non basta formare. Bisogna trasformare. De Carli scrive che ogni azienda è il riflesso emotivo del suo vertice. E se quel vertice è emotivamente povero, l'organizzazione si avvelena.

Lo so, è fastidioso sentirlo. Ma è proprio qui che si gioca tutto.
Nella sua analisi, De Carli propone un salto semantico: smettere di parlare di competenze emotive e iniziare a parlare di metattitudini sistemiche. La differenza è sottile ma sostanziale. Le prime si insegnano. Le seconde si incarnano.
“La presenza non è mindfulness. È responsabilità di sguardo. L'evoluzione non è formazione continua. È decisione di crescere quando non sei ancora costretto.”
Il lettore de La Pressa troverà in queste pagine il tono di un opinionista di sistema. De Carli non scrive contro le aziende. Scrive per salvarle. Denuncia l’analfabetismo emotivo non con rabbia, ma con lucidità chirurgica. Come chi ha visto i danni e ha scelto di restare.
C'è anche un attacco diretto, elegante ma netto, alla cultura manageriale da salotto. “Corsi, master, metodologie: tutto utile. Ma se manca il sistema operativo interiore, tutto resta fragile. Come un edificio costruito su fondamenta che nessuno ha controllato.'
La proposta è chiara: non cambiare solo il mindset, ma anche la postura esistenziale. Farlo significa assumersi un altro tipo di responsabilità: quella verso il proprio campo di influenza. È lì che si misura la leadership.

Leadership oltre le barriere non offre formule. Offre architetture interiori. Non si legge per imparare qualcosa. Si legge per ricordare ciò che si era dimenticato: che anche i manager sono persone. E che le persone, prima di guidare altri, devono saper guidare se stesse.
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