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Lo abbiamo detto e riconosciuto. La macchina organizzativa del Vasco Modena Park ha girato alla perfezione. Regalando uno spettacolo unico. Complici, tutti gli ingranaggi che l'hanno fatta funzionare. Dal sistema della sicurezza, a quello di Protezione Civile fino ad un arrivare ad un sistema più ampio, meno identificabile e palpabile, ma evidente nei suoi effetti fondamentali: quello di una città che in tutte le sue anime, sociali, amministrative, politiche, ha dimostrato, anche pur nella diversità di pareri, approcci, valutazioni e considerazioni preliminari rispetto all'evento (e di cui Facebook è stato enorme grogiuolo e cassa di risonanza), di sapere procedere unita. Nella realtà. Quella vera. E di sapere giocare, soprattutto quando il gioco si fa duro.
Oggi, archiviato tutto ciò, sarebbe bello che quella variopinta unità e quella maturità dimostrata nell'oasi fisica e temporale di quel concerto (e di tutto ciò che gravitava intorno ad esso), fosse replicata e trasposta nelle realtà.
Che è fatta di problemi enormi non risolti e ancora da affrontare; problemi che il grande circo di Vasco ha magicamente sospeso, in parte momentaneamente risolto, ma soprattutto nascosto, agli occhi non solo di Modena ma dell'Italia intera, sotto l'ombra di quel grande palco. Problemi che levati i tendoni oggi riemergono in tutta la loro drammaticità.
Perché oggi, l'altra faccia della medaglia del successo e del trionfo ci mostra come ci sia voluto un concerto privato (perché anche se con un enorme impatto pubblico, di cui presto vorremmo avere costi e conti pubblici, di business privato si parla), per avere una città più ordinata e, soprattutto nei giorni precedenti, addirittura più pulita e meno degradata. Ci sia voluto un privato mordi e fuggi, bravissimo a distribuire i costi e a raccogliere gli utili, per garantire un sistema di videosorveglianza a riconoscimento facciale capace di incrociare i volti delle persone che transitano in zone sensibili con quelli dei data base delle forze di Polizia.
Perché, e lo ricordiamo al Sindaco che oggi giustamente festeggia, ci sono aree dove gli spacciatori ed i clandestini sono immortalati prima dai telefonini dei residenti disperati che dagli occhi elettronici del Comune, pur presenti.
Perché ci sia voluto un concerto privato per fare sparire il degrado e per fare volatizzare l'accattonaggio molesto, le proteste dei richiedenti asilo, i richiedenti asilo stessi. Dove erano? Perché non ne abbiamo visto uno, nemmeno nell'area del concerto.
Perché ci sia voluta un'organizzazione privata (che sarebbe bello mostrasse i conti al pari del pubblico, anche solo per verificare quanto siano poca cosa i 440.000 euro, due euro a biglietto, che il Comune ha incassato rispetto a quanto è stato dato a Vasco e speso per quel concerto), per dare un senso ed una destinazione ad un parco della città che nella sua parte nord, dove sorgeva il grande palco, un 'senso, dopo 15 anni di dibattito e soprattutto nel dopo Vasco, un senso non ce l'ha'.
Perché ci sia voluto un concerto per vedere e sentire ragionare, discutere, scontrarsi e confrontarsi civilmente per giorni (anche se con toni a tratti accesi), migliaia di modenesi rispetto all'utilizzo di aree pubbliche, quando fino a ieri il dibattito su enormi comparti urbani pubblici della città abbandonati al degrado e all'insicurezza era (e speriamo non continui ad essere), ridotto a zero.
Perché ci sia voluto un concerto per vedere giovani operatori Hera (dalla quale oggi sarebbe bello sapere se le centinaia di tonnellate di plastica e di rifiuti ammassati in modi indifferenziato al Modena Park andranno, o siano andati tutti, nell'inceneritore o meno), distribuire sacchetti per la raccolta differenziata. E che lascia stare che dentro un area con 220 mila persone in piedi fosse velleitario pensare si potesse realizzare.
E potremmo continuare. Perché oltre a quella realtà che quel concerto ci ha fatto sospendere e superare, oggi c'è la realtà stessa. Una realtà sulla quale non è lesa maestà per Vasco e tantomeno irriconoscenza verso un Sindaco che nelle 'sue' competenze, nei suoi diritti e nei suoi doveri, ha vinto la 'sua' sfida, richiamare l'attenzione. Affinché anche solo un minimo delle cose che hanno funzionato in questa occasione, siano da oggi patrimonio di conoscenza, convivenza e confronto per migliorare anche solo un pochino una realtà, che soprattutto sul fronte della sicurezza, è tutt'altro che superata.
Gianni Galeotti