Da una parte c’è Sergei V. Lavrov, uno che, nel bene o nel male, gira il mondo da decenni: manda segnali, minaccia, negozia e, soprattutto parla. Dall’altra c’è il Corsera, che personalmente dà l’idea di informazione prefabbricata, montata in serie, fragile, fatta di pezzi che si incastrano solo se segui le istruzioni del padrone. Ed ecco il miracolo del giornalismo italico: un’intervista che esiste, ma ahinoi non si può pubblicare, perché? Semplice: 'Non ci piacevano due risposte...'. E così il Corriere, con una dignità da ministero della verità versione discount, decide che il lettore va 'protetto': protetto da chi? Da Lavrov? No: dalla possibilità di farsi un’opinione, altroché. Ma in fondo è giusto così: nella nuova era del giornalismo italiano, l’intervista non serve a far emergere la realtà, ma a far confermare la nostra realtà, ergo quella preconfezionata, sterilizzata, autorizzata dal 'blocco atlantico' e servita tiepida in homepage. E al diavolo la libertà di stampa: oggi conta solo la libertà di censura preventiva. Amen.
Paride Puglia


