Il settore auto sta affrontando da alcuni mesi una situazione sempre più complicata.
Sebbene negli ultimi 5 anni – passata la crisi del cd “diesel gate” - i titoli del settore Auto (ad es. quelli dell’Europe Stoxx 600 Auto) abbiano nel complesso registrato una performance analoga a quella dell’Indice nella sua interezza (+53.6% Auto Vs +53.5% Indice), da inizio anno le sorti dei due Indici si sono separate: +0.93% Auto ma +9.71% l’Indice; ossia sui base annua una differenza di oltre 16 punti percentuali.
Queste difficoltà si riflettono anche in termini di valutazione: l’Indice Auto ha un Prezzo/Utili molto depresso di 6 e un Prezzo / Valore di Libro di 0.73; rispetto rispettivamente ai 14.3 e 2.1 per l’Indice nel suo complesso.
Ma in effetti queste valutazioni molto scontate riflettono sfide che per il settore auto europeo, e non solo, sono molto grandi.
Il passaggio all’elettrico, sostenuto e sospinto in modo aggressivo” dalle leggi Europee e dalla Politica Fiscale che lo ha anche sussidiato, ha portato negli ultimi 4 anni al cambio nei modelli produttivi e a grandi investimenti con una scommessa sulla riconversione dal motore a combustione che oggi risulta offuscata da due ordini di problemi.
Il secondo è che le auto più a buon mercato e quelle più “abbondanti” sono quelle cinesi, anche grazie al sostegno governativo simile a quello dato all’immobiliare negli anni passati. Auto cinesi che sono però proprio quelle che la EU e gli USA vogliono bloccare con i dazi costringendo la Cina a trovare delle soluzioni per aggirarli e produrle in Europa.
Non è quindi un caso che i produttori di auto a questo punto vogliano e siano costretti a giocare su più tavoli.
Da un lato si aggrappano al contributo economico portato ai loro bilanci dalle vendite del vecchio motore a combustione (75% delle vendite nel 2023) richiedendo anche un sostegno politico per rendere la legislazione green più tollerante nei tempi di adozione e per più investimenti in infrastrutture: ossia la creazione di una rete elettrica più potente e il sostegno ad una di ricarica più capillare.
Tuttavia, il futuro dell’Auto sostenibile, in assenza di un deciso salto tecnologico, rimarrà condizionato nei prossimi anni dal problema di una Domanda poco dinamica e confusa dal cambio tecnologico rischiando di mantenere bassa quella marginalità che i produttori europei hanno sempre cercato di contrastare solo con volumi elevati.
Per risolvere il problema della Domanda ci vorrà tempo: quello necessario per consentire un costoso adeguamento infrastrutturale che non tutti gli Stati saranno in grado di finanziare e quello necessario per un cambio “culturale” nel Consumatore. Due modifiche che in alcune regioni potrebbe voler dire aspettare anni.
Il secondo, ovvero il problema della bassa marginalità dei produttori che riduce gli spazi per finanziare nuovi investimenti, invece, passa da una più semplice soluzione: il ridimensionamento della produzione con la concentrazione produttiva su pochi stabilimenti e pochi modelli (un trend che tra concentrazione tra Gruppi e riduzione delle gamme prodotto è già in atto).
E allora, forse, dobbiamo prepararci ad un futuro vicino con meno auto e meno varietà, ma non necessariamente meno costose.
Gabriele Montalbetti
Portfolio manager
Consultinvest Asset Management Sgr Spa