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La recente decisione del governo italiano di equiparare la cannabis light alla cannabis tradizionale ha scatenato un acceso dibattito nel paese.
Questa mossa, che di fatto rende illegale la coltivazione e la vendita di cannabis light, è stata accolta con sconcerto e preoccupazione da molti settori della società, in particolare dalle aziende che negli ultimi anni avevano investito in questo mercato emergente.
La decisione solleva numerose questioni, non solo di natura economica, ma anche sociale, sanitaria e legale.
Cos'è la cannabis light e perché era legale
La cannabis light, conosciuta anche come 'cannabis legale' o 'cannabis a basso THC', è una varietà di cannabis che contiene livelli molto bassi di THC (tetraidrocannabinolo), il principio attivo responsabile degli effetti psicoattivi della pianta.
Per essere considerata legale in Italia, la cannabis light deve contenere un livello di THC inferiore allo 0,6%.
Questa varietà è invece ricca di CBD (cannabidiolo), un composto non psicoattivo al quale vengono attribuite diverse proprietà benefiche.
La legalizzazione della cannabis light in Italia risale al 2016, quando una legge permise la coltivazione di canapa industriale con bassi livelli di THC.
Questa decisione aprì la strada a un nuovo settore economico, con la nascita di numerose aziende dedite alla produzione e vendita di prodotti derivati dalla cannabis light, come infiorescenze, oli, cosmetici e alimenti.
L'improvviso cambio di rotta: l'emendamento che rende illegale la cannabis light
Il 1° agosto 2024, dopo una lunga seduta notturna, la Commissione Affari costituzionali e Giustizia della Camera ha approvato un emendamento al ddl Sicurezza che equipara la cannabis light alla cannabis tradizionale.
Questo emendamento, se confermato, renderebbe di fatto illegale la lavorazione, il commercio e l'esportazione di tutti i prodotti contenenti sostanze derivate dalla pianta di canapa, inclusi quelli con bassissimo contenuto di THC.
Questa decisione ha colto di sorpresa molti operatori del settore e ha sollevato numerose critiche da parte di esperti, imprenditori e politici.
Le ragioni addotte dal governo per giustificare questa stretta normativa sembrano basarsi su preoccupazioni legate alla sicurezza pubblica e al contrasto del mercato illegale di stupefacenti.
Tuttavia, molti osservatori ritengono che questa decisione sia basata più su pregiudizi e disinformazione che su evidenze scientifiche e considerazioni economiche.
Le conseguenze economiche: un duro colpo per un settore in crescita
L'impatto economico di questa decisione potrebbe essere devastante per un settore che negli ultimi anni aveva conosciuto una rapida espansione.
Si stima che in Italia operino circa 800 aziende dedite alla coltivazione di cannabis light, mentre altre 1500 si occupano della trasformazione del prodotto.
Complessivamente, il settore dà lavoro a circa 11.000 persone e genera un fatturato annuo di circa 500 milioni di euro.
Aziende come CBDMania, un brand sviluppato da giovani imprenditori italiani nel pieno rispetto della legalità, rischiano ora di vedere vanificati anni di investimenti e duro lavoro.
CBDMania si era affermata come uno dei principali player nel mercato italiano della cannabis light, offrendo una vasta gamma di prodotti di alta qualità e guadagnandosi la fiducia di numerosi clienti.
La possibile chiusura di queste attività non solo causerebbe la perdita di migliaia di posti di lavoro, ma priverebbe anche i consumatori di prodotti sicuri e controllati.
Il paradosso: un favore alle mafie e alle case farmaceutiche?
Uno degli aspetti più controversi di questa decisione è che, paradossalmente, potrebbe finire per favorire proprio quei soggetti che si vorrebbe contrastare.
In primo luogo, rendendo illegale un mercato finora regolamentato, si rischia di spingere i consumatori verso il mercato nero, controllato dalle organizzazioni criminali.
Le mafie potrebbero quindi trarre vantaggio da questa situazione, aumentando i loro profitti dalla vendita di cannabis illegale.
Inoltre, la stretta sulla cannabis light potrebbe avvantaggiare le grandi case farmaceutiche. Molti consumatori utilizzavano prodotti a base di CBD come alternativa naturale a farmaci tradizionali per il trattamento di vari disturbi, come ansia, insonnia o dolori cronici.
Con la scomparsa di questi prodotti dal mercato legale, è probabile che molte persone si rivolgano nuovamente ai farmaci convenzionali, con un conseguente aumento delle vendite per le aziende farmaceutiche.
Le critiche degli esperti: una decisione non basata su evidenze scientifiche
Numerosi esperti nel campo della farmacologia e delle dipendenze hanno criticato la decisione del governo, sottolineando come non sia basata su solide evidenze scientifiche. Il professor Marco Pistis, farmacologo del gruppo 'Dipendenze patologiche' della Società Italiana di Farmacologia, ha dichiarato in un'intervista che 'dal punto di vista farmacologico e clinico e, in generale, scientifico, la cannabis light e la cannabis tradizionale sono due cose molto diverse, e la differenza la fa proprio il THC contenuto nelle due preparazioni'.
Gli esperti sottolineano che la cannabis light, con il suo bassissimo contenuto di THC, non può essere considerata una sostanza stupefacente e non ha effetti psicoattivi paragonabili a quelli della cannabis tradizionale. Inoltre, il CBD, il principale componente della cannabis light, non ha proprietà che inducono dipendenza e, anzi, è oggetto di studi per le sue potenziali applicazioni terapeutiche.
Le possibili conseguenze sulla salute pubblica
La decisione di rendere illegale la cannabis light potrebbe avere anche ripercussioni negative sulla salute pubblica.
Molti consumatori utilizzavano questi prodotti come alternativa meno dannosa al fumo di tabacco o alla cannabis tradizionale.
Con la scomparsa di questa opzione legale, c'è il rischio che alcune persone si rivolgano a sostanze più pericolose o tornino a fumare tabacco.
Inoltre, la cannabis light era utilizzata da molte persone per alleviare sintomi di varie condizioni mediche, come dolore cronico, ansia o disturbi del sonno.
Privare queste persone di un'opzione terapeutica naturale e a basso rischio potrebbe costringerle a ricorrere a farmaci con potenziali effetti collaterali più gravi.
Le reazioni del mondo politico e dell'opinione pubblica
La decisione del governo ha suscitato reazioni contrastanti nel mondo politico italiano. Mentre alcuni esponenti della maggioranza hanno difeso la scelta come necessaria per contrastare il consumo di droghe, molti politici dell'opposizione hanno criticato duramente la mossa, definendola miope e controproducente.
Anche l'opinione pubblica sembra divisa sulla questione. Molti cittadini hanno espresso preoccupazione per le possibili conseguenze economiche e sociali di questa decisione, mentre altri hanno accolto favorevolmente una stretta normativa in materia di cannabis.
Sui social media, l'hashtag #cannabislight è diventato rapidamente virale, con migliaia di utenti che condividono le loro opinioni e preoccupazioni.
Le possibili alternative: regolamentazione invece che proibizione
Molti esperti e operatori del settore sostengono che, invece di una proibizione totale, sarebbe più efficace e vantaggioso per la società adottare un approccio basato sulla regolamentazione.
Una normativa chiara e rigorosa potrebbe garantire la sicurezza dei prodotti, proteggere i consumatori e allo stesso tempo permettere lo sviluppo di un settore economico promettente.
Alcuni paesi europei, come la Svizzera o il Lussemburgo, hanno adottato approcci più progressisti in materia di cannabis, dimostrando che è possibile conciliare le esigenze di salute pubblica con lo sviluppo economico e l'innovazione.
Conclusioni: una decisione che solleva più domande che risposte
La scelta di rendere illegale la cannabis light in Italia appare come una decisione affrettata e poco ponderata, che rischia di avere conseguenze negative su molteplici fronti. Dal punto di vista economico, si mette a rischio un settore in crescita che aveva creato occupazione e innovazione.
Dal punto di vista della salute pubblica, si priva i consumatori di un'alternativa più sicura e controllata. Dal punto di vista della lotta alla criminalità, si rischia paradossalmente di favorire il mercato nero.
È auspicabile che, prima dell'approvazione definitiva di questa norma, si apra un dibattito serio e approfondito, basato su evidenze scientifiche e considerazioni oggettive, coinvolgendo esperti, operatori del settore e rappresentanti della società civile.
Solo attraverso un approccio razionale e bilanciato sarà possibile trovare una soluzione che tuteli la salute pubblica, rispetti i diritti dei cittadini e permetta lo sviluppo sostenibile di un settore economico promettente.
In un momento in cui molti paesi stanno ripensando le loro politiche sulla cannabis in direzione di una maggiore apertura e regolamentazione, la scelta dell'Italia di fare un passo indietro appare in controtendenza e rischia di lasciare il paese indietro rispetto a un settore in rapida evoluzione a livello globale.