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Prevenzione delle complicanze nei pazienti allettati: strumenti e buone pratiche

Prevenzione delle complicanze nei pazienti allettati: strumenti e buone pratiche

Tra tutte le complicanze, le più note e temute sono senza dubbio le lesioni da pressione (o piaghe da decubito)


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L'assistenza a un paziente costretto a letto per un lungo periodo è un percorso che richiede una profonda comprensione dei rischi connessi all'immobilità. Al di là della patologia principale che ha causato la degenza, la condizione stessa di allettamento innesca una serie di potenziali complicanze che possono compromettere seriamente lo stato di salute generale e la qualità della vita della persona. Passare da un approccio passivo a una strategia di prevenzione attiva, basata sulla conoscenza, su buone pratiche quotidiane e sull'uso di strumenti adeguati, è il passo fondamentale per proteggere il paziente e garantirgli cure dignitose e sicure.
Tra tutte le complicanze, le più note e temute sono senza dubbio le lesioni da pressione (o piaghe da decubito). Queste ferite, che possono interessare la pelle fino ai tessuti più profondi, non sono una fatalità inevitabile, ma il risultato di fattori specifici come la pressione prolungata, la frizione e le forze di stiramento. Uno dei fattori più critici che contribuiscono alla loro formazione è la gestione del microclima cutaneo. Un ambiente umido, causato da sudore o incontinenza, macera l'epidermide, la indebolisce e la rende molto più suscettibile ai danni da pressione. Per questo, mantenere la pelle sempre asciutta è una delle prime e più importanti buone pratiche.
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L'evoluzione dei materiali sanitari ha offerto risposte concrete a questa esigenza, spostando l'attenzione da soluzioni tampone a veri e propri presidi tecnici. La ricerca di soluzioni efficaci porta spesso a valutare opzioni professionali, riutilizzabili e performanti – le traverse da letto lavabili su Hipsistemaletto.it sono tra queste – che combinano uno strato inferiore totalmente impermeabile con uno strato superiore ad alta capacità di assorbimento, progettato per allontanare i liquidi dalla pelle e mantenere una sensazione di asciutto.
La prevenzione, tuttavia, non si esaurisce nella cura della pelle. L'immobilità prolungata ha effetti sistemici su tutto l'organismo. A livello respiratorio, ad esempio, aumenta il rischio di polmonite ipostatica, causata dal ristagno di secrezioni nei polmoni che non vengono mobilizzate a sufficienza. Anche l'apparato circolatorio è a rischio: la ridotta mobilità rallenta il ritorno venoso, specialmente negli arti inferiori, aumentando la probabilità di sviluppare trombosi venose profonde, una condizione potenzialmente letale. A livello muscolo-scheletrico, l'inattività porta a una rapida perdita di massa muscolare (atrofia) e all'irrigidimento delle articolazioni (contratture), che possono rendere ancora più difficili i movimenti futuri e causare dolore.
Ma quali sono, concretamente, le buone pratiche per contrastare questo scenario? La più importante è senza dubbio la mobilizzazione.
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Cambiare posizione al paziente a intervalli regolari, idealmente ogni due o tre ore, è cruciale per ridistribuire i punti di pressione, favorire la ventilazione polmonare e stimolare la circolazione. Questa pratica deve essere associata a un'ispezione quotidiana e meticolosa della cute, soprattutto nelle aree più a rischio, per intercettare precocemente arrossamenti o segni di sofferenza cutanea. L'efficacia di queste pratiche è amplificata dall'uso di strumenti adeguati. Un letto equipaggiato con traverse stabili e ad alta assorbenza, ad esempio, non solo protegge la pelle, ma rende anche le operazioni di riposizionamento più semplici e sicure, sia per il paziente che per il caregiver.
Un altro pilastro della prevenzione è l'alimentazione. Un adeguato apporto di proteine, vitamine e liquidi è fondamentale per mantenere l'elasticità e la resistenza della pelle e per sostenere il tono muscolare. Un paziente malnutrito o disidratato è un paziente la cui pelle è intrinsecamente più fragile e vulnerabile.
In definitiva, la prevenzione delle complicanze nei pazienti allettati non è un singolo atto, ma un processo continuo e integrato. È una sinergia tra la conoscenza dei rischi, l'applicazione costante di buone pratiche come la mobilizzazione e la cura della pelle, e l'utilizzo di strumenti e ausili progettati per supportare questi sforzi.
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Investire in questa strategia proattiva non significa solo evitare l'insorgere di nuove patologie, ma soprattutto tutelare la salute globale e la dignità della persona fragile, assicurandole il massimo benessere possibile in una fase di estrema vulnerabilità.
 

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