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'Ecco perché l'aumento del debito non è il male assoluto'

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Parla Marco Pugliese, direttore di OpenIndustria, associazione di recente costituzione che riunisce imprenditori, docenti, analisti e portatori di interessi


'Ecco perché l'aumento del debito non è il male assoluto'
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In questi giorni si fa un gran parlare del debito pubblico che sarebbe prossimo a varcare la soglia dei 3000 miliardi di euro. Ultimo in ordine di clamore è stato il direttore della Banca d'Italia il quale, al meeting di Rimini di Comunione e Liberazione, ha dichiarato che spediamo, in interessi del debito, quanto si spende per l'istruzione.
Si prospettano quindi tempi duri per l'Italia e il Governo Meloni che al rientro dalla pausa estiva dovrà fare la legge di bilancio?
In realtà, le cose sono un po' diverse da come vengono raccontate dalla maggior parte dei media nei dibattiti da talk show e, per descrivere meglio lo stato delle cose ci siamo rivolti a Marco Pugliese, direttore di OpenIndustria, associazione di recente costituzione che riunisce imprenditori, docenti, analisti e portatori di interessi, che si pone come obiettivo la promozione della cultura industriale, e il dialogo con le istituzioni, partendo dalle basi della storia economica italiana, portando a conoscenza le nuove generazioni di figure come Enrico Mattei e Adriano Olivetti.

Abbiamo fatto una chiacchierata per capire meglio cos'è il debito pubblico e cosa realmente comporta nella nostra economia.

Marco Pugliese, come stanno realmente le cose? Siamo sull'orlo del precipizio come titolano i grandi giornali?

'La narrazione che vuole il debito pubblico “pagato” da una (imprecisata) generazione futura è errata, paghiamo questo scotto mediatico a causa di normative rigide come il patto di stabilità (che non permette slanci d’investimento e contrae le spese sociali come sanità e scuola), create e volute da chi il debito però lo ha omesso dal proprio bilancio (la Germania non ha calcolato uno stock da 800-1000 miliardi in 10 anni utilizzato per aiutare le proprie imprese, e nessuno ne parla con attenzione). In questi giorni sono uscite notizie “allarmanti” riguardo il debito italiano, qualcuno si è spinto perfino ad affermare che il Giappone a breve dichiarerà “insolvenza”.

Ora, vero che Tokio ha differenziato gli stock sul mercato ma detiene il proprio debito e soprattutto ha una Banca Centrale che tutela l’interesse nazionale'.

Quindi sono notizie “balneari”? O c'è il preludio di una qualche crisi “indotta”?

'Non siamo più nel 2011 e la narrazione sul debito (mai realmente spiegato alle masse a livello tecnico) non sfonda… L’enfasi dei vari media nazionali sul debito pubblico non deve spaventare, come non devono preoccupare i vari allarmisti sui social (c’era chi paragonava il debito ad un mutuo ad esempio, in pratica un analfabeta economico). Cerchiamo d’uscire dai concetti “copia ed incolla” e spieghiamo come può essere dannoso per cittadini ed imprese alimentare una narrazione così balorda (e falsa) che però può avere dei contraccolpi in borsa (come accadde nel 1992 e nel 2011, un attacco al nostro sistema economico e politico, costò molto cari agli italiani). Lo bilancio dello Stato non è aziendale, servono visionari più che ragionieri. La California è tecnicamente in default per star dietro alla Silicon che però produce brevetti con sovvenzioni statali dal valore di miliardi. La realtà è che siamo al solito allarmismo, il debito pubblico italiano è spesso avvolto da una nebbia di negatività e profezie apocalittiche (mediatiche). L'accento viene posto sugli imponenti 2950 miliardi di debito, con 2100 miliardi al sicuro nella Banca d’Italia e 900 miliardi sul mercato estero, perdendo di vista la natura complessa del debito e le solide garanzie che lo sorreggono, vedasi i 9000 miliardi di patrimonio privato degli italiani.
Il timore dominante è quello di un 'giorno del giudizio', in cui una generazione, estratta a sorte, sarà oppressa dall'inevitabile onere di un debito accumulato. Tuttavia, osservando la struttura dei titoli di Stato con le loro diverse scadenze, si delinea un quadro meno tetro. Se, ipoteticamente, questi titoli non venissero rinnovati, avremmo un termine teorico alla questione. Ma a oggi, la data del fatidico 'giorno dell'apocalisse' rimane evasiva e inafferrabile'.

Ma quindi il debito pubblico è una realmente una zavorra?

'Il debito pubblico non è una zavorra destinata a gravare sulle spalle delle generazioni future. Esso rappresenta, in sostanza, un trasferimento di capitali garantito dallo Stato, che si impegna a restituire i prestiti attraverso le tasse e l'emissione di nuovi titoli. Ogni euro di debito corrisponde a un investimento diretto nell’economia. Questo meccanismo perpetuo consente di rinnovare i titoli di debito senza richiedere mai un rimborso totale, sfatando l’idea di un debito insostenibile per i nostri figli.
Il debito pubblico non è una quindi una spada di Damocle imminente, bensì un insieme d’accordi tra uno Stato ed i suoi investitori. Ogni titolo rappresenta una promessa di rendimento basata sulla fiducia e sostenuta da beni tangibili. Un investitore, acquistando un titolo pubblico, sta essenzialmente estendendo un prestito allo Stato, aspettandosi una rendita in cambio, in un meccanismo analogo a un investimento in borsa'.

Quindi realmente chi paga?

'Uno dei miti più persistenti è che le future generazioni saranno schiacciate dal debito pubblico. La realtà è più complessa: i titoli di debito possono essere rinnovati, venduti o liquidati alla scadenza, e lo Stato ha sempre la possibilità di emettere nuovi titoli. Come affermato da Vitor Constâncio, ex vice presidente della BCE: 'Il debito nazionale non è un peso per le generazioni future. È una partita di giro tra cittadini'.

Quindi le prospettive sarebbero un po' migliori rispetto a come vengono raccontate...

'L’equilibrio tra debito e crescita economica è fondamentale. In tempi di recessione, un aumento del debito può essere necessario per stimolare l’economia. Viceversa, durante fasi di crescita, il debito può essere ridotto. Tuttavia, l’idea di un debito illimitato è un’illusione: esso deve essere sostenuto da un’economia sana e da politiche fiscali responsabili. Il debito pubblico non è una condanna, ma uno strumento che, se gestito con competenza (e qui serve una governance politica che pensi allo sviluppo), può sostenere lo sviluppo economico e il benessere delle generazioni future. La vera sfida sarà mantenere questo equilibrio, garantendo che gli investimenti odierni producano risultati tangibili e sostenibili per il domani; come investire in scuola e ricerca a debito stimola l’economia perché porta brevetti. Tagliare le spese di questo tipo è tagliare il futuro e costringere i giovani ad andarsene. Questo è il problema.
Inoltre bisogna evitare di ripetere le privatizzazioni come nel 1992 che indeboliscono il Paese nei suoi asset, fu solo depotenziata l’Italia industriale. Non per nulla il debito aggregato la somma di pubblico e privato, non fu scelto come parametro in Ue, che con queste regole terrebbe fuori il Giappone.
Guardando al contesto europeo, emergono diversi paradossi. I Paesi Bassi, ad esempio, nonostante le loro critiche all'Italia, sono sprofondati in un debito privato altamente preoccupante'.
Stefano Bonacorsi

Stefano Bonacorsi
Stefano Bonacorsi

Modenese nel senso di montanaro, laureato in giurisprudenza, imprenditore artigiano, corrispondente, blogger e, più raramente, performer. Di fede cristiana, mi piace dire che sono ..   Continua >>


 

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