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Pur lontani dal dovere trovare a tutti i costi delle giustificazioni, delle scuse, dei responsabili, delle spiegazioni, ad una situazione così grottesca e surreale, come quella a cui si è arrivati, crediamo sia impossibile non chiedersi come si sia giunti a tanto. Difficile non chiedersi se un anno e mezzo fa, quando il Sindaco Muzzarelli mostrò in piazza Grande quella maglia, con quella scritta, regalatagli dai tifosi che gli chiedevano di intervenire su un uomo, Caliendo, ancora prima che sulla società, per evitare il declino che poi si sarebbe puntualmente verificato, si fosse potuto fare qualcosa.
Se il Sindaco Muzzarelli e l'Assessore allo sport Guerzoni, che oggi hanno giustamente e responsabilmente agito nell'interesse della città e di un bene della città, come lo stadio, obbligati da circostanze che di fronte ad un impianto distrutto dalle inadempienze e dai debiti non onorati non lasciavano altra scelta che la rescissione della convenzione e, attraverso il passaggio del consiglio comunale che ha approvato la variazione di bilancio da 4 milioni di euro, la presa in carico della fidejussione, non avessero potuto agire prima.
Già dal giorno dopo la retrocessione in C. Magari proprio da quel pomeriggio in piazza Grande dove era chiaro a tutti che senza un intervento deciso la situazione, in serie C, e con Caliendo padre padrone, sarebbe precipitata soprattutto fuori dal campo. Una categoria, la serie C, che in questo caso forse anche al di la di Caliendo, non avrebbe permesso quelle entrate capaci di reggere spese ed impegni che in funzione della convenzione col Comune, erano rimaste quelle a carico di una squadra in serie B o addirittura in serie A.
Il resto è Caliendo, che non è poco, anzi è tutto. Fatto sta che con i se non si va avanti e il giorno più triste, al termine di 5 settimane di agonia fatta di umilianti partite in casa giocate a Forlì, prima con il pubblico e poi a porte chiuse, di una serie di sconfitte precedenti, con uno zero in classifica, con la prospettiva dei 5 o 6 punti di penalizzazione, con lo sfratto esecutivo della società (e della squadra), dallo stadio di casa, è arrivato.
Con la Lega Calcio che non ha autorizzato un'altra partita a Forlì e con la squadra a questo punto obbligata all'ennesima umiliazione: chiusa fuori dal proprio stadio con la certezza di non potere entrare e di incassare il primo 3-0 a tavolino in una giornata dove verranno polverizzati 105 anni di gloriosa storia, da un personaggio che certamente dovra ringraziare in eterno Modena, per avergli offerto, nonostante la distruzione lasciata, anche l'altra guancia, un'ennesima possibilità. Un esempio di civiltà. La possibilità di andarsene quando era il momento giusto, quando forse avrebbe potuto farlo se non proprio con la testa alta, almeno con quell'incredibile faccia tosta che da sempre lo contraddistingue. E invece no. L'orgoglio (e chissà cos'altro che a Modena definisce una zona grigia impenetrabile), lo hanno trascinato nel baratro, dove ha voluto, in parte riuscendoci, a trascinare il Modena e la sua storia.
Gi.Ga.