Investimenti 2018: annata difficile ma non terribile
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Investimenti 2018: annata difficile ma non terribile

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Rendimenti globali compresi tra +4,3 e -4,3%, senza aver fatto scommesse specifiche


Investimenti 2018: annata difficile ma non terribile
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L’inizio di ogni nuovo anno è sempre quel momento atteso da ogni investitore-risparmiatore per fare il bilancio dei propri investimenti, ossia valutarne i risultati e conseguentemente esprimere un giudizio sulla qualità dell’operato dei propri intermediari finanziari. Una valutazione che quest’anno sarà ancor più ricca di informazione grazie alle regole imposte dalla MIFID II, ovvero non vedrà solo un rendiconto con i risultati finanziari conseguiti ma finalmente anche i relativi costi in termini percentuali ed assoluti sostenuti per farsi amministrare/gestire il proprio denaro.
Il risparmiatore saprà quindi non solo quanto avrà guadagnato o perso nel 2018 ma anche quanto gli sarà costata la gestione del suo patrimonio e potrà così meglio giudicare l’operato della banca, del promotore o del consulente con cui si è relazionato. Potrà quindi e con maggior consapevolezza valutare e confrontare il buono, mediocre o pessimo operato finanziario e relazionare il tutto al costo sostenuto, così da poter meglio prendere successive decisioni.

PREPARARSI ALL’ANALISI

Prima di qualunque valutazione o giudizio e ancora prima di guardare i rendimenti è però consigliabile ripercorrere le personali scelte di investimento, ossia riannotarsi i soggettivi obiettivi di vita, i relativi orizzonti temporali nonché tracciare il conto economico ed il bilancio consuntivo familiare dell’annata conclusa. A seguire poi si dovrebbe riprendere evidenza degli obiettivi di rischio e dei limiti di perdita tollerabili o sostenibili scelti in passato e riferibili a quella quota di risparmio non destinata al consumo corrente bensì impegnata alla realizzazione dei propri scopi familiari e in relazione ai diversi intervalli temporali stabiliti. Tutto questo per aver sottomano pochi ma personali e indispensabili parametri utili ad una valutazione più complessiva e strutturata dei propri investimenti.

PUNTO DI PARTENZA


Fatte le suddette premesse e per evitare facili strumentalizzazioni dei rendimenti espressi dalle più svariate tipologie d’investimento finanziario, può essere consigliabile - per semplicità logica - procedere con la valutazione generale delle principali ed essenziali componenti di un portafoglio finanziario, ovvero osservare l’andamento delle azioni mondiali, delle obbligazioni mondiali e di un investimento a breve termine come il BOT, così da delineare un intervallo di rendimenti entro il quale si dovrebbe essere mosso un portafoglio ben diversificato e come comunemente suggerito da qualsivoglia referente per gli investimenti.



Dal grafico emerge evidentemente che il range di rendimento in cui si dovrebbe trovare il proprio portafoglio a fine 2018 e sempre se si è rispettato un principio di diversificazione globale senza applicare coperture valutarie e senza fare scommesse specifiche, sarebbe compreso tra un massimo del +4,3% (obbligazioni mondiali) ed un -4,3% (azioni mondiali), passando per qualche decimo di punto negativo -0,26%, se il tutto fosse stato investito nello strumento più conosciuto dai risparmiatori, ossia il BOT.
Questo intervallo di rendimenti potrebbe quindi rappresentare un buon punto di partenza per un primo giudizio imparziale sui risultati conseguiti, ovvero e se si fosse perso o guadagnato più dei valori riportati sarebbe indispensabile un approfondimento urgente dei risultati conseguiti e quindi un più analitico check up.
In ogni modo ed escludendo la componente di liquidità sarebbe utile una verifica anche a fronte di rendimenti vicino a quegli estremi ma all’interno di tali intervalli (esempio -3% o +3%), in quanto e se non si fosse investiti completamente in azioni o in obbligazioni globali, tali performance potrebbero derivare da concentrazioni eccessive su determinati mercati azionari (Italia, USA, emergenti, ecc.) oppure obbligazionari (high yield, societari ecc.) o da elevate coperture valutarie (in particolare sul cambio euro/dollaro) o da troppi investimenti in asset alternativi (esempio materie prime, bitcoin) e questo esporrebbe a specifici e ben diversi rischi rispetto ad un’ampia diversificazione globale.
Al fine di offrire però al lettore una tabella di riferimento da cui partire per successive congetture ed analisi del proprio portafoglio, è di seguito riportato l’andamento di un ipotetico investimento ripartito solo tra azioni ed obbligazioni mondiali ed elaborato sull’andamento degli indici MSCI World All Country total return e JPM Global Aggregate Bond incluso dividendi e cedole, in euro.



Tali rendimenti logicamente sono lordi e non tengono conto dell’eventuale presenza di investimenti a breve termine e che spesso pesano anche considerevolmente negli asset degli italiani, motivo per cui è riportato l’andamento dell’indice BOT quale approssimazione per gli investimenti cosiddetti monetari nonché l’andamento del cambio dollaro/euro in quanto variabile determinante nei conteggi di fine anno per un investitore europeo.
Un siffatto quadro di partenza, altro non deve rappresentare che un iniziale supporto per una più ampia ed oggettiva analisi dei personali investimenti.

 VALUTARE CON OGGETTIVITA’

Dopo aver perciò ben chiarito a sé stessi cosa finanziariamente ed economicamente si andava ricercando in relazione agli obietti familiari e ai rischi sopportabili e dopo aver tracciato un quadro generale, si potrà passare ad una valutazione oggettiva e razionale degli investimenti,  ovvero e come primo punto si potrà razionalmente verificare il coerente comportamento degli stessi rispetto ai rendimenti attesi in rapporto agli orizzonti temporali e ai rischi assunti e in secondo luogo si potrà valutare la bontà o meno degli investimenti fatti rispetto al cosiddetto benchmark o al parametro di riferimento degli stessi e come terzo ma non ultimo aspetto, si potrà concretamente rapportare i costi sostenuti rispetto ai benefici conseguiti. Sarà così possibile capire se quanto ricercato soggettivamente è stato ben pianificato da sé stessi o per il tramite dei propri referenti agli investimenti e se le scelte fatte hanno creato o distrutto valore in relazione al proprio piano e ai relativi mercati in cui si è investito e se i costi sostenuti per raggiungere i propri obiettivi sono stati congrui e coerenti.

CONTROLLARE LA COERENZA

Verificare che i propri investimenti abbiano rispettato le condizioni scelte ex-ante, è di particolare rilevanza in quanto la cosiddetta asset allocation, ossia la ripartizione del patrimonio in azioni, obbligazioni, liquidità, materie prime, immobili, arte ecc. determina nel lungo termine e come noto, la maggior parte del risultato finale e quindi l’evoluzione del proprio patrimonio. Più tempo sia ha a disposizione (decenni, lustri, anni, mesi o giorni) e minori saranno le probabilità di conseguire risultati troppo distanti e differenti da quelli attesi e stimabili mentre all’abbreviarsi del tempo e per effetto del rischio insito nei diversi strumenti vi sarà una maggior variabilità. Una variabilità che può esser costata tanto o poco al proprio patrimonio ed alla personale salute (stress emotivi ecc.) in base a quanto è stato sbagliato il dosaggio, il mix e/o il tempo di somministrazione dei vari strumenti rispetto alla personale pianificazione fai da te oppure alla consulenza finanziaria ricevuta.

Se l’errore è del risparmiatore sarà necessario guardarsi umilmente allo specchio incolpando sé stessi dei risultati non graditi (facendone tesoro per il futuro) mentre se fosse del consulente a cui ci si è affidati, sarà necessario rivolgersi a referenti più esperti e capaci di capire, supportare e guidare le decisioni d’investimento. L’incompetenza personale o del proprio referente è senza ombra di dubbio la variabile più rilevante nella soddisfazione o meno dei propri investimenti e quindi la prima variabile sulla quale intervenire per migliorare.

VERIFICARE L’EXTRA VALORE

Solo dopo aver valutato adeguatamente il primo punto, si può procedere alla valutazione del valore aggiunto o più spesso sottratto dai singoli investimenti al rendimento complessivo. In tal senso è necessario confrontare i vari strumenti adoperati con i relativi mercati di riferimento, ovvero il cosiddetto benchmark. Tradotto, se investo selezionando da solo azioni italiane o attraverso l’impiego di fondi d’investimento debbo valutare se le mie scelte o le mie deleghe ad altri hanno migliorato o peggiorato il risultato rispetto all’indice di borsa italiano, ossia se tali decisioni hanno permesso guadagni superiori rispetto all’investire passivamente su tutto il mercato e senza perdere tempo in analisi e ricerche. Indubbiamente e per logica nessuno vorrebbe fare peggio del mercato ma solo meglio, motivo per cui è necessaria una adeguata valutazione delle proprie e delle altrui capacità gestionali. Capacità che per fortuna possono essere misurate con semplici ma omogenei e coerenti confronti. E se non emergesse un concreto valore aggiunto rispetto ai mercati di riferimento (inclusi dividendi e cedole) oppure ed ancor peggio vi fosse una costante e pluriennale distruzione di valore (intesa come perdite o minori guadagni), sarà necessario intervenire.  Bisognerà sanare sé stessi nel caso di un fai da te grossolano - ossia adottando una giusta umiltà verso le proprie capacità - oppure sarà essenziale cambiare il proprio referente per gli investimenti se non fosse in grado di fare valide selezioni o se peggio ancora non fosse così umile da affidarsi direttamente al mercato nel caso in cui non fosse in grado di apportare reali benefici aggiuntivi.

PONDERARE IL COSTO

L’ultimo aspetto del processo di controllo riguarda l’analisi dei costi, ossia quell’insieme di spese (compravendita, gestione, consulenza ecc.) che gravano sul patrimonio e che da quest’anno saranno obbligatoriamente esplicitate ai risparmiatori. Un fattore indubbiamente rilevante nel breve termine (a maggior ragione in un contesto di bassi rendimenti come l’attuale) che risulta però e ancor più importante nel lungo periodo, a causa dell’effetto composto che in molti dimenticano. L’analisi dei costi è quindi un elemento imprescindibile nel personale bilancio ma è spesso molto più complessa di quanto si possa credere. La difficoltà infatti deriva dal fatto che il costo non andrebbe rapportato solo al beneficio raggiunto (ex-post) o a quello conseguibile (ex-ante) ma anche proporzionato alla quantità ed alla qualità del lavoro svolto ed al valore delle competenze professionali a cui si attinge affidandosi ad un determinato referente e rispetto ai costi richiesti per acquisirsele autonomamente. In ogni modo e nel contesto attuale è sicuramente importante saper trovare - seppur spesso soggettivamente - quel giusto equilibrio tra costo, rendimento e servizio. Un rapporto che però non appare così scontato a causa della pluriennale compressione dei tassi e dei rendimenti conseguibili in molteplici asset class, dall’inasprimento fiscale su di essi ed ora dal vigoroso e meno desiderato ritorno di volatilità e quindi di complessità gestionale.

Rubens Ligabue


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