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“Non è ipotizzabile alcun provvedimento di revoca essendo il medesimo deceduto. Questo, perché, essendo deceduta la persona oggetto del conferimento, non è stato possibile instaurare un contraddittorio. La norma prevede che la persona oggetto dell’eventuale revoca debba essere preventivamente informata, onde poter presentare una memoria scritta a propria difesa... la possibilità di poter revocare l’onorificenza pertanto presuppone l’esistenza in vita dell’insignito”.
Così il Prefetto di Belluno si espresse, alcuni anni fa, in risposta alla richiesta di parere sulla proposta di fare revocare al locale Consiglio comunale la cittadinanza onoraria un tempo conferita al Maresciallo Tito. Un parere tecnico ed istituzionale preso poi a riferimento in diversi consigli comunali d'Italia in occasione della discussione sulla proposta di revoca della cittadinanza onoraria conferita, 98 anni fa, a Benito Mussolini.
Dibattito che oggi approderà in Consiglio Comunale, a Modena, per volontà della maggioranza che ha voluto portare l'atto di revoca, dopo un silenzio che dura più di 70 anni, dal dopoguerra ad oggi, all'interno delle celebrazioni e delle riflessioni sul 25 aprile.
Ma quale sarebbe di fatto l’utilità di un provvedimento di questo genere? Quale beneficio, oggi a distanza di 98 anni, ne trarrebbe la comunità modenese?
Dopo la caduta del fascismo sui banchi del Consiglio comunale si sono seduti consiglieri ed amministratori di sinistra, ma non solo, che potevano benissimo, nelle loro funzioni, in nome dell'antifascismo, proporre atti di questo genere. Eppure non lo hanno fatto. Le ragioni sarebbero diverse: non solo perché, come conferma oggi la stessa amministrazione in premessa all'atto, nemmeno gli organismi deputati alla ricerca storica si erano accorti della sua esistenza c'è voluta una ricerca storica commissionata nel 2021 per accorgersi che anche il Consiglio comunale di Modena, ai tempi totalmente fascista, dopo le dimissioni forzate del sindaco Teglio, omaggiò il Duce conferendogli la cittadinanza onoraria.
Ma il punto non è quello, o non solo quello della tempistica. Lo stesso atto sarebbe discutibile anche sotto il profilo tecnico-normativo e politico. In questo senso si sono espressi anche sindaci Pd, di famiglia partigiana, come l'ex di Ravenna Fabrizio Matteucci o Giorgio Gori, di Bergamo. Per entrambi, in sintesi, atti del genere di revoca, cancellerebbero una storia che invece andrebbe mantenuta.
Seguendo questo ragionamento, il Consiglio comunale di Ravenna, con maggioranza e sindaco Pd, in data 20 marzo 2014, deliberò voto contrario alla mozione che chiedeva la revoca della cittadinanza onoraria a Benito Mussolini.
In quell’occasione il sindaco Fabrizio Matteucci, figlio di partigiani, lo spiegò così: “Abbiamo ritenuto che cancellare quell’errore storico non fosse giusto. E che dovesse restare: è un’occasione di riflessione sul perché il fascismo non deve tornare mai”. E, appunto, siamo a Ravenna, città romagnola decorata con la medaglia d’oro nella lotta antifascista. Come Modena. Città che anche nelle sue istituzioni non si era mai posta il problema nell'esistenza né tantomeno della necessità di rimuovere la cittadinanza onoraria. Un atto che difetterebbe nella forma ancora prima della sostanza ma che nonostante ciò è stato posto oggi al centro di un dibattito che presumibilmente sarà utilizzato come ennesimo spartiacque politico tra fascismo antifascismo. Alimentando una divisione che la storia Democratica delle istituzioni dell'Italia e di Modena hanno negli anni colmato.
Gianni Galeotti
Nato a Modena nel 1969, svolge la professione di giornalista dal 1995. E’ stato direttore di Telemodena, giornalista radiofonico (Modena Radio City, corrispondente Radio 24) e consiglie.. Continua >>