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Sono passati 5 anni dalla prima scossa devastante del 24 agosto 2016 che provocò morte e devastazione. Pochi giorni fa le istituzioni e la politica hanno celebrato l'anniversario con i consueti sterili riti. Una storia, quella di questo Comune del Lazio, che corre in parallelo alla storia emiliana con una ricostruzione che, a differenza del sisma che colpì la Bassa modenese e ferrarese nel 2012, procede molto più a rilento.
Siamo stati ad Amatrice e abbiamo incontrato una delle famiglie-simbolo della tenacia con la quale i cittadini stanno resistendo ai ritardi e alle storture della ricostruzione promessa e ancora mancata.
Nell'altopiano di Amatrice, a una altezza di 950 metri sul livello del mare, non si arriva per caso. Occorre decidere di visitarlo il Paese di circa 2300 abitanti, ricco di storia e tradizioni popolari.
Un Paese ancora in ginocchio, profondamente segnato dal terremoto e che, a livello politico, ha visto susseguirsi tre primi cittadini diversi con l'ultimo sindaco, Antonio Fontanella, deceduto improvvisamente lo scorso marzo.
A raccontare la storia più recente fatta di coraggio e amore per la propria terra sono Simona e Alessio Bucci, i proprietari del famoso Albergo e ristorante Roma, uno dei simboli della accoglienza di Amatrice. Il loro papà, Arnaldo, scomparso lo scorso anno, era il famoso 'Mago dell'Amatriciana': ha cucinato per tanti personaggi e col suo famoso catering ha servito, politici, capi di Stato e lo stesso papa Giovanni Paolo II.
Il terremoto del 2016 aveva distrutto il ristorante, eppure nei tendoni dell'emergenza era stato proprio Arnaldo Bucci a preparare i pasti per soccoritori, protezione civile e vigili del fuoco.
Ed è stato sempre lui, insieme ai figli e alla moglie Maria, il primo a ripartire all'interno dell’area del Gusto di San Cipriano, una sorta di cittadella allestita poco distante dallo storico locale e che ospita i principali locali presenti ad Amatrice prime delle terribili scosse. Un modo per riconquistare la normalità perduta facendo il proprio lavoro.
Negli occhi di Simona si legge l'orgoglio per non essersi arresi e per avere rimesso in piedi l'attività, per ora solo di ristorazione, in attesa della ricostruzione dell'albergo. Il suo è un appello forte a non dimenticare Amatrice, a mantenere i riflettori accessi su un territorio che sta tentando con le unghie e con i denti di 'tenere botta' come si direbbe qui, nella Emilia Romagna segnata da un simile disastro. 'Il Covid ha reso la situazione ancor più difficile, ma non ci arrendiamo - spiega Simona -. Servono certo politici illuminati che lavorino su ricostruzione, isolando le storture che si sono registrate purtroppo anche in termini di finanziamenti non dovuti, ma abbiamo soprattutto bisogno che Amatrice non venga dimenticata, dagli italiani e dai turisti. Senza di loro non possiamo sperare di resistere in attesa di una vera ricostruzione'.
Il fratello di Simona, Alessio, è rimasto sotto le macerie durante il terremoto. E' stato 40 giorni in coma, ma si dice fortunato ugualmente. 'Come diceva nostro papà, siamo fortunati. Abbiamo perso tutto, certo, ma nessuno della famiglia ha perso la vita a causa del sisma. Dobbiamo rimboccarci le maniche ancora e pensare a risolvere i problemi, perchè nessuno li risolve al posto nostro. Questo ci ha insegnato nostro papà e questo cerchiamo di mettere in pratica tutti i giorni'.
Cinzia Franchini
Redazione Pressa
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