Opinioni Parola d'Autore

Giustizia, separazione carriere: ecco perchè è la madre di tutte le riforme

Giustizia, separazione carriere: ecco perchè è la madre di tutte le riforme

Perchè l'arbitro dovrebbe giocare la partita processuale di matrice accusatoria indossando la stessa maglia della squadra dell’accusa?


4 minuti di lettura

Spazio ADV dedicata a Udicon
Spazio ADV dedicata a APP LA PRESSA
La separazione delle carriere è la madre di tutte le riforme: chi dice il contrario mente sapendo di mentire.
Secondo un noto 'magistar', alla base della proposta di legge costituzionale in materia di separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri vi sarebbe «l’idea strisciante e non molto nascosta di controllare il pubblico ministero».
In che senso? Nel senso che il vero intento della riforma, nell'ottica dell’anzidetto noto 'magistar', sarebbe quello di «normalizzare la magistratura». Ovvero e detto altrimenti, di fare sì che i magistrati non vadano a «mettere il naso oltre la scrivania», ma lavorino, invece, «solo su ciò che arriva sul loro tavolo».
Ora: io comprendo che, nel mondo, vi sono sempre stati «più dottori di onestà [intellettuale] che uomini onesti [intellettualmente]» (G.C. Lichtenberg). Ma il punto è: di cosa si sta discorrendo 'di grazia'?
Rewind.
Fino all’anno 1989, in Italia, vigeva il processo penale di matrice inquisitoria. La specificità del rito inquisitorio è presto detta. Nel rito inquisitorio, non vi è nessuna distinzione tra accusatore e giudice:
chi accusa(va), nel caso italiano, e(ra anche) il giudice istruttore;
chi giudica(va), nel caso italiano, e(ra anche) il giudice istruttore.Nell’anno 1989, in Italia, entra(va) in vigore il nuovo codice di procedura penale e, con esso, il processo penale di matrice accusatoria.
Spazio ADV dedicata a Giovedì gastronomici
La specificità del rito accusatorio è presto detta.
Nel rito accusatorio, vi è assoluta distinzione tra accusatore e giudice:
chi accusa, nel caso italiano, è il pubblico ministero;
chi giudica, nel caso italiano, è il giudice.Ora: se quanto precede è corretto, il punto è: se, vigente il vecchio codice di procedura penale e, con esso, il processo penale di matrice inquisitoria, era semplicemente naturale che chi accusava e chi giudicava fossero colleghi, vigente il nuovo codice di procedura penale e, con esso, il processo penale di matrice accusatoria, è altrettanto semplicemente naturale che chi accusa sia distinto e distante da chi giudica.
Diciamolo più chiaramente ancora: se dovessimo disegnare sulla carta l’archetipo del processo penale di matrice accusatoria, mutuando la sistematica del gioco del calcio, dovremmo dire che, nella partita processuale di matrice accusatoria, a scendere in campo sono:
una squadra A, rappresentata dall’accusa;
una squadra B, rappresentata dalla difesa;
un arbitro, rappresentato dal giudice.Orbene.
Perché l’arbitro – i.e. il giudice – dovrebbe giocare la partita processuale di matrice accusatoria indossando la stessa maglia della squadra A, ovvero quella dell’accusa?
Questa è la domanda.
Spazio ADV dedicata a Onoranze funebri Simoni
Domanda, questa, alla quale fa da pendant una risposta che, così impostata la questione, si appalesa finanche autoevidente.
Se abbiamo detto che, secondo il nuovo codice di procedura penale, nel processo penale di matrice accusatoria, vi deve essere assoluta distinzione tra accusatore e giudice, come può il giudice, ancora oggi – i.e. a distanza di trentasei anni dall’entrata in vigore dello stesso –, vestire quotidianamente la stessa maglia dell’accusa – i.e. del pubblico ministero – nel giocare la partita processuale di matrice accusatoria?
Se, nel gioco del calcio, un arbitro non imparziale, per questo solo, non sarebbe considerato un arbitro, come può, nel gioco del processo penale di matrice accusatoria, un giudice non imparziale, per questo solo, essere (ancora oggi) considerato un giudice?
La separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri, in sostanza, è davvero tutta qui.
È davvero tutta qui semplicemente perché, a voler essere intellettualmente onesti, null’altro rappresenta se non la naturale evoluzione degli assetti processuali conseguente all’entrata in vigore, già trentasei anni or sono, del nuovo codice di procedura penale.
Negare ciò, a ben guardare, significa negare l’evidenza. Un’evidenza, questa, evidente anche alla stessa magistratura anche associata. Che la stessa magistratura anche associata nega per evidenti ragioni di potere.
Spazio ADV dedicata a Acof onoranze funebri
L’affermazione in base alla quale, alla base della proposta di legge costituzionale in materia di separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri, vi sarebbe «l’idea strisciante e non molto nascosta di controllare il pubblico ministero» non è sostenibile.
Non lo è oggettivamente. Perché l’anzidetta proposta di legge costituzionale è stata anzi pensata anche per potenziare l’autonomia e l’indipendenza del pubblico ministero.
Basti considerare, in proposito, come la stessa preveda addirittura la creazione di due distinti organi di autogoverno – i.e. di due distinti Consigli superiori della magistratura –, il secondo dei quali dedicato esclusivamente alla magistratura requirente – i.e. al pubblico ministero –. A conti fatti, non vi è davvero nessuna ragione per ostacolare una riforma, quella avente ad oggetto la separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri, che, qui giunti, si appalesa semplicemente doverosa. Semplicemente doverosa nella semplice ottica di arrivare finalmente ad avere, anche in Italia, un processo penale finalmente giusto. Intendendosi qui per «processo penale finalmente giusto» un processo penale finalmente presieduto da un giudice davvero distinto e davvero distante dal pubblico ministero. E, dunque, da un giudice finalmente davvero imparziale.
Guido Sola
Foto dell'autore

Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia. Dottore di ricerca in Scienze penalistiche presso l’Università degli Studi di Trieste. Già assegnista di ri...   

La Pressa
Logo LaPressa.it

Da anni Lapressa.it offre una informazione indipendente ai lettori, senza nessun finanziamento pubblico. La pubblicità copre parte dei costi, ma non basta. Per questo chiediamo a chi quotidianamente ci segue di concederci un contributo. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di lettori, è fondamentale.