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Settant'anni di Repubblica popolare cinese

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L'ascesa della Cina è legata al destino del suo capo di Stato. Il presidente Xi Jinping ha imposto una narrazione basata sul riscatto nazionale


Settant'anni di Repubblica popolare cinese
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Esattamente 70 anni fa, al termine di una sanguinosa guerra civile tra comunisti e nazionalisti, venne proclamata a Pechino la Repubblica Popolare di Cina. I nazionalisti di Chiang Kai-Shek, sconfitti, fuggirono a Taiwan (nota anche come Formosa), un'isola al largo della costa meridionale cinese, dove stabilirono la sede del governo della Repubblica di Cina, la quale venne proclamata nel 1912 in seguito alla fine dell'impero.

Dal 1949 esistono quindi due Cine. La Repubblica Popolare di Cina, quella che è colloquialmente definita Cina, con capitale Pechino, autoritaria e comunista, e la Repubblica di Cina, colloquialmente nota come Taiwan, con capitale Taipei, democratica e riconosciuta ufficialmente da pochissimi Stati. La controversia sulle due Cine è una questione ancora irrisolta, una conseguenza dell'esito della guerra civile che si trascina da 70 anni esatti.

In occasione delle celebrazioni tenutesi a Pechino, il presidente Xi Jinping non ha perso l'occasione per ribadire l'inevitabilità della riunificazione di Formosa al resto del paese. Pechino considera la Repubblica di Cina una provincia separatista e non ha mai escluso l'uso della forza per eseguire la riunificazione.

La vittoria dei comunisti cinesi e la proclamazione della Repubblica Popolare sconvolsero gli equilibri globali della guerra fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Il comunismo andava affermandosi in Asia orientale e doveva essere contenuto a tutti i costi per evitare l'effetto domino. La dottrina del contenimento verrà applicata dagli Stati Uniti nel 1950 quando la Nord Corea comunista invase il Sud nel tentativo di riunificare la penisola ma Washington non riuscì ad impedire la vittoria dei comunisti sul continente cinese nel 1949.

La Repubblica Popolare non venne riconosciuta dagli Stati del blocco occidentale e il seggio cinese alle Nazioni Unite venne occupato dalla Repubblica di Cina.

Poi a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta ci fu la svolta. Nel 1969 si aprì una frattura nei rapporti tra Pechino e Mosca nella quale si inserì Washington. Intenzionati ad approfondire le distanze tra le due grandi potenze comuniste, gli Stati Uniti avviarono le relazioni diplomatiche con la Repubblica Popolare cinese e la riconobbero. Pechino sostituì Taipei nel Consiglio di Sicurezza dell'Onu e così la Repubblica Popolare venne ammessa nella comunità internazionale. La distensione tra Washington e Pechino toccò l'apice nel 1972 quando il presidente Richard Nixon si recò in visita in Cina.

A 70 anni esatti dalla sua proclamazione, che dire della Repubblica Popolare cinese? Dire che è cambiata radicalmente è scontato. Ciò è vero per qualsiasi paese. Oggi, parlando di Cina, il dato che più colpisce è il peso assunto da Pechino nelle relazioni internazionali. Detto altrimenti, forte della poderosa crescita economica degli ultimi tre decenni, la Cina ha progressivamente rafforzato il suo status internazionale e ora vuole tradurre in termini politici la sua potenza economica. Pechino vuole affermarsi come grande potenza riverita dagli altri Stati e per fare ciò sta estendo la sua influenza in giro per il globo.

Il progetto della Belt and Road Iniative (Bri), annunciato dal presidente Xi Jinping nel 2013, punta esattamente a rafforzare la presenza cinese nell'arena internazionale – a partire dall'intorno regionale – attraverso ricchi piani di investimenti in infrastrutture. Le vie della seta del XXI secolo – nome colloquiale della Bri – hanno anche un risvolto finanziario poiché le opere infrastrutturali sono finanziate da banche cinesi.

Il peso della Cina nelle relazioni internazionali è tale per cui gli Stati Uniti vedono in Pechino il principale competitore strategico. Gli Stati Uniti temono che la Repubblica Popolare destabilizzi l'ordine nell'Indo-Pacifico, delegittimandoli nel loro ruolo di tutori dello status quo e delle rotte commerciali marittime. In questo senso, Washington, insieme a diversi paesi della regione, tiene d'occhio la Cina per le sue rivendicazioni su Taiwan e nel Mar Cinese Meridionale. In questo mare, strategico dal punto di vista commerciale ed energetico, i cinesi hanno costruito isole artificiali con installazioni militari e occupato isole disabitate rivendicate anche da altri paesi.

La guerra commerciale scatenata dal presidente Donald Trump è molto di più di un regolamento di conti. Considerarla una punizione inflitta alla Cina perché quest'ultima ha adottato pratiche commerciali e monetarie scorrette è riduttivo. La guerra commerciale è un campanello d'allarme: la partita strategica del secolo tra Stati Uniti e Cina è cominciata. Washington è passata all'offensiva per contenere l'ascesa economica cinese, che si traduce in maggiori risorse da investire all'estero e nel potenziamento militare. La posta in gioco è alta ed escludere un eventuale degenerazione bellica, anche solo limitata allo stretto di Taiwan, è da ingenui.

L'ascesa della Cina è legata al destino del suo capo di Stato. Il presidente Xi Jinping ha imposto una narrazione basata sul riscatto nazionale. Dopo il secolo delle umiliazioni (1839-1949), caratterizzato dalla dominazione straniera, europea e giapponese, si è aperto un nuovo secolo che vedrà il risorgimento della Cina come attore cruciale della politica internazionale, sole di un nuovo ordine. Un ruolo che le spetta di diritto essendo una civiltà con cinquemila anni di storia ed essendo il paese più popoloso al mondo. La riacquisizione dell'indipendenza e la vertiginosa crescita economica sono i primi passi verso il riscatto definitivo della nazione. Per concretizzare questo sogno cinese la Repubblica Popolare deve compiere la riunificazione di Formosa, con le buone o con le cattive.

Xi Jinping sta investendo tutta la sua carriera politica nel progetto del riscatto nazionale. In ogni caso è destinato probabilmente a lasciare un'eredità pesante sulla storia della Repubblica Popolare, probabilmente secondo solo a Mao.

A 70 anni dalla sua proclamazione, la Repubblica Popolare di Cina si è già imposta come grande potenza dell'attuale ordine internazionale, seconda solo agli Stati Uniti. Il presidente cinese è carico di ambizioni ma non può ignorare le debolezze del suo paese (si vedano le proteste degli ultimi mesi a Hong Kong). Xi Jinping realizzerà il sogno cinese? Come si svilupperà la rivalità tra Stati Uniti e Cina? I prossimi 30 anni saranno senz'ombra di dubbio densi di eventi significativi per l'attuale ordine internazionale.

Massimiliano Palladini

Redazione Pressa
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La Pressa è un quotidiano on-line indipendente fondato da Cinzia Franchini, Gianni Galeotti e Giuseppe Leonelli. Propone approfondimenti, inchieste e commenti sulla situazione politica, ..   Continua >>


 
 
 
 

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