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Heysel, 32 anni fa la tragedia

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Quell'episodio segnerà, di fatto, un punto di non ritorno per il calcio. Una tragedia di tali dimensioni in diretta mondiale ed in una manifestazione di tale importanza, sembr? risvegliare l'intero mondo del calcio e non solo. L'Inghilterra in particolare, esclusa poi per anni dalle Coppe europee, cominci? un'opera di repressione della violenza negli stadi che porterà notevoli risultati. Molto meno si farà, tanto per cambiare, nel nostro paese, nel quale all'indomani della tragica serata, il cordoglio lascerà presto il passo alle polemiche di campanile


Heysel, 32 anni fa la tragedia
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“La partita verrà commentata in tono il più neutro, impersonale e asettico possibile”. Queste sono le parole con le quali Bruno Pizzul aveva ripreso la telecornaca della partita, dal momento che le autorità avevano deciso che si sarebbe comunque giocato. In un clima surreale, con i morti adagiati a pochi metri dal campo di gioco. 'Ragioni di sicurezza', si dirà, anche se la ragione, quella sera, sembrava ben lontana da Bruxelles...

Il Giugno brussellese è una stagione temperata. Non fa caldo, ma le giornate sono lunghe. Il 29 di maggio, di quel 1985 non fa eccezione. Tante sono le persone che, partite dall’Inghilterra o dall’Italia si sono “date appuntamento” allo stadio Heysel di Bruxelles, impianto inaugurato nel 1929, non certo moderno. L’occasione è la finale della Coppa dei Campioni, che si deve giocare tra le squadre della Juventus e quella del Liverpool.

  I giocatori inglesi sono oramai abituati alle finali europee come questa, mentre per gli italiani, finiti i tempi d’oro del Milan e dell’Inter negli anni ‘60, il traguardo è molto più difficile e raro.  Per la Juventus, in particolare poi, questa è la terza finale, ma ancora nessuna 'coppa con le orecchie' è finita in bacheca. L’aspettativa in casa bianconera è altissima. La squadra è molto forte, l’ambiente sente che mai come questa potrebbe essere la volta buona, quindi nessuno in Italia ha voluto perdere l’occasione di essere presente a quello che, sono sicuri, sarà una serata di spettacolo e di trionfo.

Nel tardo pomeriggio lo stadio comincia a riempirsi, alla fine saranno quarantamila le persone sugli spalti. Lo stadio Heysel non è nuovo a queste manifestazioni, ha ospitato altre 4 finali di coppa dei Campioni , oltre alla finale del Campionato Europeo del 1972 e diverse altre grandi manifestazioni.

E’, in sostanza, lo stadio principale del Belgio. Ma questa volta a complicare il difficile lavoro di controllo sulla sicurezza arrivano i temibili tifosi inglesi, negli ultimi anni particolarmente 'agitati'. Definitisi con un  nome che diverrà presto celebre ed indicativo in tutto il mondo, i cosiddetti 'hooligans', in inglese sinonimo di teppista, dimostreranno la completa inefficienza ed impreparazione del sistema di sicurezza belga. L'organizzazione prevedeva come di consueto la sistemazione dei tifosi più 'caldi' nelle opposte  curve, ma il settore contiguo alla curva che ospita i tifosi di sua Maestà, il famigerato settore Z, venne destinato ad una libera occupazione senza controllo, per cui in quel settore verranno a trovarsi spettatori belgi, tanti tifosi italiani e addirittura una frangia di tifosi della squadra inglese del Chelsea, dal lugubre appellativo, assai evocativo, di “cacciatori di teste”. Il mix, ma ancor più la vicinanza tra settori così diversi sarà, come era presumibile, deleterio. Attorno alle 19, i tifosi del Liverpool si spingono verso il settore Z riuscendo a divellere la fragile barriera di divisione e spingendosi verso il settore occupato dagli spettatori, perlopiù italiani, ed inermi. Gli ospiti del settore vengono incoscientemente trattenuti, dalla polizia, all'interno del settore a manganellate, innescando una pericolosissima calca. Ad un certo punto il muretto che delimita gli spalti dal campo, cede sotto la enorme pressione e centinaia di persone vengono schiacciate da quella marea umana in movimento impazzito. E' il caos! Chi non è riuscito a gettarsi dalle balaustre o a scappare dalla massa in fuga, rimane irrimediabilmente intrappolato. A piu di un ora dall’inizio dei disordini, con incomprensibile e colpevole ritardo, arrivano finalmente i rinforzi della polizia a cavallo a ristabilire l’ordine, ma il dramma si è già consumato. Trentanove saranno le persone a perdere la vita, i più in seguito allo schiacciamento.

La notizia arriva in Italia dopo le nove della sera. Chi era davanti allo schermo quel pomeriggio, ricorderà infatti che la televisione, senza interrompere la telecronaca, impose al telecronista di giustificare il ritardo dell‘inizio della partita con imprecisati motivi tecnici . Il telegiornale tuttavia manderà in onda immagini e notizie dell'accaduto, per cui non sarà possibile nascondere oltre la verità. Con dinamiche che possono stupire o sfuggire, se non si considera un mondo senza cellulari e ancora ben lontani dalle connessioni internet, le notizie possono ancora essere nascoste senza particolari difficoltà. In quel momento, poi, la confusione sembrava regnare assoluta allo stadio Heysel quella sera. Basti pensare che un giornale come la Gazzeta dello Sport titolerà di 47 morti e alcuni importanti errori in merito alla dinamica del disastro.  Alcune persone superstiti del settore Z sono addirittura costrette a rivolgersi alla sala stampa per potere telefonare o comunicare coi famigliari. La partita viene comunque iniziata, alle 21 e 40 circa, in una atmosfera surreale e senza la certezza che il risultato sarebbe poi stato omologato. Risultato  il quale vedrà, per dovere di cronaca, la Juventus vincere per 1 a 0, vittoria poi confermata e aggiudicata.

Quell'episodio segnerà, di fatto, un punto di non ritorno per il calcio. Una tragedia di tali dimensioni in diretta mondiale ed in una manifestazione di tale importanza, sembrò risvegliare l'intero mondo del calcio e non solo. L'Inghilterra in particolare, esclusa poi per anni dalle Coppe europee, cominciò un'opera di repressione della violenza negli stadi che porterà notevoli risultati. Molto meno si farà, tanto per cambiare, nel nostro paese, nel quale all'indomani della tragica serata, il cordoglio lascerà presto il passo alle polemiche di campanile. Mentre così ben presto il fenomeno della violenza nel calcio inglese venne decisamente represso, l'Italia vide ancora numerosissimi gli episodi di violenza.

A distanza di tanti anni non tutti riescono ancora a distinguere tra il tifo e l’umanità di chi era allo stadio in quel maledetto settore. Non tifosi della juventus, persone. Tra le quali, ad esempio, un bambino di dieci anni. Aveva realizzato il sogno della sua giovane vita di assistere alla partita più importante. Sognava di raccontare agli invidiosi compagni di scuola di avere visto Platini alzare la Coppa, ma è morto schiacciato dal corpo del suo papà, anche lui morto, Il quale nulla ha potuto sotto quella valanga umana… 39 vite, 39 storie . Fino a quando queste trentanove persone rimarranno nella mente della gente come altrettanti tifosi, fino a chè non riusciremo a considerare quelle vite i morti di tutti, non potremo dire vinta la guerra contro la violenza. O per meglio dire, contro la distorta percezione del calcio.

Mirko Ballotta


Redazione Pressa
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