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Antenna Uno Rockstation: intervista a Stefano 'Cocco' Covili

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Le serate al Pakko e al Mascotte, il mito dei CCCP e dei CSI. Parla lo storico dj della radio di riferimento per la scena alternativa a Modena e non solo


Antenna Uno Rockstation: intervista a Stefano 'Cocco' Covili
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Nel 1977 a Fiorano nasce Radio Antenna Uno Rockstation, Massimo e Stefano Nocetti sono tra i fondatori. Solo due anni prima esplode in Italia il fenomeno delle radio libere, l'obiettivo è spezzare il monopolio della Rai. Agli inizi Antenna Uno era una radio 'generalista', non ancora inquadrata, senza un'impronta culturale chiara, poi arriva il punk e la radio si trasforma, si dà un'identità e diventa un punto di riferimento per quella scena alternativa che stava montando anche a Modena e provincia. Una nicchia ma ben agguerrita, a Modena e provincia, ci sono tante persone che ascoltano musica ma anche parecchia gente che suona; lo stesso Stefano Nocetti suonava il basso negli Afrodisia Città Libera, band di Sergio Giacomini. Tra il 1980 e il 1987 furono un punto di riferimento per la new wave italiana, pubblicarono per la I.R.A. Records di Firenze, la stessa di Litfiba e Diaframma.

 

 
Di Antenna Uno Rockstation, ma non solo, ho parlato con Stefano 'Cocco' Covili storico DJ della radio.
 
'Nei primi anni '80 mi approccio alla scena alternativa grazie a Rocca Radio di San Felice sul Panaro, ci trasmetteva Vanni Neri; poi lui si trasferì ad Antenna Uno e io cominciai ad ascoltare quella radio e frequentare i locali collegati come il Pakko di Castelvetro. Il locale più improbabile che uno si potesse immaginare, un ex magazzino, in pieno centro, arrangiato alla bell'e meglio come locale, con un palco e delle situazioni che adesso farebbero rizzare i capelli.  Ricordo un concerto dei Litfiba dove Piero Pelù si prese la scossa dal microfono e Stefano Nocetti staccò la corrente al volo. Locale molto spoglio, si trovavano quelli della radio e pochi altri, forse una ventina di persone, ballavamo col cappotto perché non c'era il riscaldamento. Poi grazie ai concerti il nome comincia a circolare, Diaframma, Litfiba, Sex Gang Children, due volte la band inglese degli Opposition, che per me e rano bravissimi.

 

 
Mi sentivo parte di quell'onda montante e ad un certo punto mi proposi per un provino davanti al microfono, andò bene e iniziai a trasmettere. Era il 1985, durò fino al 1990, poi ho ripreso nel 2017, mi hanno contattato i nuovi proprietari per il quarantennale e da lì ho ricominciato, ci ho ripreso gusto;  è uno stimolo per rimanere dentro al tuo tempo, se ti allontani rischi di rimanere nel tuo orticello e di non notare cosa avviene nel mondo e poi di cose ne accadono tante e di belle. Questo è stato lo stimolo per ascoltare cose nuove, sono rinato da questo punto di vista. 
 
Il legame della radio con i locali nasce da subito, il Pakko apre nel 1983/84, ma la politica è sempre stata quella si sostentarsi con gli eventi, concerti, serate, dj set. Ad esempio nel 1983 in uno spazio che si chiamava Titanic, a Fiorano, dietro il cimitero, organizzammo un concerto dei CCCP Fedeli alla linea, all'epoca un fenomeno locale tra Reggio e Sassuolo. Non so dirti se agli inizi facessero pubblicità più tradizionali, ma da quando ha avuto una chiara impronta marginale, nel DNA non c'era la pubblicità. Si parlava, si ascoltava musica e si promuovevano gli eventi collegati alla radio. Con questa politica non abbiamo mai avuto problemi finanziari, alle serate venivano da varie provincie, dopo il Pakko, lo Sky di Soliera e le 4/5 stagioni al Mascotte, una bomba,  venivano anche dalla Toscana, facevamo una media di tremila persone dentro. 
 
Parlami dei CCCP, dopo il Pakko, organizzaste altri loro concerti?
Sì, anche al  Mascotte, avevano firmato con la Virgin ma non erano cambiati, lo stesso vale per i CSI. Ricordo una forte contestazione quando fecero da supporto ad un tour di Jovanotti, ma loro sono sempre rimasti gli stessi. Io poi non ci vedo niente di male a suonare davanti a 20mila persone che non ti conoscono, magari a qualcuno lasci qualcosa. Un bellissimo ricordo fu un concerto dei CSI negli anni '90 a Bologna, palazzetto stracolmo, nei bis fecero Sp ara Jurij e Live in Punkow, il pubblico iniziò a pogare impazzito. In quel momento mi ricordai dei loro concerti al Pakko davanti a 50 persone. Una cosa che mi diede una botta emotiva incredibile, ero stato testimone di tutto il loro percorso. I CSI negli anni '90 sono diventati poi un punto di riferimento, un aggregatore per tutto l'indie italiano tramite il Consorzio Produttori Indipendenti. Marlene Kuntz, Ustmamo, Disciplinatha. In quel momento sembrava che l'indie italiano dovesse spaccare il mondo, Tabula rasa elettrificata che nel 1997 diventa numero uno in classifica, in anni in cui i dischi si vendevano davvero. Poi tutto è finito, ma l'impronta lasciata da Ferretti,  Zam boni e Maroccolo è stata una co sa dirompente. A posteriori sulla figura di Giovanni, debbo dirti che era abbastanza palese da subito che lui fosse un mistico. Quell'approccio alla vita oltre la musica. La sua fascinazione per l'Unione Sovietica era soprattutto estetica, molti non l'avevano compreso e lo inserivano a sinistra, era qualcosa d'altro, ma in quegli anni e in quel clima era difficile capirlo.
 
Gli altri musicisti dell'epoca che rapporto avevano coi CCCP?
I CCCP hanno da sempre avuto un rapporto conflittuale con la 'scena alternativa', quando firmarono con la Virgin circolava lo slogan 'Fedeli alla lira'. Quando poi in realtà la Virgin gli diede massima libertà espressiva, ma ci furono forti contestazioni, ricordo ad esempio una volta al Leoncavallo di Milano, lanci di ortaggi e bottigliette da parte di certe frange fondamentaliste della scena. Giovanni recitò la famosa frase: io non sono quello che pensate voi. La gente si incazzò ancora di più. Qualcuno però capì la forza dirompente che avevano avuto i CCCP, ricordo ad esempio un tour in Unione Sovietica, CCCP e Litfiba in cui Gianni Maroccolo e Ringo De Palma dei Litfiba furono folgorati in particolare da Giovanni e dal loro progetto, uscirono dai Litfiba ed entrarono nei CCCP per l'ultimo disco  Epica Etica Etnica Pathos del 1990, si portarono dietro anche Francesco Magnelli musicista ed arrangiatore e Giorgio Canali che allora era un fonico dei Litfiba e poi divenne la seconda chitarra dei CCCP. Il racconto era che finita l'USSR erano finiti i CCCP,  ma in realtà non finì il progetto perché poi ci furono Le notti di Maciste con loro che si ritrovarono a suonare a Prato come CSI. Successivamente si aggiunse Ginevra Di Marco.
C'è una bellissima video intervista di Andrea Nocetti figlio di Massimo, attuale presidente della radio, a Ferretti, durante una mostra di Andrea Chiesi. Giovanni non par la mai di  Antenna Uno, usava dire la Radio con la R maiuscola, questo per dire il ruolo della nostra radio allora. Giovanni ricordava che quando vivevano tutti a Fellegara, in una sorta di comune, non avevano il telefono. Allora lui prendeva  il motorino e raggiungeva la c abina telefonica più vicina per fare le sue richieste alla 'radio'.
 
Quand'è che avete capito l'importanza della radio per le persone?
All'inizio con le dediche, poi il vero riscontro lo abbiamo avuto con i locali, prima il Mascotte poi l'Oasis. Arrivava gente da posti che non erano raggiunti dal segnale della radio. Quando ti ritrovi gente dalla Lombardia o dalla Toscana, capisci che eri diventato qualcos'altro.  Per me fu una cosa davvero emozionante, adesso è più facile coi social, vedi subito le reazioni. Allora era qualcosa di lungo periodo. In quegli anni avevo due programmi uno musicale il lunedì e il venerdì dalle 18 alle 20 e poi il venerdì notte dalle 21 ad esaurimento creatività, un programma prettamente demenziale insieme ad altri ragazzi. Grazie a quel programma ad esempio, capii l'empatia che si era creata con gli ascoltatori in quegli anni, ricordo una ragazza che ci spediva lettere scritte su un calzino, gente che debordava da quel programma e finiva in quello musicale. Claudio con gli occhiali, che poi divenne  speaker della radio, ci sia mo conosciuti negli spazi richiesta della radio. All'inizio faceva dediche normali, poi entrando in sintonia con certe cose demenziali che facevo, incominciò a fare richieste assurde. ne ricordo una, si spacciava come ricercato re dell'MIT e presentava le sue invenzioni, una volta mi parlò della banconota double face, da un lato 5000 lire e dall'altro 1000 lire, puoi comprare un oggetto che costa 4000 lire, pagare con il lato da 5000 e farti dare il resto con il lato da 1000. Condividevamo l'amore per la musica, non c'era nulla di costruito, un forte legame tra ascoltatori e conduttori. Tutti riconoscevano che i dj erano lì con l'amore di trasmettere delle emozioni, umanità, niente di calato dall'alto.
 
Cosa pensi delle radio di adesso?
Soprattutto per quanto riguarda la musica, i dj non sono davvero liberi di dire quello che pensano, le case discografiche pagano per avere tot passaggi in radio e i dj non possono commentare negativamente il pezzo. Tutto è molto finto, i conduttori non possono permettersi una vera e propria libertà di espressione, radio come Antenna Uno ce l'hanno, perché economicamente non dipendiamo dalle etichette o dagli artisti che passiamo. La storia della radiofonia italiana nasce con il concetto di radio libere, poi si è cominciato a parlare di radio private, questa differenza è sostanziale, privato sottintende che fa gli interessi di qualcuno. Le radio più grosse non possono permettersi di essere 'libere'. 
 
Nei primi anni '80 avevi altre fonti per aggiornarti sulle uscite musicali e sulle tendenze? Io, ad esempio, guardavo sempre Videomusic e programmi come Deejay Television.
Ancora prima di Videomusic mi guardavo tutte le settimane Mister Fantasy di Carlo Massarini, erani i primi anni in cui si parlava di video musicali. Il primo tentativo di realizzare qualcosa di multimediale. Da Massarini vidi all'epoca video sbalorditvi, quelli degli Ultravox, The voice e Vienna. Tra l'altro scoprii che Carlo Massarini era uno inserito nella scena musicale italiana come fotografo e giornalista, soprattutto quella prog. Poi arrivò Videomusic, nel 1982 conobbi i Cure col video di A forest e comprai subito Seventeen Seconds e mi si aprì un mondo. I Cure li amo ancora. 

Quali sono i tuoi artisti preferiti?
Musicalmente sono nato con i Genesis, gli Yes,  Van der Graaf Generator che in quell'ambito mi spalancarono un universo, poco attenti al gusto estetico, viscerali. testi apocalittici. Peter Hammill è forse l'artista che mi ha segnato di più la vita, poi però dopo è arrivato il punk che ha sbaragliato tutto. Mi ha spalancato una porta nuova, ricordo quando comprai Closer dei Joy Division, rimasi folgorato. I primi tre album dei Cure e Disintegration . I CCCP e i  CSI, i Sigur Rós.
 
Tra i dj di Antenna Uno, c'era chi faceva viaggi a Londra, Berlino o in altre città per comprare dischi e conoscere le nuove tendenze?
In radio c'era chi andava a Londra per andare a fiutare che aria c'era, Max tutti gli anni; aveva la capacità di capire quello che stava per succedere. Io non sono mai andato prima degli anni '90. Max, Vanni, Luisa Parenti andavano spesso. Se rimanevi in Italia potevi informarti tramite Rockerilla oppure venivi in stazione a Modena e compravi il Melody Maker e il NME. Chiaramente andare sul posto era un'altra cosa, potevi parlare direttamente coi ragazzi, coi punk coi dark.
 
Nei miei ultimi viaggi in Europa non sono rimasto colpito da scene 'alternative' particolarmente interessanti. Cosa ne pensi?
Lo spartiacque è stato il 1989, prima c'era culturalmente qualcosa che con orgoglio poteva definirsi alternativo al modello occidentale. Il punk, il dark erano alternativi, si rifletteva nella musica ma partiva da modi alternativi di concepire la vita, dopo il 1989 c'è stato il pensiero unico, Parlare di alternative fa sorridere, parlare di indie fa sorridere. All'epoca l'indie voleva essere un modo diverso di vivere con la musica senza sottostare alle major, nessuno voleva firmare con una major se partivi da una sponda alternativa. Adesso si definiscono alternativi ma poi vogliono un contratto con le major, si fa musica per arrivare su un palco con sotto migliaia di persone, allora succedeva ma non era il fine ultimo. Negli anni '80 c'era una forte dicotomia tra chi ascoltava new wave, punk e quelli che ascoltavano i Duran Duran, c'era un abisso ideologico. Ora se vai ad una serata anni '80 mescolano i Cure, i Joy division, i Sister of Mercy con i Duran, Den Harrow e la italo disco. Tutto è mescolato, sdoganato. C'è un calderone unico.
 
Anche la tecnologia ha cambiato le cose, adesso ci sono gli stessi software che fanno uscire gli stessi suoni, dal disco di Ramazzotti alla pseudo indie, a fino a Calcutta. Questo è un appiattimento, un riflesso del pensiero unico. Un modo di asservire la creatività ad una logica di mercato. Aggiungi anche il fatto che adesso l'ascoltatore ha tutto a disposizione, questa cosa diventa per chi ama la musica una forma di bulimia, cerchi di ascoltare il più possibile. Diventa un incentivo alla superficialità. Fai fatica ad entrare dentro ai dischi. Quando ero ragazzo compravo 3/4 dischi al mese, e li svisceravo, ci entravo dentro. Mettevi su il vinile, ti leggevi i testi e ti facevi i tuoi viaggi. A volte compravo i dischi per la copertina o perché ne avevo letto bene, magari subito non mi piaceva, ma lo riascoltavo e dopo arrivavo a tirarci fuori qualcosa. Adesso hai troppi dischi da ascoltare, tutto un processo che porta alla superficialità dell'ascolto. Poi aggiungi un appiattimento delle proposte, questo è devastante. 
 
Questo scenario dà più importanza a radio come Antenna Uno e a dj come te.
Questo per radio come Antenna Uno è importante, la funzione del dj è di guida, un punto di riferimento all'interno di un universo che è vasto. Poi ci sono anche i negozi di dischi, vivere all'interno del negozio era importante, diventavi amico del negoziante, ascoltavi i dischi, ti confrontarvi con gli altri avventori. A Modena c'è Dischi in Piazza e per fortuna che c'è Roberto. Ricordo i pomeriggi al Disco Club, dalla Pina, mi hanno fatto crescere. L'alternativa adesso sono radio come Antenna Uno, io spero di poter dare degli input a chi mi ascolta, io faccio radio sostanzialmente per quello. Quando qualcuno mi scrive un commento sotto un post e mi dice che ha apprezzato una mia proposta, questo è lo scopo di chi fa radio.

Stefano Soranna

Foto Francesci Ballestrazzi

Stefano Soranna
Stefano Soranna
Mi occupo di comunicazione e pubblicità da un po' di tempo. Su La Pressa scrivo di musica, libri e di altre cose che mi colpiscono quando sono in giro o che leggo da qualche parte. La..   Continua >>

 
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