L'anno scorso c'è stata l'occasione di rimetterci mano, la produzione è mia e di Armony, Al basso Marco 'Bronz' Caretti, al sax Francesco Cinti, aka Spike Mower, per il ritornello la voce calda di Ludovica Zanasi. Un ottimo lavoro di squadra, una band come piace a me, non il classico rapper più dj. La prima strofa l'ho scritta a casa mia, la seconda in giro per Bologna un po' di tempo fa, il ritornello è più recente. Parla di cose che vedo durante le mie passeggiate, un viaggio introspettivo su una base black da atmosfera. Prossimamente usciranno altri singoli, poi c'è l'idea di lavorare su qualcosa di inedito, spero anche di fare nuovi incontri così da mettere le basi per altri progetti e collaborazioni.
Fare rap con una band di musicisti è davvero raro in Italia.
L'idea di una dimensione coi musicisti, non è semplice, ma è quello che amo fare. Negli Stati Uniti se un rapper collabora con un artista rock o pop è normale, io ho questo approccio, più ibrido. Riproporre cose anni '90 stile Jazzmatazz? Perché no.
Quali sono le tue attuali influenze? Cosa ascolti?
Non compro dischi da un po', mi aggiorno principalmente su YouTube, ascolto molto funk, soul, jazz. Oggi di artisti innovativi ce ne sono pochissimi, le ultime cose che ho trovato interessanti sono Tom Misch & Yussef Dayes e Kokoroko, mi piace molto Anderson Paak. In Italia praticamente nulla, ultimamente solo Willie Peyote è vicino a quello che faccio io. Lui mi piace molto, anche se lo preferivo più agli inizi, quando era underground. Per i testi, mi faccio influenzare meno dai libri che leggo, agli inizi usavo anche termini più ricercati, ora voglio esprimermi in maniera universale usando il linguaggio della strada, quello più comune, che possa arrivare al 50enne come al ragazzino adolescente.
Sei un rapper 'consapevole', qual è stato il tuo approccio al rap e alla cultura hip-hop in generale?
Quando ho capito che questa 'cosa' mi apparteneva ho incominciato a studiare, ascoltare dischi, leggere libri, guardare film e documentari. Volevo conoscere tutti i gruppi americani e i pionieri della scena italiana, anche di quella modenese. Ero attratto da tutte le discipline dell'hip-hop, all'inizio giravo per Modena a fotografare i pezzi sui muri della città. Adesso chi si approccia a questa cultura non si informa sulle origini, come è nato l'hip-hop. Magari non sai nulla neanche della scena della tua città, scarichi una base, fai un pezzo e pensi di essere arrivato.
Nel 2013 hai organizzato al Comix di Nonatola una serata hip-hop entrata nella storia, raccontaci com'è nata.
Volevo rendere omaggio a tutta la scena modenese, mi aiutarono i ragazzi di Jimmy Spliff. Era il 19 luglio, per il rap io e i SP16, a ballare i Break to the Future di Sassuolo e la Legend Crew, e poi i principali writers locali, c'erano davvero tutti, suonò anche Max Bello, una serata indimenticabile che purtroppo non ha avuto seguito.
Hai una vita molto intensa, lavori, fai sport a livello professionistico e sei diventato papà da quasi tre anni, che spazio ha la musica nella tua vita?
Faccio ovviamente fatica a ritagliarmi spazi per la musica, ma è una grande passione, In ogni caso non ho mai visto la musica come lavoro, non ho mai pensato di campare con la musica, ma è una parte fondamentale della mia vita.
Parlami dei posti dove fare rap dal vivo a Modena.
I primi tempi facevo freestyle in giro, al parco Amendola ad esempio. Facevamo degli assembramenti come si dice adesso. Poi ho iniziato a suonare nei locali, facevo una o due date a settimana, Amo moltissimo le jam le battle di freestyle invece non mi interessano. Il problema principale è comunque che molti gestori non ti pagano o ti danno qualcosa solo se arriva gente. Non è accettabile, non si può suonare con un band e nessuno ti dà un euro.
Stefano Soranna