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Il ritorno degli AFA (Acid Folk Alleanza), dagli anni '90 al digitale

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Intervista a Fabrizio Tavernelli, quattro dischi incredibili ora online


Il ritorno degli AFA (Acid Folk Alleanza), dagli anni '90 al digitale
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Dopo gli anni '70, gli anni '80, il pop, le avanguardie, il punk, il rap, MTV, una generazione di musicisti di talento ha elaborato tutto e negli anni '90 pubblicato dischi incredibili; tra i gruppi fondamentali, gli AFA, acronimo di Acid Folk Alleanza, la band di Fabrizio Tavernelli, sempre presente nella formazione di Correggio, dal primo all'ultimo disco. A distanza di anni, i quattro dischi su etichetta I Dischi del Mulo sono di nuovo a disposizione dei nuovi e dei vecchi fans, in streaming e download, su tutti i principali store digitali. Ho incontrato Fabrizio per un'intervista, il racconto di una band e di quello che le accadeva attorno, tutto dentro ad un decennio indimenticabile (per chi c'era.)



Gli AFA nascono nel 1993 con il primo disco, qual era la vostra storia precedente e come vi siete formati?
Gli AFA sono la prosecuzione di un progetto precedente, gli En Manque D'Autre, un gruppo folk acido post punk rurale, mischiava la musica popolare con le avanguardie, il noise, la musica elettronica; negli anni abbiamo avuto l'occasione di sfiorarci con Giovanni Ferretti e Massimo Zamboni dei CCCP e grazie ad un amico comune, Guido Lusetti, ci siamo finalmente incontrati; dopo varie partecipazioni ad eventi e concerti, un giorno alla Brasserie di Reggio Emilia, Giovanni e Massimo ci chiesero di entrare nella loro factory. Ci fu subito l'esigenza di cambiare nome e così venne fuori Acid Folk Alleanza, AFA. Dopo Ustmamò e Disciplinatha, dal 1992, anche noi entrammo a fare parte de I Dischi del Mulo. Iniziamo così a lavorare al primo album, Acid Folk Alleanza, che fu tra l'altro prodotto dalla Sugar di Caterina Caselli.


Parlami di Fumana Mandala, il primo disco ad essere pubblicato in digitale, qual era il concetto che ispirava quell'album?
Fumana è la nebbia e noi ne siamo gli abitanti, viviamo in mezzo a questa coltre, che ci isola, l'emiliano è solare ma la nebbia ci porta a viaggi dentro a noi stessi, chiuderti per guardarti dentro, la nebbia come strumento per conoscere altri stati di coscienza, altri mondi. Fissare la nebbia ti porta a considerarla come un mandala, i disegni concentrici che fanno i monaci, un mezzo per viaggiare. Nella nebbia tutto si mescola, Fumana Mandala è un disco quasi dadaista, dove i generi si fondono, zappiano, un calderone di suoni; ci trovi anche i primi esperimenti di campionamento.


Passiamo al terzo album, Nomade psichico, raccontami chi era e se esiste ancora il nomade psichico.
Esisterà sempre, erano i primi tempi di internet, per molti un esordio quasi mistico, i primi esperimenti con la rete, poter comunicare con una persona dall'altra parte del mondo con un mezzo immateriale, un esperimento di percezione extrasensoriale o di parapsicologia; nomade psichico ero però anche io da bambino che abitavo in campagna, una campagna isolata e sperduta, in cui ti immaginavi altri mondi, anche questo era quasi un discorso di nomadismo psichico, come trasformare la campagna in qualcos'altro; poi erano gli anni della diffusione della cyber culture, il cyberpunk dove trovi William Gibson e dove confluivano la vecchia psichedelia di Timothy Leary, la letteratura di fantascienza di Dick, Ballard o il grande beat esoterico che era William Burroughs, si parlava delle mutazioni del DNA, il postumano; il corpo umano che diventava un territorio dove sperimentare degli innesti; scoprire nuove possibilità del cervello e del corpo umano.


Nel 1997 esce Manipolazioni, io lo definisco un laboratorio, ci sono tutti i suoni di quegli anni, condividi questa definizione?
Assolutamente sì, un ampliamento di quello che abbiamo iniziato con Nomade Psichico, un'ulteriore ricerca di suoni; dentro c'era quello che ascoltavamo in quel periodo, soprattutto dall'Inghilterra e dalla Germania, la nuova elettronica legata alla scoperta del campionamento; un nuovo mezzo per sfidare i musicisti, frammenti di musica già esistente mescolati alla musica suonata, era una bella sfida, un laboratorio di manipolazione della musica; la pratica del remix mutuata dal dub giamaicano e dall'hip-hop; un progetto audioalchemico, come diceva il sottotitolo, l'alchimia quindi, un'alchimia tecnologica, trasformare un brano in qualcos'altro. Noi abbiamo remixato brani del consorzio e altri artisti hanno remixato i nostri, più alcuni interventi parlati.

Dopo Manipolazioni, il viaggio in Namibia e quindi l'ultimo disco, Armonico
Nel 1997 eravamo ad un punto di svolta, Nomade Psichico aveva avuto un certo riscontro sia dalla critica che dal pubblico, a quel punto ci viene proposto di pensare ad un progetto che ci potesse far fare un ulteriore salto, un viaggio; siccome stavamo portando avanti un discorso tra sacrale, arcaico e tecnologia, tra i tanti luoghi salta fuori il deserto del Kalahari in Namibia dove vivono i boscimani, una delle popolazioni più antiche della terra; conoscere i loro rituali, i loro strumenti antichissimi, un incontro tra una cultura arcaica e noi occidentali, unire i loro suoni tribali con la tecnologia, l'elettronica e i campionamenti; registrammo tantissime ore di rituali, filmati, tutto quello che ci servirà per il nostro disco. Disco che poi uscì ma non ci fece fare il salto che dovevamo fare, anche se andò molto bene come critica; noi forse eravamo anche un po' stanchi, lo stesso viaggio ci aveva messo alla prova. Dal 1993 al 1999 avevamo viaggiato velocemente, tante produzioni, anche cumulative del Consorzio, Materiale Resistente del 1995, le serate fatte insieme, poi accadono anche altre cose, I Dischi del Mulo e Sonica si dividono e poi la separazione fra Giovanni (Ferretti) e Massimo (Zamboni) che avvenne a Berlino. Una bellissima esperienza, quella del CPI, de I Dischi del Mulo finisce. Gli AFA si sciolgono, qualcuno decide di scegliere altre strade professionali, io, intanto, inizio a pensare di proseguire la mia attività di musicista come solista.

Stefano Soranna

Redazione Pressa
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