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Addio fiera dell'Economia montana: così la Montagna smette di vivere

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Il rinvio della biennale dell'economia montana dà il senso di ciò che sono diventati gli amministratori locali: passacarte senz'anima


Addio fiera dell'Economia montana: così la Montagna smette di vivere
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Lascia sconcertati la notizia che la biennale “Fiera dell’Economia Montana” venga rinviata al 2022, dando una ulteriore mazzata al comparto turistico dell’Appennino Modenese, dopo che nulla si è fatto, nemmeno fingere, per salvare la stagione invernale da una gestione sciagurata della pandemia Covid-19 a tutti i livelli, dal ministro ultimo a morire Speranza, al quale non piacciono i passatempi borghesi, fino agli amministratori locali, quelli che dovrebbero essere più vicini ai cittadini e che nulla hanno fatto per contrastare la scelleratezza di certi provvedimenti che sul profilo dei contagi non sono serviti a nulla, tanto che la curva epidemiologica continua a oscillare facendo su e giù periodicamente e, di fatto, è un anno che si chiude quando ormai i buoi son scappati dal recinto, con buona pace di chi ha promesso hub di terapia intensiva nazionali con crocevia tra Modena e Baggiovara ma, nei fatti, a parte i reparti nuovi che alla prima piovuta hanno fatto letteralmente acqua, l’emergenza è stata affrontata a parole, parole soltanto parole, dal Presidentissimo in giù, l’uomo che doveva scovare il virus casa per casa, ma che non riesce a fare protocolli di cure domiciliari in una situazione in cui, non ci stancheremo mai di ripeterlo, l’emergenza è ospedaliera (mancano posti letto) e non sanitaria.

Strano in una regione dove l’assistenza domiciliare è un vanto...

Il rinvio della biennale dell’economia montana, per quanto essa stessa avrebbe necessità di un restyling, dà il senso di ciò che sono diventati gli amministratori locali: passacarte senz’anima. Perchè dopo un inverno e mezzo di impianti di risalita chiusi, però con assembramenti selvaggi per ciaspolare o per godersi un ristorante aperto a pranzo in zona gialla; quando invece tramite i tornelli in seggiovia si sarebbe potuto gestire tutto al meglio, quando tramite gli ingressi in albergo si poteva fare un tracciamento di base, quando con semplici dimostrazioni di vicinanza alla propria cittadinanza si sarebbe potuto allo stesso tempo dare un segnale forte al governo e dall’altro dare una buona mano alle strutture sanitarie; il rinvio di una fiera, che avverrebbe normalmente in giugno, a ridosso dell’inizio dell’estate, quindi con un calo naturale della carica virale dovuto alla stagione, e con la motivazione che “l’incertezza della curva epidemiologica non consente il lavoro preparatorio per un evento di questa portata, per mantenerne le qualità dovremmo partire adesso coi lavori preparatori e non ci sono le condizioni” significa una cosa sola: tagliarsi da soli gli attributi, e non cogliere le opportunità che un evento del genere, in condizioni del genere offre.

Sì perchè proprio perché esiste una condizione sanitario-ospedaliera come quella attuale, per quale motivo non cogliere l’opportunità di fare studi di fattibilità per eventi fieristici che possano essere compatibili con l’emergenza Covid-19? Perché non cogliere l’opportunità di sperimentare la coesistenza e la convivenza col virus e il ritorno a una vita normale? Perché non approfittarne, in un momento come quello attuale, per creare anche nuovi posti di lavoro, pur se temporanei, ma fatti apposta per far sì che eventi del genere possano riuscire? Senza dimenticare che la “Fiera dell’Economia Montana” è un evento prevalentemente all’aperto, tre mesi non sono sufficienti per ricosiderare spazi, predisporre aree, creare percorsi che evitino assembramenti, studiare stand gastronomici allestiti in sicurezza e garantire sicurezza per espositori e visitatori? Non si poteva cogliere l’occasione per sperimentare un nuovo modo di fare fiere e turismo in montagna?

L’impressione, a questo punto, dopo un anno di pandemia è una sola: manca il coraggio. I sindaci della montagna, da referenti di protezione civile locale, hanno dimostrato più interesse al tornaconto in termini elettorali legato al pericolo pandemico (dato non piccolo, a Pavullo si vota in autunno) che non il coraggio di guardare avanti e tutelare realmente cittadini ed esercenti. Coloro che hanno il polso della situazione a livello locale hanno magari mostrato tolleranza verso chi andava alla propria seconda casa anche quando non si poteva, rispetto alla tutela nei confronti di chi sul territorio vive e lavora. Non stiamo dicendo che si deve tornare alla guerra dei comuni conto Federico Barbarossa, ma gli amministratori locali, soprattutto quelli della provincia estrema, lontana dai grandi agglomerati urbani (Pavullo non è Milano per intenderci) avrebbero il dovere di far sentire forte la voce dei cittadini che rappresentano.

Dopo un anno di emergenza è intollerabile che nemmeno ci si provi a uscire da questo recinto di paura, oramai più narrata che percepita. In un anno di cose se ne possono fare, oramai il Covid-19 è diventato l’alibi per disfare.

Stefano Bonacorsi

Stefano Bonacorsi
Stefano Bonacorsi

Modenese nel senso di montanaro, laureato in giurisprudenza, imprenditore artigiano, corrispondente, blogger e, più raramente, performer. Di fede cristiana, mi piace dire che sono ..   Continua >>


 

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