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Cda Msc (ex Manutencoop), Casari: 'Con queste regole in Assemblea è a rischio la libertà di voto'

Cda Msc (ex Manutencoop), Casari: 'Con queste regole in Assemblea è a rischio la libertà di voto'

'In un contesto dove chi vota è anche lavoratore il voto palese crea dinamiche pericolose e rende possibile l'esercizio di pressioni implicite o esplicite'


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'Ho deciso di scendere in campo perché ritengo che questo gruppo, che ha un grande potenziale e migliaia di persone di valore, meriti anche una guida più competente e trasparente'. Così Roberto Casari, per quarant'anni presidente di Cpl Concordia, aveva annunciato nei giorni scorsi la sua candidatura per il cda di Msc - Società tra Lavoratori Spa, la holding che controlla il gruppo Rekeep e che ha assunto questa denominazione dopo la trasformazione di Manutencoop in società per azioni. Il suo nome compare, come capolista, nella lista presentata da un gruppo di soci da tempo in dissenso con l'attuale gruppo dirigente, guidato dal presidente di Rekeep Claudio Levorato. Un dissenso che l'anno scorso era sfociato in un ricorso in Tribunale.
In vista dell’Assemblea del 26 giugno Casari traccia le motivazioni che lo hanno portato a rimettersi in gioco.
Casari, cosa l’ha spinta a questa scelta?
'La mia candidatura nasce dalla volontà di contribuire a una governance più moderna, trasparente e realmente rispettosa del ruolo degli azionisti. Ritengo necessario intervenire su alcune criticità che oggi impediscono un’effettiva partecipazione democratica all’interno di Msc.
È fondamentale garantire che ogni socio, indipendentemente dalla sua posizione, possa votare liberamente e senza timori, in linea con i principi di una vera società per azioni ad azionariato diffuso'.
Lei ha già sollevato delle perplessità sul vincolo di lock-up previsto dallo statuto, ma non è solo questo aspetto a preoccuparla.
'Oltre al lock-up, che rappresenta un vincolo anomalo in una Spa ad azionariato diffuso e, nella situazione della società, uno strumento di blocco del cambiamento e di perpetuazione del ruolo di un management forse con visioni di altri tempi, intendo porre l’attenzione su altri elementi che in una realtà come quella di Msc finiscono con l'avere effetti fortemente contaminanti e distorsivi. In particolare, il tema del voto palese e della scelta del management di impedire ai soci l'esercizio del voto per corrispondenza statutariamente previsto a loro favore per cercare di migliorare la democrazia assembleare: due elementi che insieme, nell'ambito di una società di soci lavoratori, favoriscono dinamiche distorsive e antidemocratiche. MSC è oggi una holding che controlla un gruppo importante come Rekeep, ma gli azionisti sono ancora circa 290, ereditati dalla precedente realtà cooperativa. E il dato più significativo è che circa l’80% degli azionisti sono lavoratori dipendenti del gruppo. Questo elemento è cruciale, perché impatta inevitabilmente in modo decisivo sulla libertà del voto.
Il problema è che in un contesto dove chi vota è anche lavoratore il voto palese crea dinamiche pericolose in quanto rende possibile l'esercizio di pressioni implicite o esplicite sui soci. È evidente che un socio lavoratore, pur desiderando votare una lista alternativa a quella sostenuta dall’attuale governance – cioè la lista di Levorato – si sentirà condizionato dal timore di ripercussioni o emarginazioni sul piano professionale. Non è solo una questione formale: è una realtà che incide sulla sostanza del processo democratico'.
Secondo lei, quindi, andrebbe rimosso il voto palese?
'Non si tratta di rimuovere in assoluto il voto palese: è previsto dallo statuto e ha una sua legittimità. Tuttavia, è evidente che non può esserci un vero voto libero se non si prevedono strumenti di protezione per i soci lavoratori. Quando ero presidente in Cpl, avevo introdotto un meccanismo efficace: si era introdotto processo che prevedeva un voto preliminare segreto che determinava la scelta dei candidati sui quali i soci votavano poi in modo palese. Così si garantiva libertà e tutela, senza negare trasparenza. È questo che intendo quando parlo di “formule di protezione”: rendere il voto uno strumento di libera espressione, non una modalità coartata conferma di scelte imposte dall'alto'.
Ma oltre alla modalità di voto, ci sono altri aspetti critici?
'Sì, un aspetto gravissimo è che, nonostante lo statuto lo preveda, non è stato previsto nell’avviso di convocazione dell’assemblea il voto per corrispondenza.
Questo da un lato penalizza fortemente tutti quei soci che risiedono lontano da Bologna imponendo loro di accedere alla modalità della delega, che viene raccolta massicciamente e capillarmente dal management senza che ci sia un confronto reale sui temi dell’assemblea ed utilizzando strumenti di 'moral suasion', che di morale non hanno proprio nulla. Il risultato è che si consolida il potere di chi controlla già le leve operative e si impedisce un effettivo ricambio e qualsiasi forma di reale verifica e controllo'.
Insomma, a suo avviso, il combinato di voto palese senza protezioni e assenza del voto per corrispondenza crea un blocco?
'Esatto. Si crea un mix esplosivo che porta ad una dinamica in cui il cambiamento è praticamente impossibile. Chi vuole partecipare attivamente e proporre un’alternativa si trova in una condizione di esposizione (se lavora nel gruppo) o di impossibilità logistica (se vive lontano). A quel punto, la via più semplice diventa la delega, che finisce inevitabilmente in modo massiccio nelle mani di chi detiene già il controllo. Non si tratta di sospetti, ma di una struttura che nei fatti impedisce una dialettica reale e sana'.
Alla luce di tutto ciò, quale messaggio vuole lanciare agli azionisti?
'Il mio appello è alla partecipazione consapevole. Chiedo agli azionisti di pretendere regole che tutelino la loro libertà di voto, a partire dall’introduzione effettiva del voto segreto nei casi in cui esistano rapporti di lavoro subordinato, e dall’attivazione del voto per corrispondenza, già previsto dallo statuto, ma mai reso operativo. Se non si interviene su questi due aspetti, continueremo ad assistere a una gestione bloccata, autoreferenziale e chiusa al cambiamento. Non possiamo rimanere fermi in un limbo tra cooperativa e moderna società per azioni: dobbiamo scegliere di essere pienamente una Spa, nei fatti oltre che nelle dichiarazioni'.
Giuseppe Leonelli
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Direttore responsabile della Pressa.it.
Nato a Pavullo nel 1980, ha collaborato alla Gazzetta di Modena e lavorato al Resto del Carlino nelle redazioni di Modena e Rimini. E' stato vicedirettore...   

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