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Il settore delle macchine e attrezzature per ceramica e laterizio chiude il 2019 con un fatturato di 1,73 miliardi di euro: dopo un quinquennio di crescita record che aveva portato i costruttori italiani a superare i 2,2 miliardi di euro.
Nel 2019 sono andati accentuandosi i segnali di rallentamento già emersi l’anno precedente e la flessione dei volumi ha toccato il 19,8%. Un dato da leggere alla luce sia dell’esaurirsi in Italia dell’effetto traino degli incentivi fiscali di Industria 4.0 sia del rallentamento degli investimenti internazionali nel settore costruzioni e delle piastrelle di ceramica in particolare.
A dieci anni dall’annus horribilis 2009, in cui il settore aveva perso in un colpo solo oltre il 30% dei ricavi, questa nicchia della meccanica made in Italy, che dipende per il 73% dai mercati esteri, subisce dunque una seconda pesante contrazione.
E proprio all’estero lascia sul terreno oltre un quinto delle esportazioni (-20,4%), scese nel 2019 a 1.262 milioni di euro. Mentre sul mercato interno la flessione si attesta a -18,3% per un controvalore in termini di fatturato domestico pari a 468 milioni di euro.
È una fotografia con molte ombre e poche luci quella scattata nella 28esima edizione dell’Indagine statistica condotta dal Centro Studi ACIMAC-MECS in previsione dell’Assemblea annuale dell’associazione di categoria di Confindustria, che rappresenta oggi 141 aziende con 6.971 addetti.
E tra le luci va evidenziata la tenuta dell’occupazione, salita di un punto percentuale nel 2019, nonostante il crollo del giro d’affari, a fronte di un consolidamento della struttura produttiva. Il 70% delle attività è concentrato lungo la via Emilia, in particolare attorno al distretto delle piastrelle di Sassuolo, e le province di Bologna, Modena e Reggio Emilia accentrano da sole oltre l’80% degli occupati e del fatturato delle tecnologie ceramiche “made in Italy”, che pur tra le difficoltà congiunturali confermano la loro leadership mondiale.
“I segnali di fine 2018 già indicavano una caduta dei volumi, che avevamo messo in preventivo anche se non di questa entità, soprattutto dopo i forti investimenti tecnologici spinti dagli incentivi 4.0. La debolezza del comparto costruzioni a livello mondiale non ci aiuta – dichiara il presidente uscente di ACIMAC, Paolo Sassi – e ora dovremo fare i conti con gli effetti dell’emergenza Covid-19 e del lockdown che ha penalizzato le nostre attività produttive e fatto crollare gli interscambi mondiali. Confidiamo nell’effetto rimbalzo tra il prossimo anno e il 2022”.
Redazione Pressa
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