Perseverance, 8 anni ai coniugi modenesi committenti della estorsione
 
  
Sarcone Grande, condannato ieri a 18 anni di reclusione, Salvatore Muto a 16 anni. Cordua a 15 anni, Friyio e Procopio a 14 anni, Caso a 13 anni e mezzo
L’operazione Perseverance, coordinata dalla Procura della Repubblica - Direzione Distrettuale Antimafia, Procuratore Giuseppe Amato e Beatrice Ronchi, è scaturita dalla fusione di due filoni investigativi curati dalla Polizia di Stato di Reggio e dall’Arma dei Carabinieri di Modena e che avevano documentato, quale anello di congiunzione, la figura di Giuseppe Sarcone Grande, ritenuto elemento di spicco del sodalizio ‘ndranghetistico emiliano.
Lo scorso marzo ed ottobre 2021, l’operazione Perseverance aveva portato all’arresto per associazione mafiosa e per tentata estorsione aggravata dal metodo e dall’agevolazione mafiosi, diversi esponenti della consorteria di Ndrangheta emiliana, tra cui appunto Sarcone Grande, condannato ieri a 18 anni di reclusione, Salvatore Muto di 37 anni (fratello di Luigi di 47 anni e Antonio di 44 anni, già condannati nel maxi processo Aemilia), condannato ieri a 16 anni di reclusione, Domenica Cordua (15 anni), Giuseppe Friyio (14 anni), Salvatore Procopio (14 anni) e Giuseppe Caso (13 anni e quattro mesi).
Si tratta di taluni dei sodali rimasti in libertà dopo l’esecuzione delle note pperazioni Aemilia e Grimilde e finiti sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti, anche per la citata tentata estorsione di un’ingente somma di denaro, quantificata nel dialoghi captati in oltre 2 milioni di euro.
L’indagine aveva anche consentito di rinvenire e sottoporre a sequestro un’arma comune da sparo con matricola abrasa illegalmente detenuta e portata, in concorso, da Friyio, Cordua e Procopio.
I committenti della estorsione, due coniugi modenesi, sono stati condannati, ieri, alla pena di 8 anni di reclusione. Inoltre, l’operazione Perseversance ha ricostruito l’azione imprenditoriale mafiosa dei fratelli Sarcone dal 2000 in poi, diverse ipotesi di fittizia intestazione di beni e di quote societarie, articolate operazioni di falsa fatturazione e false testimoniane nel corso del maxi processo Aemilia di primo grado, per favorire gli imputati di quel dibattimento.
Oltre alle pene detentive, il Tribunale ha altresì disposto la confisca di oltre due milioni di euro quale profitto dell’attività di emissione di fatture per operazioni inesistenti, di 14 società, due immobili (uno a Reggio Emilia ed uno a Cutro) e di un’autovettura.
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