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E’ un caldo mercoledì pomeriggio, il 13 maggio del 1981. Sono le 17 circa quando Papa Giovanni Paolo II, per tutti papa Wojtyla, sta percorrendo il tratto di piazza San Pietro che lo avrebbe portato alla Basilica per una udienza generale. Come consuetudine, attraversa la piazza tra ali di folla a bordo della cosiddetta papamobile, rigorosamente scoperta, ossia non protetta da alcuna paratia di difesa. Ad un tratto due spari interrompono la gioiosa tranquillità, e la piazza piomba nel terrore. Occorre qualche istante prima che si capisca veramente cosa è successo, prima che tutti capiscano. Il Papa si accascia sorretto dagli uomini della sicurezza, mentre l’auto sfreccia immediatamente verso un punto sicuro. L’attentatore viene immediatamente fermato. Si saprà poi che è un turco e il suo nome, Ali Ağca, diventerà uno dei nomi più famosi della storia.
Il Papa viene ricoverato immediatamente all’ospedale Gemelli della capitale, in condizioni disperate, tanto da ricevere il sacramento della “estrema unzione”. Dopo un intervento chirurgico durato 6 ore i medici riescono tuttavia a salvarlo. Il mondo (quasi) intero, tira un sospiro di sollievo.
Anni di indagini sui moventi e sui mandanti dell’attentato che poteva porre fine alla vita di uno dei papi più amati ed importanti del ventesimo secolo, non porteranno mai ad una verità accertata. Anzi, alle tante piste iniziali si aggiungeranno sempre nuove ipotesi, nuove rivelazioni e poi altre supposizioni ancora. Il comportamento dello stesso Ağca, poi, non aiuterà. Rivelazioni sempre nuove, contraddizioni, fino ai tentativi di passare per infermo mentale, renderanno la scoperta della verità assolutamente impossibile. Un altro dei tanti irrisolti rebus della storia. Nel Natale del 1983 il Papa volle incontrare il suo attentatore in carcere offrendogli il perdono. Quello che si dissero in quella conversazione rimarrà un segreto tra il pontefice e l’attentatore…
Mirko Ballotta
Redazione Pressa
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