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Vaiolo delle scimmie, Vella: 'Trasmissione tra gay? Una casualità'

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'Il vaiolo delle scimmie è una malattia anche a trasmissione sessuale, ma non solo omosessuale'


Vaiolo delle scimmie, Vella: 'Trasmissione tra gay? Una casualità'
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“Per il momento il fatto che il vaiolo delle scimmie si sia diffuso tra persone omosessuali sembra una casualità e, finché non avremo dati epidemiologici certi, non possiamo ipotizzare nulla. Non ricominciamo con lo stigma, per carità”. Ha risposto così l’infettivologo Stefano Vella, docente di Salute Globale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, interpellato dalla Dire in merito all’affermazione dell’Ecdc, il Centro europeo di controllo delle malattie, secondo cui il primo cluster di trasmissione umana del vaiolo delle scimmie sarebbe avvenuto “in una comunità chiusa di uomini che fanno sesso con altri uomini”.

Sul virus, insomma, sembra già aleggiare lo spettro dello stigma sociale, così come fu per l’AIDS. “Il vaiolo delle scimmie è una malattia anche a trasmissione sessuale, ma non omosessuale. Casualmente - ha ribadito Vella - alcuni di questi casi hanno riguardato omosessuali, ma è troppo presto per dire qualsiasi cosa.

Figuriamoci se il virus va a vedere di che genere sei…”.
Ma è possibile che già in passato, in Italia, si siano verificati casi di vaiolo delle scimmie? “Difficile, la diagnosi è così visibile che lo escluderei - ha risposto l’infettivologo alla Dire - In passato, invece, si sono già verificati casi in Europa”.

E se dovesse crescere il contagio umano del vaiolo delle scimmie, pensa sarebbe necessario ricorrere ad una nuova campagna per il vaccino? “Escluderei anche questo - ha risposto ancora Vella - non sarebbe per niente costo-efficace per una malattia relativamente benigna ricominciare a fare la vaccinazione contro il vaiolo, anche se nulla si può escludere nella scienza. Però adesso ‘giù la testa’, stiamo calmi, non c’è nessun allarme”.

Cosa sappiamo, intanto, del vaiolo delle scimmie? “Sappiamo che esiste da sempre e spesso è passato agli uomini direttamente dalle scimmie oppure dai roditori, perché questi salti di specie, i cosiddetti ‘spillover’, avvengono frequentemente attraverso degli ospiti intermedi, lo stesso è accaduto con il Coronavirus o con l’Ebola. Casi sporadici di importazione, anche se pochi, ne sono avvenuti quindi anche in passato”. In Africa per esempio hanno avuto migliaia di casi, ma “la differenza, ora, è che ci sono parecchi casi, tra l’altro isolati, in diversi Paesi europei, e alcuni, come stiamo vedendosono sicuramente di importazione”.
Quanto alla trasmissione, ma anche questo “era già noto”, può essere interumana, cioè “il virus può essere trasmesso attraverso contatti strettissimi, come un rapporto sessuale oppure toccando le lesioni cutanee delle persone infette, così come per via aerea. Ma attenzione: non è assolutamente paragonabile al SARS-CoV-2, un virus ad RNA, il vaiolo delle scimmie è un virus a DNA e questo lo rende meno capace di mutare. Si tratta di una malattia molto lieve e diversa dal Covid, insomma, che ha un periodo di incubazione molto lungo”. Ora si sta cercando di tracciare i casi, per capire “come mai queste persone se lo sono preso” e per cercare di “tenerlo sotto controllo”. Secondo Vella, dunque, bisogna “senza dubbio studiare: al momento questo virus non sembra essere mutato più di tanto dai ceppi originari e stiamo cercando di capire come mai si stanno verificando questi casi sporadici e perché stanno crescendo”. È necessario, inoltre, capire “qual è stata la catena di contatto, perché ancora non è chiaro”.

Quanto ai sintomi, ha spiegato ancora l’infettivologo, “dopo una lunga incubazione, arriva la febbre, quindi si manifesta un rush cutaneo con vescicole o papule, cioè delle lesioni in rilievo. Qualcuno ha parlato anche di ingrossamento delle ghiandole, ma questo non è un segno patognomonico, perché tutte le infezioni lo provocano”.

Redazione Pressa
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