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A oltre sei anni di distanza dalla valanga che travolse l’hotel Rigopiano il 18 gennaio 2017, provocando la morte di 29 persone, è arrivata la sentenza di primo grado del Tribunale di Pescara. Il giudice Gianluca Sarandrea ha deciso di assolvere 25 imputati su 30 complessivi: una sentenza che ha fatto infurirare i parenti delle vittime della tragedia dell’albergo di Farindola. L’accusa aveva chiesto complessivamente oltre 150 anni di carcere per gli imputati (29 persone più la società Gran Sasso Resort): le accuse erano a vario titolo di disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni, falso, depistaggio e abusi edilizi.
Ilario Lacchetta, sindaco di Farindola ai tempi della tragedia e che ricopre ancora la carica di primo cittadino, è stato condannato dal gup di Pescara a due anni e otto mesi.
Per lui l’accusa aveva chiesto una pena di 11 anni e 4 mesi in relazione alla valanga che distrusse l’hotel Rigopiano e provocò la morte di dipendenti e ospiti della struttura.
Sono stati invece assolti Francesco Provolo, ex prefetto di Pescara, e Antonio Di Marco, ex presidente della Provincia. Per il primo l’accusa, rappresentata dal pm Giuseppe Bellelli, aveva chiesto una condanna a 12 anni per i reati, tra gli altri, di omicidio colposo e lesioni. Le stesse accuse erano state rivolte anche a Di Marco, ma per entrambi il giudice Sarandrea ha scelto l’assoluzione.
La lettura della sentenza del Tribunale di Pescara è stata accolta con delusione e rabbia dai parenti delle 29 vittime della tragedia di Rigopiano. “Ingiustizia è fatta, vergogna. Assassini, fate schifo“, hanno urlato in aula, con le forze dell’ordine che sono intervenute per trattenere i più esagitati. E Giampaolo Matrone, sopravvissuto alla valanga ma che ha perso la moglie Valentina Cicioni nel disastro di Rigopiano, ha urlato: “Giudice, non finisce qui” in direzione del gup Sarandrea, venendo in seguito allontanato dall’aula del processo.
Redazione Pressa
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