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Genova: per dare un senso alla tragedia nulla dovrà essere come prima

Genova: per dare un senso alla tragedia nulla dovrà essere come prima

Un disastro forse evitabile con i nuovi strumenti di monitoraggio in continuo, e che riporta alla luce nodi del dibattito sulle infrastrutture mai risolti


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Il rispetto per i morti, i feriti, tutti i coinvolti nell'immane tragedia di Genova richiederebbero il silenzio, almeno fino al momento del riconoscimento dell'ultima vittima, al momento in cui non ci saranno più dispersi ma solo vittime e sopravissuti. Ma ciò non è possibile, e allora tentiamo in questa giungla di informazioni spesso ridondanti e quotidiane, non certo di aggiungerne altre ma di tirare un pò le fila tra quelle che anche oggi, sono state diffuse, e che sono a disposizione. Partendo da quelle di Stefano Marigliani, direttore del Tronco autostradale Genova.
Colui che nelle prime ore successive al crollo parlò (irriso da tanti), anche di un 'fulmine' alla base del crollo, e che mano a mano che passavano le ore è entrato, nelle dichiarazioni pubbliche, in una sorta di modalità 'difesa d'ufficio'. Quella che Società Autostrade sta evidentemente adottando sulla base delle indicazioni dei propri legali. Una comunicazione fredda e tardiva (non a caso attraverso le arole di Marigliani, Autostrade ha ripetuto in TV esattamene ciò che poco prima aveva difuso in una nota stampa). Solo oggi, sulla scia delle polemiche e delle critiche, anche del Ministro Salvini. Società Autostrade ha deciso di non fare pagare le ambulanze, perchè fino a ieri anche le ambulanze pagavano il pedaggio, su quel ponte.
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Il tutto accompagnato da un poco più di spazio riservato, nel proprio sito web ufficiale, alla parola cordoglio e lutto per le vittime. Per l prima volta, dopo 48 ore dalla tragedia. Comunicando una non meglio specificata forma di lutto per una settimana nelle proprie sedi. 

Ma pur parlando più con i parametri di un ufficio legale che di un ufficio stampa e comunicazione, Marigliani ha comunque confermato alcune cose. Prima fra tutte che sul ponte Morandi erano state poste in campo una serie di misure e di controlli strumentali predisposti dalla Società, in aggiunta a quelle trimestrali già definite. Controlli e misurazioni necessarie con cadenza periodica ristretta, per un ponte che all'unisono (dallo stesso Marigliani al geologo Mario Tozzi, all'ex AD di autostrade Gamberale, ospiti di un dibattito su La 7), era stato paragonato ad un malato grave, bisognoso di controlli e cure preocché costanti. Quasi un malato terminale, sul letto e sul punto di morte. Perchè quel ponte trutturato e dimensionato per volumi di traffico e carichi 4 o 5 volte inferiore a quello di oggi, non avrebbe poturo reggere se non a costo di costanti lavori di manutenzione, rafforzamento e potenziamento e, soprattutto, non avrebbe potuto reggere ad altri dieci anni così.
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Dieci anni necessari, nella migliore delle ipotesi, alla realizzazione della cosiddetta Gronda autostradale, che non avrebbe sostituito il ponte Morandi, ma che ne avrebbe alleggerito la mole di passaggi quotidiani, riducendo gli stress strutturali e il pericolo di tragedia come quella capitata. Tra dieci anni, però. Misure e controlli che hanno evidentemente e miseramente fallito, insieme alle misure che li avevano programmati. Con quelle caratteristiche e con quella periodicità.

Eppure, con la tecnologia oggi a disposizione, pur con il senno poi, un'opera così malata, bisognosa di cure, con la febbre sempre alta, sistemi avanzati di misurazione in tempo reale, capaci di individuare quei segnali strutturali (che ci sono per forza di cose, ha affermato l'ex Ad Autostrade Vito Gamberale), in grado di indicare in anticipo cedimenti o scostamenti strutturali, ci sono, eccome. Questo lo hanno detto tutti. Ma non sono stati utilizzati. P
erché un ponte di quel genere prima di crollare dei segnali li dà e se i controlli periodici non bastavano per valutare questo genere di variazioni e di sollecitazioni, allora ne dovevano essere predisposti altri. E qui c'è il problema di chi controlla i controllori.
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Società Autostrade ha i suoi organismi interni di controllo e anche su questo fronte bisogna fare chiarezza. Sulle procedure e sulle responsabilità. Che saranno indagate dalla magistratura nel momento in cui saranno chiare, o più chiare, come ha detto il procuratore Capo,  le possibili cause che quel ponte enorme lo hanno fatto cadere.

E sullo sfondo c'è il tema, emerso in questi giorni, dell'imtermodalità ferro-gomma. Un'altro concetto che in Italia è pressoché relegato ad un libro di sogni ipocriti. Oggi circa il 70% delle merci viaggia su gomma, portando appunto su gomma e quindi sulle autostrade, volumi di traffico e di carico enormemente più grandi. Con conseguenze devastanti in termini di impatto ambientale e, i fatti lo confermano, di sicurezza stradale. E' chiaro che anche in questo ambito, il paradigma di fondo deve cambiare. E dovrebbe cambiare anche per dare un senso ad una tragedia assurda, a morti assurde. Che se un senso non lo ha per il passato, anche recente, in cui è generata, lo ha o potrebbe averlo per il futuro, nel momento in cui servirà a ragionare per esempio anche sugli effetti devastanti delle privatizzazioni che hanno portato a trasformare gli utili e gli investimenti delle società autostradali in dividendi da distribuire al governo e al management della società.  

Avere il coraggio di ammettere gli errori, anche enormi, anche se costano la carriera, certi che quella è l'unica via per andare avanti e guardare al futuro su nuove basi, perchè così, avanti, alla cieca, questo paese non può andare, perchè così questo è un paese davvero allo sfascio, non certo quello che la maggior parte degli italiani vorrebbe lasciare in eredità ai propri figli

Gi.Ga.
 
Nella foto, i riferimenti alla tragedia pubblicati soltanto il 16 agosto sul sito web della Società Autostrade
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