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In ricordo di una grande dirigente: Marisa Bellisario

In ricordo di una grande dirigente: Marisa Bellisario

Ricordiamo nella tristezza il volto di Marisa Belisario in un suo intervento appassionato senza esaltazione, cosìcome il suo sorriso di fronte agli applausi


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È primavera: nel sole filtra la speranza  del futuro. Dai bollettini che conteggia o i morti oltre la insofferenza liberiamo la nostra razionalità per rispettare le regole.
È vero, siamo tristi per il delitto Moro (il suo calvario inizia il 16 marzo), siamo tristi per l'assassinio di Marco Biagi (19 marzo) ma la tristezza non è dal virus ma dalla certezza che si potevano salvare. La nostra è la rabbia di chi è certo che aveva ragione a volerli salvare.
Poteri, interessi storditi, contrapposizioni fra doveri costituzionali e negligenze hanno creato quel brodo nefasto e inconcludente che ha iniziato un cammino di decadenza.
Poi l'Italia nazione è stata forte, ma presunzione e ignoranza, puro effetto di battaglie politiche senza futuro hanno continuato a fare danni.
Perciò, ci torna in mente una grande donna, di cui sonno passati oltre trenta anni dalla scomparsa: Marisa Bellisario.
Nominata dirigente  di una grande azienda statale decotta la ha risanata, rilanciata e fatta divenire un modello di innovazione.
La Italtel anticipò la rivoluzione tecnologica nel campo delle telecomunicazioni gareggiando coi colossi internazionali, aprendo impianti nel mondo, Cina compresa.

Doveva diventare di una grande azienda assorbendo una consociata Fiat.

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La Italtel aveva la maggioranza del capitale, ma non fu portato a compimento il progetto perché si contestò che fosse Bellisario il presidente.
Qualche giorno fa, in un bellissimo servizio TG3, un vecchio satrapo, di quelli che all'ombra degli Agnelli hanno messo insieme ricchezze private e danni industriali, ha affermato con faccia di bronzo: era brava, ma era sponsorizzata da un partito.

Lo sapete a quale partito si riferiva? A quello di Craxi.
E la Bellisario richiesta di parere rispose: non so, ma i risultati sono venuti dal lavoro e dalle idee. I azienda non si svolgevano assunzioni per tessera.
Fischiano le orecchie, come dicono gli anziani a ricordare. E leggendo il bel libro di Paolo Bricco ci è sovvenuto di fare  una dedica alla Belisario.
Lei è deceduta sul lavoro nell'agosto '88, torturata dal male era andata in Cina ad inaugurare una fabbrica: senso del dovere, fuga dai piagnistei, suprema virtù della riservatezza.
'il vero valore di un leader non si misura da quello che ha ottenuto durante la carriera, ma da quello che ha dato'.
Sapete di chi è l'epitaffio? Di Sergio Marchionne, quello che ha salvato la Fiat dagli ammuffiti satrapi.
Ricordiamo nella tristezza il volto di Marisa Belisario in un suo intervento arguto, duro, appassionato senza esaltazione, così come il suo sorriso di fronte agli applausi.
Così ci si
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ricongiunge alla vita nelle quarantenne in cui tristezze, facezie e grandi esempi convivono.

Paolo Cristoni

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