È il 26 novembre 2016, un venerdì come tanti a Brembate di Sopra, un paese tranquillo della provincia di Bergamo. Sono da poco passate le 18 quando Yara Gambirasio, 13 anni, esce dal centro sportivo dove si allena con la squadra di ginnastica ritmica. Deve percorrere poche centinaia di metri per tornare a casa. Non ci arriverà mai.
La sua scomparsa, inizialmente accolta con la speranza che si trattasse di un allontanamento momentaneo, diventa presto un caso nazionale. Centinaia di volontari setacciano i campi, i boschi e le strade della zona. Le ricerche si estendono giorno dopo giorno, mentre l’Italia segue con apprensione gli aggiornamenti.
Dopo tre mesi, il 26 febbraio 2011, il corpo della ragazza viene ritrovato in un campo incolto a Chignolo d’Isola. È il momento più doloroso di una vicenda che segnerà profondamente l’opinione pubblica.
Le indagini, lunghe e complesse, ruotano attorno all’analisi genetica soprannominata “Ignoto 1”, ottenuta dalle tracce biologiche trovate sui vestiti della giovane. Nel 2014 viene arrestato Massimo Giuseppe Bossetti, un muratore della zona, poi processato e condannato all’ergastolo in via definitiva nel 2018. Il caso rimane oggetto di dibattito pubblico, ma la ricostruzione giudiziaria si è conclusa con una sentenza definitiva.



