Da anni Lapressa.it offre una informazione libera e indipendente ai suoi lettori senza nessun tipo di contributo pubblico. La pubblicità dei privati copre parte dei costi, ma non è sufficiente.
Per questo chiediamo a chi quotidianamente ci legge, e ci segue, di darci, se crede, un contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di
modenesi ed emiliano-romagnoli che ci leggono quotidianamente, è fondamentale.
'Per mantenere i 500 metri cubi al secondo in uscita dalla cassa di espansione principale del Panaro durante l'emergenza, tagliando di circa la metà l'onda di piena della mattina del 6 dicembre da oltre 1000 metri cubi al secondo in entrata ai 500 in uscita, la cassa di espansione del Panaro, attraverso la chiusura delle paratoie della diga, è stata dichiaratamente e volontariamente spinta dai responsabili Aipo e dall'Assessore regionale Irene Priolo al livello massimo mai raggiunto di 11,07 metri, circa 1,60 in più di quello del febbraio 2019'.
Questo è quanto confermato nei giorni scorsi non solo dall'Assessore Regionale stesso ma anche dal sindaco di Modena, nel corso delle rispettive informative sulle condizioni in cui si è inserita la rottura dell'argine del Panaro in località Bagazzano che, da poco prima delle 7 di mattina ha iniziato a riversare acqua nelle campagne, provocando, poche ore dopo, l'alluvione di Nonantola e gli allagamenti alla Fossalta dal torrente Tiepido e, in direzione Albareto, della zona est di Modena.
Nei giorni successivi, da più fronti, si sono generati quesiti e polemiche rispetto al nuovo mancato utilizzo, pur in condizioni di piena emergenza, dalla cassa di espansione secondaria del Panaro, da 5 milioni di metri cubi, in aggiunta ai circa 22 della cassa principale. Bacino, quello secondario, che confina con l'abitato della località S.Anna, realizzato negli anni '80 ma mai collaudato e mai riempito, nemmeno per poco.
Partendo da questi dati, che già erano desumibili dalle immagini che avevamo registrato e raccolto il giorno della piena, abbiamo provato a ricostruire, insieme a Massimo Neviani, componente del Comitato Salute e Ambiente di Campogalliano, che da studioso ed esperto dei percorsi fluviali e delle piene dei fiumi della provincia di Modena ci ha accompagnato in questi giorni nei luoghi del disastro e di maggiore criticità, quanto è successo (o non è successo) domenica 6 dicembre, sull'asta del Panaro, alle casse di espansione.
Dall'immagine dall'alto, scattata poco dopo le 9 della mattina del 6 dicembre, il livello alla diga della cassa di espansione era sceso a 10,2 metri, 80 centimetri in meno rispetto a quello di picco, intorno agli 11, raggiunto alcune ore prima, intorno alle ore 4 della mattina, poco più di due ore prima della rottura dell'argine del fiume in località Bagazzano (dalle 6,30 alle 7), che in quel momento, proprio grazie al lavoro di contenimento e del taglio di piena della cassa di espansione, risultava circa un metro sotto la sommità dell'argine nel quale si è creata la falla sulla quale la commissione di inchiesta istituita dalla Regione dovrà fare lice.
Un contenimento che ha portato la cassa principale agli undici metri, stesso livello a cui si trova la divisoria creata dallo scolmatore della seconda cassa. Livello posto come massimo dalle autorità competenti, da fare raggiungere al bacino principale. Sopra il quale la cassa secondaria avrebbe per la prima volta dalla sua realizzazione, più di 30 anni fa, iniziato a ricevere acqua. Cosa che non è successa. Quegli undici metri rappresentavano infatti il livello giudicato massimo da potere raggiungere dalle autorità competenti per potere garantire sia il massimo taglio della piena sia per impedire il passaggio, per tracimazione dell'acqua, dalla cassa principale a quella secondaria, che non essendo mai stata collaudata e mai utilizzata, presentava e presenta rischi imprevedibili e non calcolabili. Sicuramente maggiori, in linea teorica, con quelli, seppur alti, legati al mantenimento per ore della bacino principale della cassa intorno agli 11 metri, in costante calo.
Da qui, visto il contestuale abbassamento del fiume sia a valle della diga (dovuto anche all'acqua che in grande quantità aveva iniziato ad uscire dal Panaro a seguito della rottura dell'argine), sia a monte (a seguito dell'abbassamento della piena), la scelta di ottenere il massimo livello dell'acqua e di funzionamento della cassa principale, senza assumersi il rischio di invadere, essendo giunti al limite della tracimazione in essa, la cassa secondaria.
Anche se la chiusura delle paratoie per innalzare il livello fino agli undici metri, livello mai raggiunto, ha espanso come non mai verso sud, a valle, in direzione opposta rispetto a quella dell'acqua, il bacino di contenimento previsto delle casse, che così è andato ad invadere anche le zone di fatto mai raggiunte in questo modo dalla grande massa d'acqua, come quella dei laghetti Vivi Natura, dove abbiamo documentato il punto esatto della tracimazione dell'acqua dall'alveo del fiume all'area attrezzata.
Gi.Ga