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A Modena la pubblicità culturale ?... esclusiva

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La cosa pare sia stata studiata dalla direttrice Bagnoli delle gallerie Estensi con il Comune, con lo scopo evidente di promuovere il suo istituto


A Modena la pubblicità culturale ?... esclusiva
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Il nostro bellissimo centro storico insieme e i suoi principali punti di accesso sono abbelliti (si fa per dire) dalla eccessiva presenza di totem verticali e triangolari pubblicitari.

Tra l’altro queste enormi pagine spot sono plastificate, non di meno come comune abbiamo aderito al Plastic free challenge. Per esempio in Piazza Matteotti se ne contano ben quattro di postazioni in fila, secondo il vecchio adagio “ la pubblicità è l’anima del commercio” ma, forse si esagera un poco con questa massiva presenza di manichini per favorire la visibilità della città e di alcune sue chicche.

Il formato verticale a due facciate informa sull’evento della settimana, quelli triangolari invece recano tutti indistintamente una réclame del prodotto o ditta tal dei tali, la mappa turistica del centro storico e la paginona dedicata al percorso turistico sulle meraviglie estensi che va dal Palazzo Ducale di Modena, a Sassuolo, alla Galleria Estense e Chiesa di Sant’Agostino.

La cosa pare sia stata studiata dalla direttrice Bagnoli delle gallerie Estensi con il Comune, con lo scopo evidente di un assist per l’istitituto che Ella ha la fortuna di dirigere, un aiuto per intercettare un pubblico più vasto anche cittadino che non conosce il sito culturale, com’è emerso da una recente analisi sul turismo, e fino a qua nulla da eccepire. Ben vengono azioni per incentivare la fruizione culturale.

Senza dubbio questa pubblicità ammiccante onnipresente si presenta come un signor biglietto da visita. C’è un però, e la par condicio, dove la mettiamo?

Che scelta è mai questa del Comune? Beninteso che le bellezze che ci hanno lasciato gli Este sono un vanto per la città, e vanno sostenute, però non è sbagliato pensare che tali spazi che sono un notevole richiamo, si potessero dividere equamente per lo stesso fine fra più realtà artistiche e culturali della città.

Davvero singolare che all’ingresso di largo Sant’Agostino sono presenti ai suoi lati due di questi totem con la pagina del percorso urbano delle bellezze estensi, una per l’appunto situata nel Palazzo dei Musei, la famosa galleria Estense. La quale non si trova al suo interno per grazia ricevuta, è rimasta in città per la virtuosa generosità della municipalità, che all’indomani dell’Unità d’Italia si adoperò con ogni mezzo per non disperdere per lo stivale riunificato, le collezioni d’arte e documentali che si ricorderà dimoravano nel Palazzo Ducale. E queste erano sotto sfratto perché nel frattempo l’avita casa era diventata sede dell’Accademia Militare. Si comprò a seguito di una trattativa non irta di ostacoli l’ex Albergo dei poveri, poi delle Arti, ribattezzato Palazzo dei Musei, che dal quel momento divenne la “casa comune “ sia per gli istituti civici, come la Biblioteca d’Arte Poletti e i Musei Civici, che per quelli diventati statali, la Biblioteca, il Lapidario e la Galleria Estense. Si venne così a creare – un polo culturale ante litteram – quindi un primato non solo per Modena, ma di livello nazionale, e un “unicum” di tale fatta non è suffragato da pari visibilità proprio sotto il suo naso?

Ancora, nessuno di questi invadenti e bruttissimi manifesti a tre gambe sparsi per la città, (sottrattori peraltro di ulteriore spazio pubblico secondi solo ai dehors), reca una cartolina del sito Unesco, Duomo e Ghirlandina abbracciati dalla Piazza Grande “ La creazione comune di Lanfranco e Wilgelmo è un capolavoro del genio creativo umano nel quale si impone una nuova dialettica dei rapporti fra architettura e scultura dell’arte romanica “ ……. il complesso di Modena è testimonianza eccezionale della tradizione culturale del XII secolo, in cui i valori religiosi e civici si trovano coniugati in una città cristiana del Medioevo.

Il Palazzo dei Musei e i Musei Civici relegati in ombra vista la prevalenza sugli estensi, presenti in identica misura fino a pochi mesi fa, come anche le Terramare di Montale, tanto per fare qualche esempio della bella e varia ricchezza che possediamo. Eppure non sono meno importanti culturalmente o stupefacenti come la Galleria Estense, e di tutta l’eredità ducale. Meritano la stessa, se non superiore attenzione e non solo sotto il profilo mediatico, che da un certo tempo in qua le è riservata.

Pare di evincere da questo fatto che in città forse si operano delle parzialità, se ciò corrispondesse al vero (la nostra è una supposizione), sarebbe un gravissimo errore sotto il profilo culturale, ancora più grosso sul piano politico.

Infatti, il come sono “markettizzate “parte o tutte delle chicche geminiane rispecchia uno stato dell’arte certificato, tra fiacchézza e l’incapacità di promuovere meglio e con rinnovati punti di vista e capacità di contestualizzare tutto il patrimonio che esiste. L’interpretazione delle eredità sia singolarmente prese che messe in relazione fra loro non sia cosa statica, ma si evolve col tempo rispetto alla conoscenza e sensibilità di ogni epoca, di ogni sentimento….

C’è la cultura, punto. Indipendentemente dalla provenienza, e quella di cui sono contornati gli esuli estensi rifugiatosi a Modena a seguito della perdita di Ferrara, è una bella parte di storia modenese, soltanto una parte.

Il sodalizio fra quei due ‘grandi geni creativi’ di un millennio fa, dotati di una straordinaria capacità di visione, ha lasciato a Modena non soltanto il meraviglioso capolavoro nel Duomo, ma anche insegnamento talmente nobile, scolpito nella pietra da travalicare i secoli, una eredità universalmente riconosciuta, e il suo messaggio intrinseco, dovrebbe essere la linea guida per cercare di praticare con lo stesso spirito, qualsiasi azione per un buon governo.

Iniziando da quelle di indirizzo culturale e del battage promozionale.

 

Franca Giordano


Redazione Pressa
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