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Oggi sono andato a fare visita ad un amico. La sensazione era proprio quella. Quando sono entrato all’interno dello spazio espositivo dei Musei Civici di Bologna, dove è stata allestita la mostra su uno dei più grandi statisti italiani - sto parlando di Enrico Berlinguer - ho provato una piacevole sensazione di appartenenza.
L’appartenenza ad un’idea di una classe politica al servizio del proprio Paese. L’appartenenza ad un grande progetto di riforma di una classe politica che stava perdendo il contatto con i propri concittadini.
Il 28 luglio del 1981 Enrico Berlinguer rilascia una lunga intervista ad Eugenio Scalfari, fondatore e direttore del quotidiano “la Repubblica”. In quell’intervista Berlinguer affronta il delicato tema de “la questione morale”.
I partiti hanno degenerato e questa è l’origine dei malanni d’Italia
“I partiti non fanno più politica” afferma Berlinguer ad un attonito Scalfari.
“Politica si faceva negli anni Cinquanta e Sessanta. Grandi dibattiti, grandi scontri di idee e, certo, anche di interessi corposi, ma illuminati da prospettive chiare, anche se diverse, e dal proposito di assicurare il bene comune – e continua – Tra avversari ci si stimava. De Gasperi stimava Togliatti e Nenni e, al di là delle asprezze polemiche, ne era ricambiato. Soprattutto c’era lo sforzo di capire la realtà”.
Il 19 luglio del 1973, Berlinguer, in qualità di Segretario generale del Partito Comunista Italiano, nonché di parlamentare, scrive una lettera al neo Ministro degli Affari Esteri, Aldo Moro: “ho ricevuto la Sua gentile lettera e La ringrazio. Nell’ esprimerLe il mio più vivo apprezzamento per il lavoro da Lei svolto come Presidente della Commissione Esteri, Le invio i miei migliori auguri per le nuove responsabilità che ha assunto. Cordiali saluti”.
Berlinguer era un uomo onesto, gentile, premuroso e rispettoso degli avversari. Un uomo al servizio dello Stato. “Egli era l’incarnazione di un sogno mentre rappresentava la realtà”, scrisse di lui Jacques Delors, a capo della Commissione Europea dal 1985 al 1995.
L’intervista sulla questione morale, che sconvolse il mondo della politica, inclusi i dirigenti del suo partito, per lui era una questione scontata. Per Berlinguer non esisteva altro modo di fare politica. Era contro la logica della “presa di potere” delle istituzioni da parte dei partiti politici.
“I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente … - affermava Berlinguer - Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti … “
Abbiamo perso un’opportunità
Con la morte di Berlinguer, avvenuta l’11 giugno del 1984, noi italiani, tutti, di destra, di sinistra, di centro destra, di centro sinistra, di centro destra ma con un occhio a sinistra e viceversa, abbiamo perso una opportunità. Abbiamo dissolto nel nulla un grande patrimonio. Non solo culturale. Il lascito non solo di un uomo, ma di un partito, che poteva rappresentare la vera svolta nella politica italiana. Purtroppo le cose non sono andate così. E non credo nemmeno, purtroppo, che la presenza di Berlinguer avrebbe potuto fermare l’onda funesta dell’individualismo, del clientelismo e dell’interesse economico personale, a discapito del socialismo, inteso nel senso di “giustizia sociale”.
E’ proprio nell’uso/abuso strumentale di questo termine, socialismo – non parliamo poi di comunismo – che si viene a creare un forte pregiudizio nei confronti del PCI. E gli altri partiti, con l’appoggio degli Stati Uniti che non volevano i comunisti al governo, approfittano della situazione. Perdendo di fatto una grande opportunità. Portando la democrazia ad un restringimento con il rischio di “soffocare in una palude”, per usare le parole di Berlinguer.
Ma che cos’è il socialismo del Pci di Berlinguer? Ce lo spiega lui: “noi pensiamo che il tipo di sviluppo economico e sociale capitalistico sia causa di gravi distorsioni, di immensi costi e disparità sociali, di enormi sprechi di ricchezza. Non vogliamo seguire i modelli di socialismo che si sono finora realizzati, rifiutiamo una rigida e centralizzata pianificazione dell’economia, pensiamo che il mercato possa mantenere una funzione essenziale, che l’iniziativa individuale sia insostituibile, che l’impresa privata abbia un suo spazio e conservi un suo ruolo importante. Ma siamo convinti che tutte queste realtà, dentro le forme capitalistiche, non funzionano più, e che quindi si possa e si debba discutere in quale modo superare il capitalismo inteso come meccanismo, come sistema, giacché esso, oggi, sta creando masse crescenti di disoccupati, di emarginati, di sfruttati …”.
Una stagione di riforme sociali
Tra il 1969 ed il 1978 l’attività politica portata avanti da Berlinguer ha permesso di raggiungere traguardi fondamentali per la tutela e la crescita della società civile. Leggi che toccano argomenti importanti come le pensioni dei lavoratori, i contratti di lavoro, la scuola, gli asili, le madri lavoratrici, l’occupazione giovanile, la sanità. E’ inequivocabile che il suo partito è dalla parte dei soggetti più deboli della società. Tra le tanti leggi ne citiamo alcune: Legge 153/69 di REVISIONE DEGLI ORDINAMENTI PENSIONISTICI E IN MATERIA DI SICUREZZA SOCIALE; Legge 300/70 sulla TUTELA DELLA LIBERTA’ E DIGNITA’ DEI LAVORATORI, DELLA LIBERTA’ SINDACALE E SUL COLLOCAMENTO; Legge 898/70 sul DIVORZIO; Legge 820/71 sull’ ORDINAMENTO DELLA SCUOLA ELEMENTARE E MATERNA; Legge 1044/71 per L’ISTITUZIONE DI ASILI-NIDO COMUNALI; Legge 1204/71 sulla TUTELA DELLE LAVORATRICI MADRI; Legge 405/75 sulla ISTITUZIONE DEI CONSULTORI FAMILIARI; Legge 285/77 su PROVVEDIMENTI PER L’OCCUPAZIONE GIOVANILE; Legge 903/77 sulla PARITA’ DI TRATTAMENTO TRA UOMINI E DONNE IN MATERIA DI LAVORO; Legge 833/78 per L’ISTITUZIONE DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE.
L’avvento dei P.P.I.P.
Aveva le idee chiare Berlinguer, ed una grande capacità di guardare avanti. Era preoccupato della deriva individualistica e clientelare della politica italiana. Ed aveva ragione. Nella seconda metà degli anni ‘90 del secolo scorso, si affaccia sulla scena politica un nuovo personaggio: il P.P.I.P., acronimo di Politico Promotore di Interessi Personali. Mentre negli anni ’90 una volta colti con le mani nel sacco, i P.P.I.P. si consegnavano nelle mani della Giustizia, con il XXI° secolo diventano più sfacciati, più sicuri di sé: ora attaccano direttamente le istituzioni, Giustizia inclusa, con la demonizzazione del “nemico”. Se un Giudice si permette di indagare su presunti (spesso certi) reati da loro commessi, allora si entra nel circolo dei “perseguitati dalla Giustizia”. Ne è un caso eclatante Donald Trump. E’ l’avvento delle cosiddette “leggi ad personam”.
Le leggi ad personam
Tra il 1994 ed il 2011 si contano ben 38 leggi che sono andate a beneficiare alcuni P.P.I.P. (uno in particolare) che hanno avuto in quegli anni importanti incarichi di Governo. Ne citiamo alcune: DECRETO BIONDI (1994) – abolisce la custodia cautelare in carcere per i reati contro la pubblica amministrazione; LEGGE TREMONTI (1994) – detassa del 50% gli utili reinvestiti dalle imprese includendo anche beni usati a beneficio di un noto Gruppo industriale di proprietà del Presidente del Consiglio dei Ministri; ROGATORIE (2001) – cancellazione delle prove giunte dall’estero per rogatorie ai magistrati italiani, comprese quelle che riguardano indagini in corso su un noto politico italiano; FALSO IN BILANCIO (2002) – Legge delega n° 61/2001 di riforma dei reati societari a favore di chi commette tali reati; un noto politico italiano ha ben 5 processi in corso per il reato di falso in bilancio; LODO MACCANICO-SCHIFANI (2003) – approvazione della Legge 140/2003 che sospende sine die i processi ad alcune alte cariche dello Stato, Presidente del Consiglio dei Ministri incluso; CONDONO FISCALE (2002) – condono “tombale” per sanare con pochi spiccioli “presunte” evasioni fiscali; alcuni politici ne fanno uso; FRATTINI (2002) – Legge sul conflitto d’interessi; ovvero viene abolito il concetto stesso di conflitto d’interessi.
Va precisato che molte delle 38 Leggi ad personam sono state respinte dalla Consulta per evidente incostituzionalità. Il link per chi volesse dare un’occhiata a tutte le 38 leggi ad personam: https://www.libertaegiustizia.it/2011/11/09/lelenco-delle-leggi-ad-personam/
Chissà che cosa avrebbe pensato o detto un uomo integerrimo come Enrico Berlinguer di fronte alla gestione della politica di oggi. Ne sarebbe rimasto sicuramente turbato.
Concludo citando un prezioso contributo di Luca Telese nella pubblicazione edita dalla Compagnia editoriale Aliberti nel 2011 e ristampata nel 2023 dal titolo LA QUESTIONE MORALE – La storica intervista di Eugenio Scalfari: “Oggi, spiegata nel contesto che l’aveva generata ma proiettata nel futuro che l’ha seguita, l’intervista sulla questione morale è molto più che un frammento di archeologia politica, e molto più che una pagina edificante: è un lampo di profezia utile. E’ una lezione etica che dovrebbe entrare nel bagaglio di qualche riformatore, nella cassetta degli attrezzi di chi, in questo Paese, abbia a cuore le sorti della politica. E’ un patrimonio ideale: un lascito testamentario per la Sinistra italiana, ma non solo per la Sinistra, e di sicuro, non solo per l’Italia. E’ un messaggio in bottiglia che arriva dal passato fino alle spiagge del futuro, e che tutti possono raccogliere a fare proprio, declinarlo nella nuova emergenza democratica che stiamo vivendo, visto che la lezione di Berlinguer è diventata un messaggio di portata universale. Oggi tutti possono raccogliere quella bottiglia. E scoprire che dentro c’è una lezione civile di cui abbiamo ancora un disperato bisogno”.
Andrea Lodi