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Enrico Cialdini, il generale senza compromessi

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Perch? Cialdini ha assunto il ruolo centrale di tante critiche? La risposta va forse cercata nella polemica politica attuale


Enrico Cialdini, il generale senza compromessi
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“Enrico Cialdini. Il generale di Ferro” saggio storico di Roberto Vaccari sarà presentato sabato 9 dicembre alle 17,30 alla Galleria Europa in piazza Grande 14 nell'ambito della rassegna editoriale Libriamodena.

Tra i personaggi del Risorgimento, Enrico Cialdini, generale controverso, nato a Castelvetro nel 1811, riveste da qualche tempo una fama negativa immeritata. Anche nella terra che gli ha dato i natali, non molti anni orsono gli fu dedicato un convegno il cui intento suonava più come condanna aprioristica di Cialdini che una disanima delle sue azioni. Sindaci disinformati, sedicenti storici, polemisti interessati si sono divertiti a gettare sul castelvetrese un discredito che pochi altri personaggi del suo calibro si sono attirati. Il saggio di Roberto Vaccari non nasconde fin dalla premessa l’intento di voler smontare le accuse fittizie nei suoi confronti, restituendo a Cialdini il posto centrale nel processo di costruzione dell’edificio nazionale che gli spetta di diritto, senza nascondere nulla dei fatti in cui fu coinvolto.

Personaggio difficile, poco disponibile a compromessi, ha incarnato la figura di militare inflessibile e profondamente legato al dovere, senza mai nascondere le sue origini rivoluzionarie. La sua fama di militare spietato andrebbe quindi smontata pezzo per pezzo e riportata ai minimi termini di una vita complessa, spesa integralmente al servizio dell’idea risorgimentale.

Il testo di Vaccari evita però di concentrarsi sui temi della polemica, tentando di dare corpo a una figura che sfugge a qualsiasi semplificazione. L’intento del libro è dunque quello di dare ordine alle vicende di cui Cialdini è stato attore, togliendo l’uomo, il militare e il politico dal bozzolo di acredine che si è andata depositando sulla sua persona. Gli avvenimenti dei quali è stato protagonista toccano l’intero arco della storia risorgimentale, dal 1831 quando, appena ventenne, seguì i volontari del generale Zucchi verso l’esilio francese e poi iberico fino alla sua nomina ad ambasciatore del regno d’Italia a Parigi.

Dopo l’esilio del 1831, l’esperienza maturata nelle guerre iberiche fu subito notata e valorizzata, tanto che nel 1848-49 si era già guadagnato i gradi di alto ufficiale nel corso della prima guerra di indipendenza. Dopo la sconfitta di Novara Cialdini entrò a pieno titolo nell’esercito piemontese. Nominato generale, partecipò alla guerra di Crimea al comando di una divisione. Ma è con la seconda guerra di indipendenza che a Cialdini venne nominato comandante di una grande unità. Dopo l’armistizio di Villafranca, Cialdini fu nominato da Manfredo Fanti capo del corpo di invasione del regno pontificio per incontrare Garibaldi nella sua avanzata da Sud. E sarà proprio alla conclusione di quella campagna che a Cialdini sarà affidata la conquista di Gaeta, all’interno della quale si era rifugiato Francesco II e la sua corte. La conduzione dell’assedio di Gaeta è diventato uno dei nodi su cui si basano le polemiche più sfrontate: nel corso del prolungato bombardamento restarono uccise alcune centinaia di civili oltre ai militari napoletani che vi resistevano. L’azione bellica, tuttavia, condotta tra due eserciti di pari consistenza, poteva costare meno vittime se il re di Napoli avesse accettato i consigli francesi per un suo ritiro. Non solo i borbonici che si arresero furono trattati con magnanimità, ma nel giro di pochi mesi molti di costoro furono inglobati nel nuovo esercito italiano. Lo stesso trattamento di favore non fu riservato all’esercito garibaldino che, per motivi politici, fu sciolto con rapidità. Finita la guerra, Cialdini fu chiamato tra la primavera e l’autunno 1861 alla Luogotenenza napoletana, altro snodo polemico nella sua carriera. Sotto il suo comando la lotta contro il brigantaggio, endemico retaggio del regno borbonico, incapace di controllare un territorio lasciato nell’abbandono e nell’isolamento, assunse una efficienza di segno nuovo. Al brigantaggio classico, si era aggiunta una guerriglia alimentata dall’oro di Francesco II. È indubitabile che Cialdini condusse quella campagna con una efficienza e una spietatezza nuova che spesso trascesero l’umanità e la comprensione per un fenomeno complesso e antico. I fatti di Pontelandolfo e Casalduni, dove restarono uccisi numerosi civili, sono emblematici di una delle più critiche tragedie del percorso risorgimentale. Tuttavia, attribuire a Cialdini intenti criminali o genocidi – sono queste le accuse che circolano – è una semplificazione che non si sforza di comprendere la complessità del fenomeno del brigantaggio e dà credito alle esagerazioni dei testimoni di parte che, chissà come, trovano oggi orecchi più attenti che non gli atti e la documentazione raccolta nel corso delle inchieste.

Dopo la terza guerra d’indipendenza Cialdini fu poi politico e diplomatico, sempre al centro della scena soprattutto per un carattere non certamente facile, litigioso e mai domo. I suoi scontri parlamentari e militari con Garibaldi – lui comandava le truppe che fermarono Garibaldi all’Aspromonte – restano epici negli annali del parlamento. Dopo aver rappresentato l’Italia a Parigi in modo piuttosto maldestro, agli inizi degli anni 80 si ritirò a vita privata a Livorno dove morì nel 1892. Celebrato in tutto il paese, la sua figura venne consegnata alla storia tra i maggiori artefici della unità italiana.

Nonostante i tanti meriti, l’autore si chiede perché Cialdini abbia assunto il ruolo centrale di tante critiche. La risposta va forse cercata più nella polemica politica attuale in cui si tenta di recuperare valori passatisti e antistorici che nulla hanno a che vedere con la ricostruzione dei fatti.

La miopia dei detrattori di Cialdini fa il paio con una non chiara valutazione del contesto storico in questione, e, soprattutto, con la mancata risoluzione di antichi problemi quali il sottosviluppo meridionale e i ritardi e la disomogeneità con cui la modernità è entrata a far parte del bagaglio ideale di questo paese. Secondo Vaccari, dunque, Cialdini merita di essere studiato e capito, al di là delle esagerazioni polemiche che nulla hanno a che fare con la storia.


Redazione Pressa
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La Pressa è un quotidiano on-line indipendente fondato da Cinzia Franchini, Gianni Galeotti e Giuseppe Leonelli. Propone approfondimenti, inchieste e commenti sulla situazione politica, ..   Continua >>


 
 
 
 


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