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'Dentro casa era un ciclone, me la ricordo come Mary Poppins'. Così Barbara Boncompagni, in una intervista di oggi al Corriere della Sera, ricorda quando Raffaella Carrà iniziò la convivenza con il padre Gianni. Lei allora aveva 5 anni. 'Papà era un uomo che viveva da solo con tre figlie e si può immaginare in che stato abbia trovato la casa Raffaella quando venne a vivere da noi. Io ero la più piccola e per tutte noi fu come una mamma. Avevamo in comune anche il fatto che lei da bambina era stata abbandonata dal padre, noi dalla madre. Il nostro è stato un rapporto di grande complicità. Con me in particolare, che poi ho proseguito la mia strada nel mondo dello spettacolo, è stata una maestra. Sin da ragazzina mi portava con lei in tournée, potevo vedere il modo in cui si preparava.
Era dotata di una grande serietà, ma anche di grande leggerezza, non faceva mai pesare le sue scelte. Raffaella si è dedicata interamente alla sua carriera, al suo talento ha sacrificato molto della sua vita privata'.
'Ha sacrificato la possibilità di diventare madre. Non ha avuto figli perché, quando era molto giovane, diceva che un figlio non si può mettere in valigia e portarlo con te in giro per le piazze, non ha senso - aggiunge Barbara Boncompagni sempre al Corriere -. Quando poi, intorno ai 40 anni, si sentiva più pronta alla maternità, la natura le disse: no, carina, non decidi tu, decido io. E Raffaella ha accettato questa condizione, non si è imbarcata in un accanimento terapeutico. Ma era molto contenta del fatto che io avessi figli e, quando andavo a trovarla, mi raccomandava sempre: porta i tuoi gioielli'.
'Se ne è andata da signora, quale era. In rigoroso silenzio. Non me la posso immaginare vecchia e malata, Raffaella ha lasciato un’immagine di sé assolutamente perfetta. Se potessi ancora dirle qualcosa, le direi: quanto bene ti voglio'.
Redazione Pressa
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