Da anni Lapressa.it offre una informazione libera e indipendente ai suoi lettori senza nessun tipo di contributo pubblico. La pubblicità dei privati copre parte dei costi, ma non è sufficiente.
Per questo chiediamo a chi quotidianamente ci legge, e ci segue, di darci, se crede, un contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di
modenesi ed emiliano-romagnoli che ci leggono quotidianamente, è fondamentale.
Parliamo del Rigoletto, che domani andrà in scena nel cortile d’onore del Palazzo Ducale.
In un primo momento, Verdi intendeva chiamare l’opera La maledizione. Così, il Cigno di Busseto scriveva al librettista Piave, il 3 giugno 1850: “Un infelice padre che piange l’onore tolto a sua figlia, deriso da un buffone di corte che il padre maledice, e questa maledizione coglie in una maniera spaventosa il buffone. Ti ripeto che tutto il soggetto sta in quella maledizione”. Il titolo definitivo Rigoletto, dal francese rigoler, scherzare, è più appropriato, perché la maledizione del dramma citata da Verdi non deve essere attribuita a una fatalità, a cause esterne, ma alla responsabilità dei personaggi e delle loro azioni. Il buffone di corte non ha subito la sorte avversa per il volere del fato, poiché è stato lui a provocarla e realizzarla.
Vita e morte, con le loro pulsioni, s’intrecciano nel dramma, diventano elemento di unità e Verdi presenta questo contrasto fin dal principio, con un Preludio assolutamente drammatico e presago, che annuncia la maledizione, e la musica di scena che segue, più leggiadra e spensierata.
Il Rigoletto è quindi un’opera degli opposti, colma di vita, al pari di ferite laceranti nelle quali s’intravede l’Autore stesso.
“Una terza bara esce da casa mia” scriveva Verdi, testimoniando il proprio dolore per le morti precoci e consecutive della giovane sposa e dei due figli. Una lettura diversa da quella tradizionale, può essere data all’opera: Gilda è oppressa dall’eccessivo affetto del padre e la brama del Duca rappresenta per lei un modo per fuggire da quell’abbraccio. Prendendo il posto del suo amante, si consegna alla vendetta del genitore e cancella così il ruolo di sostituta della madre: l’unica donna che abbia saputo amare il Buffone, nonostante la sua deformità.
Quello che commuove nell’agire di Rigoletto, è il suo bisogno di concepire e proteggere uno spazio estraneo alla licenza della Corte di Mantova e al mondo nel quale possa ripararsi la purezza dell’amore per la figlia.
Quello d’allontanarsi dalla vita reale e dal suo cinismo è una scelta di tanti, oggi come allora, che porta a trovare rifugio nella fede, nelle proprie passioni intellettuali, in sommi ideali, tra i quali anche un amore malato. Il loro scopo è sopravvivere all’inadeguatezza alla quale credono d’appartenere.
A causa di ciò, Rigoletto è l’artefice della propria maledizione e in quest’ambito deve essere ricercato il messaggio occulto dell’opera, che coinvolge la diversità e il reciproco rifiuto.
Il tema proposto da Verdi è di assoluta modernità e produce scontri e discussioni da sempre, con diverse declinazioni. Per gli indiani d’America, ad esempio, chi mostrava tendenze omosessuali non sollecitava alcuna critica o violenza: era dispensato dalla caccia e dalla guerra, ma godeva di grandissima stima per la raffinatezza, sensibilità e intelligenza delle quali solitamente godeva. In un’altra società e in tempi molto più vicini ai nostri, un artista come Pier Paolo Pasolini fu espulso dal Partito Comunista tra la fine del 1949 e i primi mesi dell’anno seguente per «deviazioni ideologiche». In verità, per essere stato sorpreso in atteggiamenti equivoci con un ragazzo.
Per i figli di Manitoo i “diversi” non esistevano, avevano risolto culturalmente il problema assegnando loro un ruolo nella società, convinti che se Dio aveva così scelto, era per una ragione certamente non discriminante. Il reciproco odio proposto da Verdi non aveva modo di manifestarsi, così come quella proposta di sottolineare ancora di più la diversità con leggi e aggravanti specifiche. Gli indiani avevano ragione.
Massimo Carpegna
Massimo Carpegna
Visiting Professor London Performing Academy of Music di Londra. Docente di Formazione Corale e del master in Musica e Cinema presso Istituto Superiore di Studi Musicali Vecchi Tonelli..
Continua >>