Venti anni senza Giorgio Gaber: l’ironia che smascherava il potere

Il primo gennaio 2003 moriva a 63 anni il Signor G. La sua lezione resta

Sono passati 20 anni dalla morte di Giorgio Gaber. Il primo gennaio 2003 moriva il Signor G, ma la sua lezione resta immortale. Una non lezione in realtà quella di Gaber, fatta di una ironia dissacrante capace di svelare l'ipocrisia del potere sempre e comunque descritto come autoreferenziale, moralista e condannato a deludere le aspirazioni di cittadini illusi e fiduciosi. Il potere dei più buoni, di chi abbraccia le piante e pensa al benessere delle specie in via d'estinzione, ma che, al di là delle apparenze, tradisce chi lo ha votato.
Resta l'orgoglio di una razza in estinzione e di una intera generazione sconfitta ma che comunque ci ha provato e resta la nostalgia per le grandi ideologie frettolosamente archiviate. Resta una idea di comunismo romantica e disillusa fondata su quella libertà partecipata nella quale col tempo nemmeno Gaber credeva più.
E poi la leggerezza, il gusto del sorriso e del gioco che scardina totem apparentemente intoccabili (come il rito delle elezioni e della cosiddetta 'democrazia') e spalanca le finestre delle stanze imbiancate dal politicamente corretto.
Gaber e Luporini hanno regalato uno spaccato d'Italia libero e ripulito da ogni dover essere. E adesso? Adesso davvero ci si sente come in due, da una parte l'uomo inserito che attraversa ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana e dall'altra il gabbiano senza più neanche l'intenzione del volo. Perché il sogno ormai si è rattrappito. Adesso è esattamente così. Con l'aggravante che non c'è più Giorgio Gaber a ricordarlo.

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