Il cosiddetto partito delle procure è patologia di sistema. Non ‘qualcosa’ che merita salvaguardia
 
  
Lato magistratura associata, ciò che si respira chiaramente è la paura
Ma l’affaire ‘separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri’ è davvero semplice.
Nel 1989, Ministro di grazia e giustizia Giuliano Vassalli, si decise di ri-disegnare ex abrupto le regole del gioco ‘processo penale’.
Nell’occasione, più specificamente, si decise di importare, anche in Italia, il cosiddetto processo penale accusatorio.
E, soprattutto - questo è il punto -, si decise di distinguere nettamente tra chi sarebbe stato chiamato a giudicare - il giudice - e chi sarebbe stato chiamato ad accusare - il pubblico ministero -.
Da quel momento e proprio in conseguenza dell’anzidetta decisione, il processo penale italiano registra la presenza sulla scena di tre soggetti (teoricamente) distinti e distanti tra loro: il giudice, il pubblico ministero e (l’avvocato del)la difesa.
Se così è – e così, oggettivamente, è –, però, allora la domanda è: perché un soggetto - il giudice - dovrebbe, ancora oggi, scendere in campo con la stessa maglietta di un altro soggetto - il pubblico ministero -?
L’affaire ‘separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri’, a voler essere intellettualmente onesti, è davvero tutto qui.
Ciò chiarito, il punto è: c’è chi afferma che la separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri sarebbe riforma pensata per assoggettare il pubblico ministero agli ordini del potere esecutivo.
L’affermazione che precede è semplicemente falsa.
Basta (saper) leggere: la proposta di legge costituzionale che qui ci occupa affonda le proprie radici nella futura costruzione da parte del legislatore costituzionale di due Consigli superiori della magistratura separati tra loro: l’uno espressamente dedicato alla magistratura giudicante – i giudici –, l’altro espressamente dedicato alla magistratura requirente – i pubblici ministeri –.
A conti fatti, davvero in nessun modo l’anzidetta riforma (ha mai) punta(to) a minare l’indipendenza e l’autonomia del pubblico ministero.
C’è poi un terzo, francamente ‘incredibile’, aspetto da considerare: un noto magistar, mass-mediaticamente ‘scatenato’ contro la separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri, si è recentemente spinto ad affermare - alla fantasia, come noto, non c'è limite - che l’anzidetta riforma troverebbe la propria giustificazione nella pretesa volontà governativa di fare sì che la magistratura non «arriv(i) ai colletti bianchi».
Ora: al di là della gratuità, assoluta, di un’affermazione anche ‘banale’ nella sua banalità – quale sarebbe, di grazia, la liason tra separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri, da un lato e la pretesa volontà governativa di impedire alla magistratura di «arrivare ai colletti bianchi», dall’altro lato? –, il punto è: ma questo Governo non e(ra) il famoso governo di destra tutto 'law and order'?
Diciamolo meglio: non e(ra) questo il famoso governo di destra che l’universo progressista (e)ra solito descrivere come 'forcaiolo' nell’impostazione?
Se così è, però, allora la domanda diventa: a quale logica risponderebbe, dunque, il fatto che, di punto in bianco, un governo tacciato d'essere addirittura 'forcaiolo' nell’impostazione arrivi a caldeggiare una riforma pensata per garantire impunità? A conti fatti, lato magistratura associata, ciò che si respira chiaramente è la paura.
La paura che, infine separata dalla componente giudicante della magistratura, la componente requirente della stessa venga politicamente ridotta all’irrilevanza.
Ma attenzione: il cosiddetto partito delle procure è patologia di sistema. Non è ‘qualcosa’ che merita di esistere.
E, soprattutto, non è qualcosa che, già esistente, meriti salvaguardia. L'affaire ‘Palamara’ docet.
Quindi – e concludo –: se davvero l’esito pratico della separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri fosse (anche) quello di ridurre all’irrilevanza politica il cosiddetto partito delle procure, (anche) da questo punto di vista, ben venga, dunque, la separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri.
La giustizia non potrebbe che trarne, una volta più ancora, giovamento con la g maiuscola.
Guido Sola
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