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Perchè Bibbiano è la Chernobyl del Pd

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Il Pd ha deciso di spegnere il reattore nella maniera più rapida possibile calando le barre di grafite nel cuore della centrale atomica in pressione


Perchè Bibbiano è la Chernobyl del Pd
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Il più grave incidente nucleare della storia si verificò nel 1986 nella città di Chernobyl, quando ancora l’Ucraina era parte dell’Unione Sovietica. Quell’incidente segnò un punto di svolta nella storia del nucleare. La verità sulle cause e sulle conseguenze dell’incidente fu coperta a lungo da una coltre di segreti, propaganda e ragione di Stato ma c’è comunque un certo accordo sulla sequenza di eventi che portò alla catastrofe.

  1. L’impianto era intrinsecamente obsoleto e pericoloso
  2. In quel momento si stava conducendo una sperimentazione
  3. Il personale non aveva la preparazione e le informazioni necessarie
  4. Durante lo svolgimento del test vennero disattivati i dispositivi di sicurezza
  5. Quando il reattore nucleare era già fuori controllo furono attuate delle procedure di emergenza che peggiorarono la situazione fino a far esplodere il reattore

Venendo a Bibbiano (anche se in realtà la vicenda riguarda l’Unione dei Comuni della Val d’Enza), non c’è dubbio che la materia degli abusi sessuali sia di per sé  delicata e meritevole della massima precauzione, come altrettanto delicata è la questione della sospensione e della decadenza della potestà genitoriale.

Allo stesso modo è certo che l’“impianto” della legge che regolamenta l'adozione e l'affidamento dei minori” sia alquanto datato. La legge 184 fu approvata infatti nel 1983, pochi mesi prima dell’entrata in funzione del reattore 4 di Chernobyl.

Ed è nel 1934 (XIII dell’Era Fascista), quando Enrico Fermi stava appena cominciando a studiare la radioattività, che venne approvato il  Regio Decreto n. 2316 che disciplina l'intervento della pubblica autorità a favore dei minori abbandonati, poi confluito nell’articolo 403 del Codice Civile.

Come ebbe a dire il Ministro Guardasigilli Dino Grandi “l'assunzione di questa norma nel codice civile vuol significare che l'intervento dell'autorità a favore dell'infanzia abbandonata o allevata in modo non conveniente, costituisce nel nuovo diritto non tanto una funzione amministrativa di carattere eccezionale, quanto una normale pubblica attività nell'interesse della sanità fisica e morale della stirpe”.

Come a Chernobyl l’Unione dei Comuni della Val d’Enza stava conducendo una sperimentazione. Sperimentazione che ha trovato in Roberta Mori (Pd), consigliere regionale e Presidente della Commissione Parità della Regione Emilia Romagna (nonché relatrice della proposta di legge regionale sulla “omotransnegatività” attualmente in discussione al Consiglio Regionale dell’Emilia Romagna”), una “sponda”, configurando un’esperienza che a suo dire poteva essere considerata “esemplare per tutta l’Emilia Romagna“. Il Modello Val d’Enza come “modello da esportare”, come anticipazione di un sistema che in prospettiva sarebbe stato applicato su più larga scala.

Partner e sponda al punto tale da convocare per una audizione in regione Federica Anghinolfi (dirigente dei servizi sociali dell’Unione Val D’Enza) e Andrea Carletti (sindaco di Bibbiano) perché presentassero il loro “modello” e da partecipare nel 2016 al convegno che si tenne a Bibbiano intitolato “Quando la notte abita il giorno: l’ascolto del minore vittima di abuso sessuale e maltrattamento. Sospetto, rivelazione, assistenza, giustizia'. Tra i relatori il gotha degli odierni indagati.

E ancora, come a Chernobyl, la sperimentazione puntava a portare il sistema quanto più possibile vicino al punto di rottura.

Secondo il Piano sociale e sanitario 2017-2019 del Distretto Val d’Enza i minori 'seguiti' erano 980 nel 2016 e 1.134 nel 2017 il che corrisponde al 9,4% dei minori residenti nel territorio.

Il dato, ovviamente, fotografa la situazione a quel dato momento. Ma se si considera un normale turnover tra i soggetti “dimessi” e quelli presi in carico è lecito immaginare che i minori i cui nomi sono finiti in un fascicolo di quell’ufficio siano molti di più.

Nel Documento Unico di Programmazione 2018-2020 dell’Unione dei Comuni si citano, senza citarle, ricerche empiriche secondo le quali “nei paesi occidentali gli abusi sessuali nei confronti di minorenni coinvolgono circa l’8% della popolazione minorile, specialmente di sesso femminile; in Italia la media è di circa il 3%”.

Ovviamente lo scarto tra il dato italiano e quello degli altri paesi occidentali è da imputare “al negazionismo, ad un tipo di cultura familiare patriarcale e a scarse segnalazioni dei sospetti abusi sessuali che spesso si evidenziano a scuole e nei servizi preposti alla tutela”.

Ma, a dimostrazione di come il fenomeno degli abusi sia in una fase di crescita impetuosa e ingovernabile, un rigo dopo “il fenomeno dei collegamenti fra abusi sessuali su minori, violenza di genere, patologie psichiatriche e dipendenze patologiche”, risulterebbe (sic) riguardare circa il 20% della popolazione minorile.

Quasi un minore su dieci “seguito” dai servizi sociali, in una piccola comunità come quella della Val d’Enza , significa che ognuno avrà avuto, se non un figlio, un fratello, un cugino o un nipote meritevole di “tutela”.

Eppure il traguardo del 20% era ancora distante da raggiungere. Federica Anghinolfi stava ai minori abusati come il compagno Stachanov stava al carbone. Bisognava estrarne sempre di più, non dimenticando che “i reati contro l’infanzia violata, sono operati per il 90% da figure adulte che fanno parte della rete parentale dei minori”.

E più cresceva il numero dei minori presi in carico, più crescevano le “condivisioni traumatizzanti”, come si può leggere nella Relazione al Rendiconto di Gestione Esercizio 2018 (allegato Q) che inducevano il Tribunale dei Minori a chiedere altrettanti “interventi protettivi nelle comunità e case famiglie”.

Come a Chernobyl, inoltre, gli operatori che presidiavano la sala di controllo avevano una preparazione insufficiente e disponevano di conoscenze limitate, se non proprio errate.

Claudio Foti, il  “direttore scientifico del Centro Studi “Hansel e Gretel” partner dell’Unione dei Comuni e attualmente indagato, non ha nemmeno la laurea in Psicologia, tanto meno in Psichiatria. Si è laureato in Lettere all’Università di Torino nel 1978, dopo otto anni di studio, ha partecipato a “Maratone e gruppi di psicodramma” e svolto un “tirocinio in qualità di psicologo”, presso il “servizio di Neuropsichiatria infantile dell'Ospedale Maggiore della Carità di Novara”. Forte di questi titoli nel 1982 ottiene la nomina a “giudice onorario” del Tribunale dei minori di Torino, nel 1989 insegna presso l’Istituto di Psicoterapia psicoanalitica di Torino” e nel 1992 insegna educazione sessuale ai bambini delle scuole medie.
Foti, va precisato, è iscritto all’Ordine degli Psicologi grazie al cosiddetto “articolo 32”, una norma che ha consentito a soggetti con una laurea in sociologia, biologia, filosofia, scienze politiche, giurisprudenza, o anche soltanto con un diploma, in virtù di una asserita pratica da psicologo, di ottenere il riconoscimento di quel titolo fino al 1989, anno in cui è stato disciplinato più rigorosamente l’accesso alla professione.

Ma la pericolosità potenziale di Claudio Foti, secondo l'accusa, non avrebbe avuto conseguenze pratiche, quantomeno in Val d’Enza, se il sindaco  Andrea Carletti non avesse affidato al Centro Studi “Hansel e Gretel” in maniera discrezionale, e sempre secondo l’accusa commettendo un abuso d’ufficio, un ruolo centrale nella gestione degli affidi e del trattamento dei minori abusati. Con ciò compiendo una scelta ben precisa, che non può non comportare una responsabilità quantomeno politica.

Al momento dell’affidamento, infatti, quel Centro Studi era già noto anche per i casi della Bassa Modenese. Storie di presunti abusi, aperti da denunce basate sull’”ascolto empatico” e conclusi con raffiche di assoluzioni.
E, ancora di più, come è già stato scritto su queste pagine, era nota l’adesione a teorie e metodi assolutamente controversi e minoritari nell’ambito della comunità scientifica e degli operatori sociali.

Perché Carletti non ha seguito le procedure ordinarie, basate su una selezione di evidenza pubblica piuttosto che sull’affidamento diretto, per la scelta del contraente privato?
E perché, essendosi assegnato un potere che secondo la Procura non avrebbe avuto, non ha prudentemente scelto un soggetto in possesso di competenze adeguate e ispirato ai principi condivisi dagli esperti del settore?

Anche in questo caso un sigillo sembrerebbe essere stato violato, una sicura rimossa. Ma la catastrofe vera non è ancora avvenuta.

Il sistema è entrato in fibrillazione. Un numero spropositato di “falsi positivi” (ovvero di procedimenti per presunti abusi conclusi con l’assoluzione piena degli accusati) ha attivato un’indagine della magistratura e prodotto 29 avvisi di garanzia (18 arrestati). Il Pd, secondo una tradizione radicata in Italia per cui trovare un colpevole è più importante che trovare una soluzione, viene indicato come il partito che ruba i bambini per venderli.

La polemica politica prende il sopravvento e, come spesso avviene, oscura la sostanza stessa delle cose. Nell’immediato il Pd prende le distanze, addirittura assume toni giustizialisti.

Si comporta come i vertici del Partito Comunista Cinese, che periodicamente incarcerano i dirigenti locali del partito per corruzione con lo scopo di placare la rabbia dei cittadini.

Scrive Democratica, sito ufficiale del Pd, il giorno stesso degli arresti: “Il quadro accusatorio è raccapricciante. I piccoli venivano sottoposti ad ore e ore di intensi ‘lavaggi del cervello’ durante le sedute di psicoterapia. Bambini suggestionati con l’uso di impulsi elettrici per poi essere strappati alle famiglie e affidati a persone con problematiche psichiche e con figli suicidi. Due i casi accertati di stupro presso le famiglie affidatarie e in comunità, dopo l’illegittimo allontanamento.”

“Casi accertati”, quando ancora gli avvisi di garanzia erano freschi di inchiostro.

Ma la manovra non sortisce effetto. C’è sempre un Robespierre più Robespierre di te che ti vuol mandare alla ghigliottina. Il linciaggio prosegue, soprattutto sui social.
Ed è qui che avviene la catastrofe definitiva.
Il Pd decide di spegnere il reattore nella maniera più rapida possibile, e cala le barre di grafite nel cuore della centrale atomica in pressione. Come il Politburo tra la verità e lo spirito di conservazione opta per lo spirito di conservazione.

Secondo la nuova versione ufficiale non c’è nessuna responsabilità politica del partito, a nessun livello, per fatti che, improvvisamente, diventano tutti da provare. Anzi, chissà se mai sono avvenuti.
Questo fa deflagrare definitivamente il caso. All’accusa di rubare i bambini si somma quella di volere insabbiare i fatti.
La centrale di Bibbiano è adesso definitivamente in frantumi.
Resta adesso da fare il conto esatto delle vittime e capire quale sarà l’ampiezza delle ripercussioni.

Perché quando salta una centrale tutte le altre vengono messe in discussione, e qualcuno potrebbe anche non distinguere che tipo di combustibile usano.
La qual cosa è un grosso problema perché, al netto delle analisi naif e dei toni grotteschi che abbiamo visto in questa vicenda, l’abuso sui minori è un problema serio, e l’istituto dell’affido un presidio di civiltà e di solidarietà che deve essere preservato.
Con molta fatica Gorbaciov riuscì a praticare in qualche misura la glasnost restituendo pezzi di verità e rendendo parzialmente onore alle vittime di Chernobyl.

La speranza è che il PD sappia fare altrettanto, per il rispetto che si deve ai genitori e ai bambini coinvolti, per l’importanza di mantenere, correggendola profondamente, la disciplina del sostegno alle vittime di abuso o, se non altro, perché il giudizio degli storici non sia in futuro troppo severo.

Paolo Messina 

Ndr La redazione ha deciso di ospitare questo lungo intervento di un nostro lettore, iscritto Pd, che oggi vive in Polonia. Un intervento corposo e che si basa su un'iperbole, argomentata nei dettagli, che crediamo possa essere utile al dibattito sul caso-Bibbiano. Siamo pronti, come sempre, ad ospitare interventi difformi, di apprezzamento o di critica.

Redazione Pressa
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La Pressa è un quotidiano on-line indipendente fondato da Cinzia Franchini, Gianni Galeotti e Giuseppe Leonelli. Propone approfondimenti, inchieste e commenti sulla situazione politica, ..   Continua >>


 
 
 
 


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