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'La morte di Alfie Evans, che è anche cittadino italiano e, soprattutto, l'incomprensibile comportamento tenuto dall'autorità giudiziaria britannica in questa terribile vicenda, necessitano di una spiegazione chiara, che faccia piena luce sulla distorta interpretazione dei fondamentali principi di vita e libertà. La Farnesisa convochi con urgenza l'Ambasciatore inglese a Roma per fornire chiarimenti'. A chiederlo l'avvocato Enrico Aimi, Senatore del gruppo Forza Italia.
'Si tratta di una questione estremamente delicata, che investe fondamentali principi legati ai rapporti tra gli Stati e al rispetto delle norme internazionali che sovrintendono alle relazioni tra gli stessi. Un 'vulnus', quello subito dall'Italia, cui le autorità britanniche devono dare risposte chiare prima di intraprendere qualsiasi eventuale ulteriore azione diplomatica.
Se la Procura di Roma deve aprire un fascicolo - come avevamo gia' richiesto poche ore dopo che il giudice Anthony Hayden aveva decretato il distacco del respiratore al piccolo Alfie - ora anche la politica deve fare la propria parte evitando atteggiamenti timidi e vigliacchi per difendere valori cui ogni Paese civile dovrebbe guardare con rispetto'
Chi ha guardato al Cielo in queste ore lo ha fatto per il piccolo gladiatore che, secondo le certezze della scienza e della tecnica, sarebbe dovuto morire dopo pochi minuti dal distacco del respiratore decretato dal 'giudice' Anthony Hayden, mentre ha resistito inspigabilmente per oltre 100 ore. Ma il popolo di Alfie Evans lo ha fatto anche e soprattutto per salvaguardare due valori non negoziabili, compromessi da un 'giudice parruccone' già impegnato in altre battaglie politiche: quelli della libertà e della vita.
La prima, la liberta', calpestata nel nome del primato dello Stato sul singolo che ha decretato questa volta Ia vittoria del Gigante Golia contro questo piccolo Davide. Così tutti noi ci siamo domandati come mai i genitori di Alfie - che peraltro era anche cittadino italiano - non erano liberi di trasportarlo fuori da quell'ospedale senza speranze e senza cure, mentre ne' esisteva un altro, il Bambin Gesù di Roma, pronto ad accoglierlo e a curarlo, così come era altrettanto pronto ad imbarcarlo un aereo dell'Aeronautica Militare Italiana con tanto di equipe medica a bordo'.
'E' qui - continua Aimi - la domanda cruciale: di chi è Alfie, dei genitori o dello Stato? Questo è l'interrogativo che inquieta e scuote le coscienze, vero miracolo in un mondo addormentato nel nulla. Perché percepiamo che in questo caso sono saltati tutti i parametri più elementari. Anche il secondo valore non negoziabile, quello della vita, messo nelle mani di un giudice con il potere di staccare la spina pone degli interrogativi inquietanti. Siamo infatti al cospetto di un giudice pronto a schierare uomini in divisa per difendere il primato della morte su quello della vita. A capire questo mondo ci vuole davvero lo psichiatra. Infatti tutti noi - ma non sappiamo per quanto ancora reggerà questo principio - siamo abituati ad assistere all'intervento dello Stato per difendere la vita. Caso emblematico quello del bambino che necessità di una trasfusione urgente mentre i genitori, Testimoni di Geova, vi si oppongono.
Ma nel caso di Alfie il ragionamento è opposto. Perché schierare 30 'gendarmi' a difendere il distacco del respiratore con tanto di proibizione addirittura alla nutrizione e all'idratazione del paziente? Perché questo amore passionale per la morte, tanto violento da aver addirittura soppresso anche la speranza. Che ne sa il 'parruccone' in toga di possibili altre cure o dei passi da gigante che può compiere, magari domani la scienza medica? Qui si è superato il limite. Dove sono i paladini contro la pena di morte, le associazioni alla 'Nessuno tocchi Caino'? Qui dobbiamo invece tornare a chiedere a Caino di lasciar stare Abele. Alfie Evans è diventato ora una battaglia di civiltà, per riportare l'uomo alla ragione smarrita perché, ricordiamocelo, libertà e vita sono valori non negoziabili che segnano il confine, il solco profondo, con la barbarie di coloro che, in nome dello Stato, sono pronti a soffocare vita e libertà'