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'Si puo' e si deve sempre isolare e condannare la violenza', ma quando i diritti anche costituzionali 'non vengono rispettati', nonostante gli accordi sindacali sottoscritti in Prefettura, 'a che santo si possono appellare gli schiavi' degli appalti?
Se lo chiede la Flai-Cgil Emilia-Romagna, intervenendo sul caso Italpizza e di sciopero Si Cobas. Il segretario Flai Emilia-Romagna Umberto Franciosi, richiama la necessità che il problema e la situazione di tensione di questi giorni torni sui tavoli istituzionali e analizza nel suo intervento, le cause 'politiche' e per cosi dire 'ambientali', che attraversano gli ultimi 20 anni e hanno creato la situazione di oggi
'La rivolta di questi giorni, che non condivido per i mezzi e le modalita' con cui viene condotta, non ci sarebbe stata se, negli anni passati, le istituzioni fossero state presenti nel contrastare il fenomeno del 'caporalato degli appalti'- ricorda Franciosi in una nota- e se avessero fatto anche un piccolo 'rimbrotto' alle tante 'Italpizza', certificate o meno, che sono presenti sul nostro territorio'
'Ciò che non mi convince della vertenza Italpizza - prosegue Franciosi - è l'assenza di appelli, raccomandazioni o un semplice rimbrotto, da parte delle Istituzioni e associazioni datoriali, per chiedere ad Italpizza “responsabilità”! Responsabilità sociale, quella che prevede la certificazione etica a cui s'ispira e che dovrebbe essere applicata anche dalle sue cooperative appaltatrici certificate.
Ciò che non mi convince è l’assoluta indifferenza, da parte di tanti e di troppi,
alla quantità e qualità degli appalti che si sono succeduti all'interno di Italpizza, come in tante altre aziende del distretto alimentare modenese. Appalti che hanno creato, in oltre vent’anni, precarietà, sfruttamento dei “nuovi schiavi” degli appalti e atteggiamenti ostili nei confronti dei lavoratori iscritti a sindacati che si opponevano a questo sistema o che rivendicavano un contratto di lavoro decente, orari e turni di lavoro più umani, non solo dei Si Cobas, ma anche della Cgil.
Si può rimanere indifferenti a quanto è accaduto in quel sito produttivo, almeno dal 2008 ad oggi? Si può rimanere indifferenti ai
crac finanziari che hanno coinvolto le imprese appaltatrici, compresi i consorzi, che hanno seminato debiti ed evasioni fiscali? Si può rimanere indifferenti all’inefficacia con cui le istituzioni competenti non hanno risposto alle oltre 80 segnalazioni di appalti illeciti che la FLAI Cgil, dal lontano anno 2000, ha inviato per denunciare le illegalità presenti in tante imprese del distretto alimentare modenese, compresa la stessa Italpizza?
Si ha paura che l’impresa se ne vada a produrre da un’altra parte? Ci vorrebbe lo stesso coraggio che, gli amministratori comunisti degli anni 70, ebbero quando s’imposero per convertire lo sviluppo industriale che inquinava il nostro ambiente (ceramiche) o le nostre falde acquifere (allevamenti intensivi) su attività imprenditoriali ambientalmente sostenibili.
La rivolta di questi giorni, che non condiviso per i mezzi e le modalità con cui viene condotta, non ci sarebbe stata se, negli anni passati, le istituzioni fossero state presenti nel contrastare il fenomeno del “caporalato degli appalti” e se avessero fatto anche un piccolo “rimbrotto” alle tante “Italpizza”, certificate o meno, che sono presenti sul nostro territorio.
Ci vorrebbe lo stesso coraggio di cinquant’anni fa! Coraggio politico per chiedere un modello di sviluppo che non preveda situazioni di sfruttamento come quelle che, l’ispettorato del lavoro dopo anni dall’invio delle nostre segnalazioni, ha recentemente certificato, come abbiamo appreso dalla risposta del Governo all’interrogazione dell’Onorevole Ascari del M5S'