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In tutto sette richieste di assoluzione e sei di condanna, con la 'mazzata' della richiesta di cinque anni di carcere per l'ex capogruppo Marco Monari. Tanto ha chiesto la pm di Bologna Morena Plazzi nei confronti di 13 ex consiglieri regionali del Partito democratico, accusati di peculato per una serie di rimborsi spese percepiti tra giugno 2010 e dicembre 2011. Nel dettaglio, è stata chiesta l'assoluzione per Marco Carini, Gabriele Ferrari, Roberto Garbi, Mario Mazzotti, Roberto Montanari, Giuseppe Eugenio Pagani, Damiano Zoffoli. Chieste invece condanne a due anni e sei mesi per Luciano Vecchi, due anni e tre mesi per Rita Moriconi, e a un anno e sei mesi per Thomas Casadei, Valdimiro Fiammenghi e Roberto Piva.
IL COMMENTO
“La posizione dell’accusa è nota fin dall’inizio del procedimento giudiziario nei miei confronti - afferma Vecchi -.
Ritengo che, anche nel corso del dibattimento, si sia dimostrata l’infondatezza delle accuse che mi vengono rivolte. Attendo quindi con fiducia, nel prossimo autunno, il pronunciamento del Tribunale di Bologna”.
I DETTAGLI
Molto più lievi le contestazioni mosse agli altri ex consiglieri. Quello di Luciano Vecchi, per cui e' stata chiesta la condanna a due anni e mezzo, sarebbe secondo Plazzi 'il tipico caso, purtroppo non isolato, di uso strumentale delle Istituzioni per scopi di partito', e rappresenterebbe 'l'ultima conseguenza della contrazione dei finanziamenti ai partiti'. Vecchi, afferma infatti la pm, 'fu catapultato da Roma, dove viveva e lavorava, a Bologna, ma nel periodo in esame risulta che tornò nella Capitale 40 volte, per piu' giorni e sempre per impegni di partito'.
A Roma, prosegue Plazzi, 'Vecchi faceva la spesa e comprava i giornali, facendosi rimborsare tutto, e lasciava la carta di credito a disposizione dei familiari, come dimostra il fatto che tra le spese rimborsate ce ne siano alcune per acquistare libri di scuola'. Insomma, sintetizza la pm, Vecchi avrebbe messo in atto 'un sistematico dirottamento delle risorse a carico del gruppo consiliare'. Discorso simile per Rita Moriconi, per cui la richiesta e' di due anni e tre mesi. Secondo Plazzi, l'ex consigliera utilizzava i fondi regionali per 'mantenere in vita il proprio sottogruppo all'interno del partito'. Nei suoi confronti è stata chiesta la condanna anche per le spese relative ai conti degli alberghi, quelle telefoniche, e anche per l'acquisto, fatto pero' da un suo collaboratore (che si presento' in Procura ammettendo il fatto), di un sex toy.
Restano gli ex consiglieri per cui e' stata chiesta la condanna a un anno e sei mesi. A Roberto Piva si contestano due viaggi che, seppur legati all'attivita' di partito, per Plazzi 'non avevano nulla a che fare con l'attivita' del gruppo consiliare'. Il primo e' un soggiorno di due giorni (16 e 17 ottobre 2011) a Bruxelles, per partecipare a un'iniziativa organizzata dai simpatizzanti di Rosy Bindi, mentre il secondo riguarda il rimborso delle spese di soggiorno della moglie, che lo aveva accompagnato a Roma il 5 e 6 novembre del 2011 a un'iniziativa di partito, e che venne fatta passare per una sua collaboratrice. Le ultime due posizioni sotto esame sono quelle di Thomas Casadei e di Valdimiro Fiammenghi. Al primo, docente dell'Universita' di Modena e Reggio Emilia, vengono contestati una serie di rimborsi per viaggi in treno da Forlimpopoli, il paese in provincia di Forli'-Cesena in cui risiede Casadei, a Modena, con relativi soggiorni in albergo, e l'acquisto di varie copie (22 nel caso piu' eclatante) di alcuni libri e riviste che ospitavano suoi articoli e contributi. Anche la richiesta di condanna per Fiammenghi poggia principalmente su rimborsi chilometrici: in particolare, nel mirino della Procura ci sono quattro viaggi di andata e ritorno da Marina di Ravenna a Cervia, rimborsati nelle stesse date in cui l'ex consigliere si era fatto rifondere i soldi spesi per dei viaggi a Roma. Inoltre, conclude Plazzi, Fiammenghi 'ha anche ottenuto dei rimborsi per l'acquisto di attrezzature e per dei regali non meglio specificati: ad esempio, nel caso di un telefono cellulare, la Polizia giudiziaria e' dovuta risalire al venditore per capire quale fosse l'oggetto acquistato'. Quanto basta, secondo la pm, per dire che si trattava di spese illecite.