Delon era nato a Sceaux, nella regione dell’Île-de-France, l’8 novembre 1935. Scorrendo la sua biografia, come riporta Italpress, ci si imbatte, innanzi tutto, in un’infanzia difficile. Alain ha solo 4 anni quando i genitori si separano e lui viene prima affidato a una famiglia adottiva e, poi, mandato in un collegio di suore. È solo il primo di una serie di istituti che cambierà a causa della sua intemperanza. A 14 torna a casa, lasca la scuola e inizia a lavorare nella salumeria del compagno della madre. Anche questa esperienza però non dura a lungo: tre anni dopo si arruola nella marina francese e viene destinato in Indocina, nel Sud-Est asiatico. Nel 1956 torna in Francia dove, per mantenersi, a Parigi svolge i lavori più disparati, dal facchino al cameriere.
L’anno dopo un’altra tappa fondamentale è l’incontro con Luchino Visconti che lo vuole come protagonista del suo film “Rocco e i suoi fratelli”. Il personaggio di Rocco gli regala un successo anche internazionale e dopo “Che gioia vivere” di Clément e “L’eclisse” di Michelangelo Antonioni, l’attore è di nuovo su un set per Visconti, stavolta per “Il gattopardo” nel quale, nei panni del principe Tancredi, strega letteralmente il pubblico femminile.
Dalla metà degli anni ’70, Delon recita quasi esclusivamente in polizieschi violenti (come “Morte di una carogna”) e produzioni internazionali di scarso rilievo (come “Airport 80”), ad eccezione di “Borsalino & Co” (sequel del precedente, senza Belmondo ma con Riccardo Cucciolla) e “Zorro” di Duccio Tessari. Continua anche l’impegno come produttore con film come “Flic Story” di Jacques Deray con Jean Louis Trintignant. Negli anni ’80 si fa notare in particolare per l’interpretazione in “Nido di spie”, uno dei più alti incassi del cinema sovietico, e per l’esordio nella regia con il film “Per la pelle di un poliziotto” che, oltre a dirigere, scrive, produce e interpreta con Anne Parillaud (la sua futura compagna). Sempre negli stessi anni lo si vede in “Un amore di Swann”, tratto dall’omonima opera di Marcel Proust e con Ornella Muti e Jeremy Irons, e “Notre histoire” di Bertrand Blier (che gli regala l’unico premio César della carriera come migliore attore protagonista). Negli anni che seguono la carriera di Delon imbocca la via discendente: gli unici titoli di rilievo sono “Il ritorno di Casanova”, “Nouvelle Vague” di Jean-Luc Godard e “Uno dei due” di Patrice Leconte (di nuovo al fianco di Belmondo). Nel 1995, però, riceve a Berlino l’Orso d’oro alla carriera. Due anni dopo annuncia di volersi ritirare dalle scene ma, in realtà, si allontana soltanto dal cinema: intensifica, infatti, la sua attività teatrale e, nei primi anni Duemila, arriva in televisione nei panni di Fabio Montale della polizia di Marsiglia. Nel frattempo, dalla nuova relazione con la modella olandese Rosalie van Breemen, nascono i due figli Anouchka e Alain-Fabien. Nel 2005, complice la crisi sentimentale con la van Breemen, Delon rivela alla stampa la sua lotta contro la depressione che lo ha portato sull’orlo del suicidio. Nello stesso anno riceve dal presidente francese Jacques Chirac la Legion d’onore per il contributo all’arte cinematografica mondiale. Nel 2008, contrariamente a quanto annunciato, torna al cinema: è Giulio Cesare in “Asterix alle Olimpiadi”. Continua anche a recitare a teatro e a ricevere riconoscimenti alla carriera tra cui la Palma d’oro onoraria al Festival di Cannes. È il 19 maggio 2019; un mese dopo Delon viene colto da un ictus seguito da un’emorragia cerebrale. Poi il linfoma. Oggi l’addio.
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