Era il gennaio del 1991 e la sua “Lettera al Caro Estortore” fece scalpore. La mafia aveva chiesto 50 milioni alla sua Sigma, azienda tessile che produceva pigiami e vestaglie da uomo, ma Libero Grassi non ci stava a vedere andare via il frutto del suo lavoro (“Ho costruito questa fabbrica con le mie mani“). La lettera fece di Grassi un eroe involontario: arrivò la notorietà, consacrata con l’invito a ‘Samarcanda’ di Michele Santoro nell’aprile del 1991. Con questa arrivarono anche i rischi e la solitudine da parte dei vertici dell’associazione degli industriali.
Troppo grande lo ‘sgarbo’ fatto ai clan, che non potevano accettare che il coraggio di Grassi facesse scuola tra commercianti e imprenditori palermitani. Per quell’omicidio vennero condannati Salvino Madonia, figlio del boss di Resuttana e il complice Marco Favaloro. Da allora, ogni anno, in via Alfieri, istituzioni e amici della famiglia Grassi si ritrovano per ricordare il sacrificio di un imprenditore che chiedeva soltanto di potere lavorare liberamente nella sua terra. La vernice rossa che ogni 29 agosto macchia il marciapiede di via Alfieri va oltre il significato meramente simbolico, così come la scritta (non ci sono lapidi) che ogni anno viene rinnovata: “Il 29 agosto 1991 qui è stato assassinato Libero Grassi – Imprenditore, uomo coraggioso ucciso dalla mafia, dall’omertà dell’associazione degli industriali, dall’indifferenza dei partiti, dall’assenza dello Stato”.
Quella Palermo, ora, è un ricordo sbiadito: imprenditori e mondo politico hanno voltato pagina schierandosi con la legalità nella strada aperta da Libero Grassi e proseguita dai ragazzi di Addiopizzo.
Oggi il nome di Libero Grassi e le sue idee di libertà vengono portate avanti dall’associazione ‘Parco Libero’, nata nel gennaio 2020 con lo scopo di avviare la rigenerazione sociale di una precisa area della costa Sud di Palermo. Un’area nella zona di Acqua dei Corsari, alla periferia est del capoluogo siciliano, dove agli inizi del ventesimo secolo si insediarono le fabbriche di mattoni di cotto caratterizzate da altissime ciminiere ancora esistenti. Quella zona col tempo fu contrassegnata dal degrado ambientale e negli anni del ‘Sacco di Palermo’ fu trasformata in una mega discarica di sfabbricidi a cielo aperto.
Nel 2013 l’area viene intestata formalmente dal Comune a Libero Grassi ma ci sono voluti undici anni, e una buona dose di polemiche per potere avere una data di inizio lavori di bonifica che dovrebbero partire proprio nell’autunno di quest’anno.