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Miocardite e pericardite post-vaccino nei giovani: nuove conferme

Miocardite e pericardite post-vaccino nei giovani: nuove conferme

L'indagine è pubblicata sul British Medical Journal ed è stata coordinata da Lisa Hartling, dell'Università dell'Alberta ad Edmonton


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I casi di miocardite e pericardite sono più alti tra i giovani maschi, subito dopo una seconda dose di vaccino a mRna contro il Covid. Non solo: a fronte di quadri cardiaci sostanzialmente lievi nella maggioranza dei casi, si sottolinea come il rischio di miocardite o pericardite potrebbe calare allungando ad almeno un mese l'intervallo tra prima e seconda dose. In particolare i tassi di miocardite dopo i vaccini con mRNA sono più alti negli adolescenti maschi e nei giovani adulti maschi (50-139 casi per milione tra i 12-17 anni e 28-147 casi per milione tra i 18-29 anni).
Sono queste le conclusioni alle quali arriva una recente ricerca canadese, pubblicata tre giorni fa da La Repubblica, che prende in esame oltre 8000 casi segnalati in 46 diversi rapporti di studiosi canadesi  riporta una serie di indicazioni che possono aiutare a limitare i rischi. L'indagine è pubblicata sul British Medical Journal ed è stata coordinata da Lisa Hartling, dell'Università dell'Alberta ad Edmonton.
Per lo studio i rischi sarebbero comunque inferiori a quelli legati all'infezione naturale.

Per ragazze e ragazzi di età compresa tra 5 e 11 anni e femmine di età compresa tra 18 e 29 anni, i tassi di miocardite dopo la vaccinazione con vaccino Pfizer in particolare potrebbero risultare inferiori a 20 casi per milione.
Ancora: per le persone di età compresa tra 18 e 29 anni, la miocardite è probabilmente più alta dopo la vaccinazione con Moderna che con Pfizer e per i soggetti di età compresa tra 12 e 39 anni, i tassi di miocarditi o pericarditi potrebbero essere inferiori quando la seconda dose viene somministrata più di 30 giorni dopo la prima dose.
I dati specifici per i maschi di età compresa tra 18 e 29 anni indicano che l'intervallo tra le somministrazioni potrebbe dover aumentare addirittura a più di 56 giorni per ridurre sostanzialmente i tassi di queste condizioni. Insomma: per limitare i rischi, meglio distanziare le somministrazioni vaccinali.
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