Tragedia nel mondo dello sport di Modena. E' morto ieri sera, colpito improvvisamente da un infarto mentre era fuori a cena nel reggiano, Luciano Landi allenatore e direttore sportivo della Associazione Amici del Nuoto dei Vigili del Fuoco di Modena. Luciano aveva 55 anni ed era in perfetta forma fisica: un atleta vero che faceva allenamenti quotidiani in vasca e sulla sua bicicletta. All'interno della piscina del Comando vigili del fuoco di Modena, ha cresciuto tanti giovani atleti che sotto la sua guida hanno raggiunto risultati sia a livello nazionale che internazionale: su tutti Lorenzo Mora, Caterina Brighi e Mattia Dall'Aglio. Proprio l'improvvisa scomparsa per arresto cardiaco del 24enne Mattia Dall'Aglio ad agosto 2017 aveva segnato profondamente Luciano. Un destino che a tre anni di distanza lo ha tragicamente legato al suo atleta.
Lascia la compagna Maurizia e due figli. Modena perde un allenatore di livello, ma soprattutto un uomo buono e sensibile. Alle ultime elezioni amministrative si era candidato nella lista civica di Modena Ora, collaborava saltuariamente con il nostro quotidiano...
La verità è che ho perso un amico. Amava la musica classica, i vinili, i libri, le pipe in radica, la birra artiginale... Sapeva parlare e ascoltare per ore, non giudicava mai e si offendeva solo se si gettava per terra una cartaccia. Perchè la natura non lo merita. Per questo era vegetariano, perchè gli animali non possono essere mangiati. Tanto meno i pesci. Avete mai visto un pesce nuotare? Come è possibile mangiarlo... Diceva. Un uomo capace di abissi profondi, capace di scherzare e di ridere di gusto, col suo ossessivo bisogno di 'andare a tempo'. Indulgente coi deboli e sferzante coi forti.
Ha cercato Dio ogni giorno della sua vita, con la certezza inscalfibile, sempre, in ogni caso anche nei giorni più bui, che non fosse una ricerca vana. La morte di Mattia Dall'Aglio lo aveva sconvolto negli ultimi tre anni ma non aveva smarrito la Fede. La mia verità su Luciano è questa.
Domenica scorsa, nove giorni fa, ha inviato al mio cellulare l'ultima riflessione, non un vero e proprio articolo, ma una poesia. Non la pubblicammo come avrebbe voluto, magari con pseudonimo, pensai fosse troppo difficile da inquadrare in un pezzo di giornale. E' ancora lì quella poesia. Una dolcissima e straziante profezia che pubblichiamo ora. In punta di piedi.
Dopo questa poesia, pochi giorni fa, un messaggio per scherzare sul dicktat delle mascherine. Non risposi. Non potrò più rispondergli.
Giuseppe Leonelli
Ho appena incontrato Gesù! Per tutto il giro di oggi sono stato come perseguitato dai quei macchinini elettrici a manubrio e due ruote che solitamente usano le persone con disabilità. Le ho incontrate lungo il mio giro e attraverso questo caldo di un pomeriggio di una domenica d’agosto. Nel rientrare a casa e cercando di seminare questa calura padana, alle porte di Spilamberto provenendo da Magazzino, sulla rotatoria che ti obbliga all’arsura del ponte sul Panaro, un altro di questi veicoli stava rallentando e imboccando la strada contromano, quando già alcune auto nel rallentare lo avevano circondato come una madre coi cuccioli per impedir loro di mettersi nei guai. Faccio per uscire dalla rotatoria ma un bisogno primordiale di aggiungermi a quel manipolo di soccorritori mi porta a curvare a u rapidamente e affrontare questo veicolo che si stava spegnendo a singhiozzi nei pressi dell’unica eroica pianta rimasta a ricordare tra tanto asfalto la campagna che fu. Era Giuseppe, in chiaro affanno da Parkinson, che si era avventurato oltre l’autonomia del suo trabiccolo e della sua infausta compagna di vita. Riesco a chiamare un parente grazie all’aiuto di una ragazza che aveva frugato sul cellulare d’epoca di Giuseppe, e mi accingo ad aspettare che vengano in suo soccorso. E così mi accorgo delle diverse persone che fermandosi avevano bloccato la rotatoria, come in una liturgia improvvisata a ricordare il bisogno di ognuno di noi di non smarrire mai la via di casa e della speranza che mai le forze possano abbandonarci nel farci ritorno. Pian piano tutti salutano e mi lasciano con Giuseppe e il suo Parkinson. Ha lavorato come vivaista e aveva affrontato questo caldo per andare al cimitero di Bazzano a trovare la nonna. L’insolenza della sua malattia non era solo nelle parole spezzate con le quali cercava di comunicarmi, lo era soprattutto nelle macchie sulla maglia che mostravano con quanta fatica ogni giorno Giuseppe debba affrontare la via della bocca per bere e mangiare, e ancor più in quella barba fatta a scalini quasi a ma ideato del procedere di tanta insolenza sulla sua dignità. Non ho potuto fare a meno di pensare alla madre di Giuseppe, a chi lo ha amato e a chi Giuseppe possa aver amato e desiderato. Facevano un dagherrotipo con quella pianta ancora protesa a difenderci dal sole in questo nostro breve dialogo. E ho visto negli occhi di Giuseppe che Gesù mi stava guardando mostrandomi tutte le mie miserie con quell’amore che solo Dio sa regalare. Arrivati i suoi parenti a recuperarlo ho avuto il bisogno di stringere la mano di Giuseppe (pur sapendo che era un gesto no Covid-19) e di raccomandarlo per i suoi prossimi giri al fresco del mattino. Nel risalire sulla mia bicicletta mi sono accorto che uno dei parenti aveva una tinta “testa di moro” che non vedevo dagli anni ‘70 della mia infanzia. E ho riso! E so che a ridere, da qualche parte, c’era anche Giuseppe con Gesù negli occhi.