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'Fateci lavorare o dovremo chiudere tutti'. Questo il grido d'allarme che risuona forte e angoscioso in tutti i locali pubblici di Modena e provincia contro le restrizioni degli orari di chiusura dei locali pubblici imposte dal Governo Conte.
E a lanciarlo sono personaggi importanti della storia della ristorazione tradizionale modenese come Giovanna Guidetti della 'Fefa' di Finale Emilia “il governo sta tirando troppo la corda, forse pensavano che avremmo accettato di tutto”, Gianfranco Zinani dell''Incontro' di Carpi, Vinicio dell'omonimo ristorante di Modena e altri. Ma nelle settimane precedenti erano anche intervenuti i 'numeri uno' della gastronomia modenese come Luca Marchini dell''Erba del Re' e Massimo Bottura della 'Francescana'. Quest'ultimo si era rivolto direttamente all''amico' presidente della Regione Bonaccini perchè perorasse la loro causa nei confronti del Governo, ma con risultati che si sono dimostrati deludenti.
E sulla falsariga delle proteste della Guidetti e degli altri colleghi, si sono mossi i gestori della città, di Carpi. Sassuolo, Mirandola, Vignola, Castelfranco, eccetera...
Molti di loro non hanno aderito alla iniziativa 'Ioapro', ma tutti hanno posto il medesimo interrogativo al Governo: 'Perchè bar e ristoranti che tanto hanno speso per adeguare i loro locali alle misure di sicurezza devono restare chiusi quando nei centri commerciali vi un ammasso di persone che fanno la spesa?'
In loro aiuto e sostegno, ma anche in segno di solidarietà, sono intervenuti una serie di avvocati costituiti in pool legali pronti a fornire loro assistenza gratuita.
E che i ristoranti siano 'al tappeto' con le nuove chiusure imposte ma in conseguenza anche della limitatezza dei ristori del Governo, definiti dagli interessati “miserie” e che per giunta arrivano in ritardo, lo hanno confermato le associazioni di categoria come il presidente della Fipe nazionale e vice presidente di Confcommercio Stammati: “Sono assurdi e punitivi questi provvedimenti ai danni di una categoria che ha fatto tutto il possibile per mettersi in regola con le norme anti Covid e i nostri locali sono sicuri molto più di altri”.
Anche Confesercenti e Confcommercio di Modena non sono state da meno e, per bocca dei loro presidente provinciali, Mauro Rossi e Tommaso Leone, hanno ricordato “le difficoltà dei gestori a comprendere il senso delle decisioni governative, così come i tempi di adozione dei provvedimenti che non lasciano la possibilità di organizzare e programmare le attività”. Concludendo con un accorato appello: “Gli imprenditori sono lasciati soli, dimenticati da chi ci governa nel mlomento in cui devono fare i conti con un calo del fatturato annuo di oltre l'80 per cento rispetto allo scorso anno. Il commercio modenese ha perso 800 milioni di ricavi nel 2020 e la sola ristorazione altri 750 milioni. L'esasperazione dei gestori è al limite sia per le preoccupazioni di potere resistere che per il pagamento dei dipendenti, visto che non vi sono più entrate da nove mesi a qauesta parte. E anche perchè l'andamento dei contagi dimostra che non vi è una diretta correlazione tra questi e la frequentazione dei locali pubblici. E' necessario che il Governo cambi registro – è la richiesta pressante delle associazioni a nome delle migliaia di gestori di locali – se vogliamo salvaguardare un pezzo di imprenditoria storica che contriobuisce a tenere vivi e frequentati i nostri centri storici altrimenti destinati alla desertificazione, al silenzio e al buio”.
Infine Daniele Casolari, segretario della Licom provinciale che se l'è presa con “i continui Dpcm che cambiano le norme dalla sera alla mattina, senza comunicazione, senza condivisione, né comunicazioni immediate agli interessati e senza una valutazione seria e ragionata di chi può tenere aperto e chi no”.
Ce n'è insomma abbastanza per concludere che il Governo sia riusciti a scontentare in poco tempo una intera categoria produttiva e commerciale, importante per l'economia generale del Paese. Milioni di persone, insomma, tra gestori, titolari e personale dipendente, che non avrebbero mai immaginato di dovere mettere un giorno il loro avvenire nelle mani del trio Conte-Boccia-Speranza.
Cesare Pradella