Suicidi e autolesionismo, aumento del 27% tra i ragazzi dopo il Covid
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Suicidi e autolesionismo, aumento del 27% tra i ragazzi dopo il Covid

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Gli esperti della Società italiana di neuropsichiatria: 'Si tratta di un problema drammaticamente rilevante'


Suicidi e autolesionismo, aumento del 27% tra i ragazzi dopo il Covid
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Tagli, ferite, bruciature di sigarette sul corpo. Segni di autolesionismo sempre più frequenti fra gli adolescenti italiani, dai 13 anni 17 anni ma anche più piccoli, insieme a veri e propri comportamenti suicidari: pensare di togliersi la vita o provare a farlo. Lanciano l'allarme gli esperti della Sinpia, la Società italiana di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza: 'Rispetto al periodo pre-Covid sono circa il 27% in più i ragazzi e le ragazze che 'si tagliano', presentano pensieri inerenti il suicidio o mettono in atto tentativi di suicidio. Si tratta di un problema drammaticamente rilevante', avvertono gli specialisti in vista della Giornata mondiale per la prevenzione del suicidio che si celebra il 10 settembre.

Nonostante l'Italia sia uno dei Paesi con un tasso più basso al mondo, il suicidio - ricorda la Sinpia - secondo l'Istituto superiore della sanità è la seconda causa di morte nel nostro Paese nei giovani tra 15 e 24 anni, preceduta solo dagli incidenti stradali.

L'autolesionismo riguarda in Europa circa un adolescente su 51 e, in generale, l'ideazione suicidaria o il tentato suicidio sono oggi tra le cause più frequenti di accesso in urgenza ai sevizi Npia, di Neuropsichiatria infanzia e adolescenza. 'Comprendere le cause di questo fenomeno risulta complesso', afferma Elisa Fazzi, presidente Sinpia e direttore Unità operativa Npia Asst Spedali Civili e università di Brescia.
'I comportamenti autolesivi nel loro insieme - spiega infatti l'esperta - vedono concorrere nella loro manifestazione aspetti legati alla predisposizione individuale cui si associano importanti componenti legate al contesto e all'ambiente familiare e sociale, con una forte comorbidità con i disturbi dell'umore, in particolare la depressione, e i disturbi d'ansia che sono tra le patologie psichiatriche maggiormente correlate ad atti autolesivi, ideazioni e atti suicidari'. Tuttavia - precisa la Sinpia - come indicato anche dall'Organizzazione mondiale della sanità promotrice del World Suicide Prevention Day di domenica, la malattia psichiatrica non è l'unico fattore di rischio e la pandemia di Covid-19 ha acuito e accelerato un trend che era già in aumento negli anni precedenti, venendo meno alcuni dei fattori protettivi come il supporto della comunità e le relazioni sociali tra pari. Inoltre, recenti studi evidenziano nuovi scenari epidemiologici quali l'emergenza di una correlazione tra suicidalità e bullismo/cyberbullismo, in particolare per le categorie maggiormente a rischio di discriminazione.

In Italia - riporta la Sinpia - i disturbi neuropsichici dell'età evolutiva colpiscono quasi 2 milioni di bambini e ragazzi, tra il 10% e il 20% della popolazione infantile e adolescenziale nella fascia d'età 0-17 anni, con manifestazioni molto diverse per tipologia, decorso e prognosi. La loro incidenza è in ascesa: in meno di 10 anni è raddoppiato il numero di bimbi e adolescenti seguiti nei servizi Npia. La prevenzione del suicidio è stata individuata come obiettivo prioritario dai maggiori organismi internazionali, tra cui l'Oms. 'E' infatti possibile e necessario fare prevenzione del suicidio - sottolinea Rosamaria Siracusano, responsabile sezione Psichiatria della Sinpia e dirigente medico dell'Uo di Neuropsichiatria Infantile dell'Azienda ospedaliera Federico II di Napoli - e questa si deve realizzare attraverso più metodi con solide basi scientifiche, a più livelli. Certamente a livello del singolo individuo e della sua famiglia, ma ancor più della comunità, della società e, a livello più ampio, delle nazioni. E' indispensabile pertanto mettere in atto politiche di prevenzione a livello nazionale con un approccio che tenga conto dei potenziali fattori di rischio a livello sociale, economico e relazionale. In Italia una politica di tale tipo non esiste, tuttavia sono diversi i progetti che sul territorio nazionale stanno nascendo come quelli promossi dalla Neuropsichiatria infantile dell'università di Torino: uno rivolto a una collaborazione e formazione dei giornalisti per una informazione responsabile sulle notizie di suicidio, un altro finalizzato a una formazione per gli insegnanti perché possano riconoscere segnali di allarme precoce nei loro studenti'.

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