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I suoni profondi del tamburo e della Shankara, grande conchiglia suonata a fiato da uno sciamano. Suoni arcaici, legati ad antichi riti del mare delle isole remote, echeggiano nella valle. Ad accompagnare il volo più alto, ma non certo l'ultimo, per Francesco Benozzo. Docente di filologia romanza, poeta, scrittore, polistrumentista, capace di essere tutt'uno con la sua arpa celtica. Un moderno bardo.
'L'appennino restituisce al cielo il suo cantore, Francesco vola alto, libero e selvaggio qui e in tutti i luoghi che hai conosciuto e ti hanno accolto' - afferma commossa Barbara Zanoni, compagna di viaggio musicale e poi anche di vita nell'ultima grande avventura di ricerca storiografica e musicale, sfociata nel progetto musicale Sylvatica, canti della tradizione sciamanica. Lei, che domenica lo ha abbracciato nell'ultimo respiro e che oggi, con lui e per lui, ha cantato, nell'ultimo saluto terreno.
Nel giardino di quella casa, della sua casa, immersa nel verde dell'appennino che amava, in cui oggi Francesco è stato abbracciato da parenti, amici, conoscenti, colleghi e studenti, da chi lo conosce da sempre e da chi lo conosceva anche solo da pochi mesi, attraverso due parole, due note o due suoi versi, sufficienti per sentire una affinità, l'eco di ciò che nel profondo umanamente ci accomuna. E che Benozzo ha saputo trasporre in opera musicale e letteraria; quest'ultima, da anni, anche motivo per la candidatura al Nobel.
Un saluto tanto semplice quanto spiritualmente potente, tributato da decine di persone, disposte a cerchio, quasi in un naturale abbraccio, intorno a quella bara di legno chiaro circondata da fiori, suoni, preghiere, erba bagnata che profuma di bosco e di pioggia. Impalpabile ma potente e percepibile nei piccoli gesti e nei volti commossi, un grande e diffuso senso di gratitudine. Un grazie sincero all'uomo, al docente, allo scrittore, al poeta che ha saputo lanciare lo sguardo nelle profondità dei riti che uniscono i popoli, al padre. 'L'augurio che mi faccio è diventare un padre come lui' - dirà suo figlio Jacopo, con al suo fianco il fratello Diego. Poche parole, ma forse le più importanti e belle per un papà.
Un grande grazie, declinato nei silenzi dei tanti presenti e nelle parole di chi ha voluto rendergli omaggio parlando a tutti. Come Fabio Bonvicini che con il suo flauto e le percussioni lo ha accompagnato per 20 anni in esibizioni e concerti in ogni dove, condividendo una straordinaria avventura musicale, anche nei luoghi più remoti della terra e allo stesso tempo dell'anima, dove la ricerca dei suoni e della musica si fonde con il mito, anzi si fa mito e lo trasforma attraverso un continuo dissenso, cifra dell'essere di Francesco. Attualizzandolo, rigenerandolo, fecondandolo, reinterpretandolo negli studi e riportandolo all'oggi con note, parole, suoni, echi lontani. Come quelle del rito sciamanico che ha condotto la cerimonia e che risuonava nella valle, a chilometri. Scandito da tamburo e dal suono penetrante della Shankara. Accompagnamento nel volo più alto, nel viaggio più grande. Oltre le terre remote dell'anima che Francesco pare avere riflesso anche nel recente viaggio terreno nelle isole Faroer dove è stato prodotto il CD 'Canto dalle isole remote', frutto di anni di ricerche etnomusicologiche e scritto a 4 mani con Fabio Bonvicini, omaggio ai presenti insieme alla sua immagine: ''Conoscerti e condividere con te il lungo viaggio musicale è stata una delle cose più importanti della mia vita. Oggi sento di dire a tutti coloro che sono qui, ritroviamoci a condividere il tanto che Francesco ci ha lasciato. Nei suoi libri, nella sua poesia, nella sua musica e nella sua opera che ci spingono ad andare avanti, a non fermarci, come faceva lui' - ricorda Bonvicini. Ritrovarsi per condividerlo per riabbracciarlo e farsi riabbracciare. Dalla sua opera, dalla sua eterna ricerca, dal suo essere viandante, in cui il mito dell'uomo spogliato dai fronzoli delle culture, si mostra nel suo universale, nel viaggio sciamanico che svela e accomuna. Anime e popoli, terre vicine e lontane. Come nelle isole Faroer che oggi lo hanno salutato e accompagnato nel viaggio più grande, con le parole commosse di un suo rappresentante. 'Grazie Francesco. Le terre remote ti abbracciano. Ci ritroveremo'.
Gianni Galeotti
Gianni Galeotti
Nato a Modena nel 1969, svolge la professione di giornalista dal 1995. E’ stato direttore di Telemodena, giornalista radiofonico (Modena Radio City, corrispondente Radio 24) e consiglie.. Continua >>