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La spinta al politicamente corretto, indotto anche sul piano giornalistico, il rischio di essere addirittura tacciati di razzismo o semplicemente il rischio di fornire strumenti e materiale alla strumentalizzazione politica impedisce oggi di guardare i dati oggettivi in relazione alla diffusione della tubercolosi in Italia ed in Emilia Romagna con libertà e trasparenza, che sarebbe anche a garanzia di una più completa informazione. Ma così è, e così come non vengono diffusi, in occasione della diffusione delle notizie alla stampa (dati che poi si ritrovano nei report storici), i dati sulla nazionalità dei numerosi soggetti (recentemente intere famiglie) affette da scabbia, così come non è dato sapere la nazionalità dei soggetti affetti da TBC. La trasparenza qui non esiste, almeno nell'immediato.
Trasparenza che stando ai report scientifici ed istituzionali nazionali e regionali (gli ultimi sono relativi alle tendenze e ai numeri raccolti nel 2017 dal report regionale della Regione Emilia Romagna) ci dice che se è vero da un lato che la Tubercolosi di fatto è stata (quasi) debellata, dall'altro è indubbio che a partire dal 2009 si è verificato un costante aumento della proporzione di casi notificati tra cittadini stranieri, che rappresentavano il 44% nel 2005 e il 66% nel 2014 a livello nazionale' (Sole 24 Ore).
E non certo perché chi arriva è già malato, ma perché spesso gli stranieri vivono in condizioni meno favorevoli e sono quindi esposti a un rischio più alto di contrarre la malattia in Italia, come sottolineano i dati delle orveglianze condotte al momento degli sbarchi e nei vari tipi di centri di accoglienza dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’INMP negli ultimi anni.
Un problema di incidenza della Tubercolosi tra la popolazione straniera, che si intreccia con un altro non secondario rappresentato per esempio dalle prigioni. Dove il rischio di contrarre la TB è 25 volte più elevato. Il 6% dei nuovi casi di tubercolosi nella regione europea si è verificato in prigione, con una differenza fra paesi dell’Unione Europea e non rispettivamente di 862 e 1144 casi per 100 mila persone. E se consideriamo che la popolazione carceraria è costituita a Modena da circa un 60% di persone stranieri, la tendenza, e il rischio, è presto data.
Nel 2016 (ultimi dai disponibili anche nei report della Regione), molti meno sono stati i casi in Italia rispetto a quanti se ne sono contati in Germania, Regno Unito e Francia, solo per citare alcuni paesi. In particolari sono stati registrati 2509 diagnosi fra stranieri, 1180 fra italiani e 343 di nazionalità sconosciuta. In Germania ne hanno registrate 4125 fra stranieri, 1427 fra tedeschi e 363 di origine sconosciuta. In Gran Bretagna rispettivamente 4369, 1662 e 144. In Francia infine, 2758 fra stranieri e 2200 fra francesi.
In ogni caso, dal 2012 a oggi, nel periodo cioè delle più intense ondate migratorie, la percentuale di nuove diagnosi su persone straniere è aumentata di soli 6 punti percentuali, passando da rappresentare il 56% dei nuovi casi di tubercolosi nel 2012 al 62% del 2016.
In Regione, la proporzione di casi di tubecolosi in persone nate all’estero passa dal 27,9% nel 1999 al 73,6% nel 2016, anche se, a partire dal 2013 si osserva una diminuzione nel valore assoluto dei casi. Tra i casi nati all’estero, si nota un’inversione di tendenza nei trend storici. A partire dall’anno 2013 - si legge dal report della regione - si osserva un forte aumento, soprattutto nel 2016, tra i nati nel continente africano, contestualmente a un calo tra i nati in Asia e nel continente europeo.